tag:blogger.com,1999:blog-84506920811528415652024-03-13T20:12:42.830-07:00La CGIL nel novecentoLa CGIL nel novecentohttp://www.blogger.com/profile/15900637309511679009noreply@blogger.comBlogger256125tag:blogger.com,1999:blog-8450692081152841565.post-2145150688935487842022-09-07T06:17:00.006-07:002022-09-07T06:18:33.987-07:00IL DELEGATO AL CONGRESSO<p> </p><p class="MsoNormal" style="text-align: center;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 14pt;">IL
DELEGATO AL CONGRESSO<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: center;"><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 14pt;">di
Ettore Baraldi</span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: center;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 14pt;"><o:p> </o:p></span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 14pt;">1952</span></p>
<p class="MsoNormal"><br /></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 14pt;">La somma è un po’ alta - disse l’uomo
piccolo, dai grossi baffi - e di questi giorni non si lavora, sai com’è! -
Insomma, ce lo vogliamo mandare sì o no, questo delegato - disse l’altro,
piccolo anche lui. - Dicevo così perché la cassa suona! - ribatté il primo, ma
in fondo si vedeva che lui ci teneva più di tutti a mandare un delegato al
Congresso. - Già, perché io non lo so? - rispose il secondo -. Sono
amministratore per niente? - Però, amministri un bel niente! - e risero tutti e
due. <br /></span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 14pt;">Matteo e Gino ripresero a camminare: erano rispettivamente il capolega e l’amministratore
della lega. Dietro di loro veniva un gruppetto di braccianti che discutevano animatamente: a un certo punto della strada però il gruppetto era rimasto
indietro; solo un bracciante continuò a seguire i due, ne ascoltava la
discussione. Dapprima non ci aveva fatto caso, poi si era interessato, così
quando i due, che si erano fermati un attimo, ripresero a camminare, li
raggiunse e disse: - Dobbiamo mandare un delegato al Congresso! - Già, come se
non lo pensassimo anche noi! - rispose Gino. - Vi preoccupate per le spese,
vero? - Matteo voleva interrompere, ma poi tacque. Marco, così si chiamava il
bracciante, continuò: - In cassa non c’è un soldo, tutti lo sanno; non siamo
mica finanziati dai Pirelli. Però se tutti i cittadini del villaggio, che sono
tremila, dessero quindici lire a testa, credo che si arriverebbe a mettere
insieme la somma necessaria. Che ne dite? - Matteo e Gino si guardarono
sorpresi, poi Matteo chiese: - Come? Ripeti... - Dicevo - riprese Marco - poiché
non abbiamo un soldo, potremmo rivolgerci ai cittadini, spiegando: sono sicuro
che si approderebbe a qualche cosa, anche perché il Sindacato non difende solo
gli interessi degli organizzati, io penso che tutti contribuirebbero... - L’idea
non è male: tutti per uno; uno per tutti! Il gruppetto, al quale s’erano
raggiunti altri braccianti, raggiunse i tre: erano davanti all’Ufficio della
lega.</span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 14pt;">Nella riunione l’iniziativa suscitò
interesse; quando il capolega disse che la proposta l’aveva fatta Marco,
scoppiò un battimani fragoroso, mentre Marco si accovacciava nella sua sedia a
braccioli, rosso in viso. La decisione venne presa. Al termine della riunione,
molti s’iscrissero come raccoglitori. Anche molte donne dettero il loro nome. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 14pt;">- I compiti, Mario, i compiti! Dove
corri, brigante? - gridava la signora Maria dalla finestra. Ma Mario, suo
figlio, svoltava già l’angolo. La signora Maria si ritirò e chiuse la finestra
rassegnata. Mario s’accodò agli altri ragazzi. Ogni tanto uno gridava: -
Stracci per il Congresso! Il bottegaio seduto sulla soglia della bottega aveva
un risolino di scherno sulle labbra, ma finì per dare le quindici lire ai
raccoglitori e un bel salamino ai ragazzi. Lungo la contrada dove abitava Mario
gli inquilini erano usciti con mucchi di stracci (avevano dato anche le 15
lire), ma quando si era verso l’ultima casa, sbucò la signora Maria. Mario -
gridò -. Che cosa fai? Vieni subito in casa, poi vedrai . - La voce era
affannata. - Dobbiamo finire il, giro, poi vengo! - rispose Mario. - Dobbiamo
finire il giro, è per il Congresso. - E le voci dei ragazzi si levarono in
coro:- E’ per il Congresso della CGIL! - La Signora Maria rimase lì, con le
donne attorno che cominciarono a dirle del Congresso, del Sindacato e di tante
altre cose. Viene sera presto in novembre e davanti all’Ufficio della lega si
deve accendere la lampadina; molte persone erano ferme li davanti e
chiacchieravano; i giovani facevano chiasso, i ragazzi si rincorrevano. La
raccolta era terminata. La gente continuava a venire verso l’Ufficio. Due
giovani portarono fuori un tavolo, il capolega vi salì, si guardò intorno, e
comunicò la cifra raccolta: un’ondata di commozione percorse la folla, un
sorriso gioioso e un uragano di applausi. Si era raggiunta la somma necessaria:
si sarebbe inviato un delegato al Congresso. Poi il capolega disse ancora molte
cose: perché si faceva il Congresso, parchè oggi si fanno armi e non bonifiche,
non macchine, e altro ancora. Quando stava per scendere dal tavolo, si fece
avanti tra la folla il parroco del villaggio: era vecchio, con la barbetta lunga,
male in arnese: - Ecco; - disse - ecco le mie quindici lire...</span> <span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 14pt;">Voleva dire
qualche altra cosa, ma scoppiò un lungo applauso e i suoi occhi si riempirono
di lacrime. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 14pt;">Il capostazione proprio non ci si
raccapezzava: -Che faceva li tutta quella gente, se il biglietto per il treno
non l’aveva preso quasi nessuno? -Attorno all’unico binario della piccola
stazione erano raggruppate oltre mille persone e molte altre entravano dal
cancello, discutendo ad alta voce; in un gruppetto si notavano il capolega, il
maestro, la signora Maria che teneva per mano il figlio, i consiglieri della
lega e il delegato. Si era lavorato un po’ per sceglierlo, ma infine ci si era
riusciti: era un bracciante attivista nel Sindacato. Fischiò una sirena. Arrivò
il treno. I passeggeri si sporsero dai finestrini. Il delegato montò sul predellino,
mise dentro la valigetta, si voltò indietro, salutò a lungo con la mano.
Migliaia di mani, di voci, risposero al saluto. Il macchinista guardava
stupito. - Salutano il delegato che va al Congresso - gli disse un compagno di
lavoro. Il treno si mise in moto e le grida si confusero in un unico canto. Il
delegato guardava commosso salutava dal finestrino, ma presto i compagni
divennero una massa indistinta. Cercò un posto e si sedette. I passeggeri lo
guardavano incuriositi, ed egli udì dietro di lui una voce che bisbigliava: - E’
un delegato che va al Congresso, della CGIL. Allora una donna gli venne vicino
e gli strinse la mano: - Mio figlio era un partigiano; è stato ucciso perché
gli trovarono addosso dei volantini sullo sciopero del ‘43. - E presero a
parlare come vecchi amici.<o:p></o:p></span></p>La CGIL nel novecentohttp://www.blogger.com/profile/15900637309511679009noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8450692081152841565.post-77733170689603028482020-10-08T03:52:00.005-07:002020-10-09T05:28:59.301-07:00Vajont, una tragedia da non dimenticare - di Ilaria Romeo<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">Vajont è il nome di un torrente che scorre nella valle di Erto e Casso per confluire nel Piave in provincia di Belluno.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"> La sera del 9 ottobre 1963 una sua ondata seminerà morte e desolazione. </span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">La stima più attendibile è, a tutt’oggi, di 1910 vittime.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">1910 vittime causate da tre, fondamentali ed evitabili (il processo celebrato nelle sue tre fasi dal 25 novembre 1968 al 25 marzo 1971 si concluderà con il riconoscimento di responsabilità penale per la previdibilità di inondazione e di frana e per gli omicidi colposi plurimi), errori umani: l’aver costruito la diga in una valle non idonea sotto il profilo geologico; l’aver innalzato la quota del lago artificiale oltre i margini di sicurezza; il non aver dato l’allarme la sera del 9 ottobre per attivare l’evacuazione in massa delle popolazioni residenti nelle zone a rischio di inondazione.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><span>“Quella sera maledetta - racconta Renzo, un sopravvissuto - io, otto anni, dormivo in camera con mia sorella di dieci anni al terzo piano della mia casa. Mia mamma, al piano di sotto, stava lavando i piatti perché mio papà aveva appena cenato dato che, lavorando nella ditta che aveva con il mio padrino (...) era appena arrivato da Piacenza con l’autotreno. Dopo aver caricato il cemento a Castellavazzo, doveva partire per Agordo. La mamma sentì un forte vento, i vetri che sbattevano, la luce sparì e la casa si aprì dallo spostamento d’aria, vide le stelle e poi arrivò l’acqua. Mentre veniva sballottata dalle onde, si fece il segno della croce dicendo - Questa è la fine del mondo!- La forza dell’acqua la portò a nord, al bivio con Castellavazzo. Con una macchina fu portata a Pieve di Cadore. Fu la prima arrivata, nessuno sapeva ancora niente di quello che era successo tanto che le chiesero se, per caso, non avesse subito percosse o fosse stata gettata in un fosso. Le diagnosticarono grave shock traumatico, ferite multiple, ematoma su tutto il viso con vaste ferite lacero contuse al cuoio capelluto Io non mi sono accorto di nulla, per fortuna! Quando mi sono svegliato, ero in po’ intontito, ho fatto per accendere la luce e sono scivolato. Non mi rendevo conto di quello che era successo essendo al buio. Sentivo l’acqua che mi arrivava alle caviglie e tante urla di aiuto, tanto che mi misi anch'io a gridare aiuto. </span>Poco dopo sono arrivati i soccorritori che mi hanno trovato sui gradini del Municipio. Mi hanno portato in un appartamento lì a fianco, ero completamente nudo e tremavo come una foglia. Mi hanno coperto con una coperta e, con la prima vettura disponibile, mi hanno portato all’ospedale di Pieve di Cadore. Mi hanno riscontrato un grave shock traumatico, contusione cranica con ematoma escoriato alla regione temporale sinistra più ferite multiple. Mia sorella, purtroppo è deceduta e l’hanno trovata a Sedico-Bribano, a 30 chilometri di distanza. Mio papà fu trovato a Fortogna. Dopo 40 giorni di ospedale siamo andati, provvisoriamente, dagli zii, a Igne, una frazione. Rimasi molto scioccato quando vidi che al posto di Longarone c’era un deserto di rottami dove lavoravano ruspe, gru, camion, soldati e, soprattutto, c’erano molti cadaveri”.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">Scriveva Tina Merlin su<i> l’Unità </i>all’indomani della tragedia: “Sto scrivendo queste righe col cuore stretto dai rimorsi per non aver fatto di più per indurre il popolo di queste terre a ribellarsi alla minaccia mortale che ora è diventata una tragica realtà. Oggi tuttavia non si può soltanto piangere. È tempo di imparare qualcosa” (ancora 25 anni dopo, in un discorso di commemorazione a Erto, la giornalista ricorderà quei sensi di colpa per non essere riuscita a farsi ascoltare, per non essersi rivoltata con tanta forza da evitare la tragedia).</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">Spalleggiato da Giorgio Bocca, Indro Montanelli le darà della “sciacalla” scrivendo sulla <i>Domenica del Corriere</i>: “Quella di Longarone è una tragedia spaventosa [...] Se certe reazioni sbagliate venissero dai poveri sopravvissuti che nella catastrofe hanno perso tutta la loro famiglia, non dico che le approverei, ma le comprenderei e giustificherei. Ma qui vengono invece dagli sciacalli che il partito comunista ha sguinzagliato, dai mestatori, dai fomentatori di odio. E sono costoro che additiamo al disgusto, all’abominio e al disprezzo di tutti i galantuomini italiani”. </span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">Il giornalista farà ammenda due volte, nel 1997 e nel 1998, dalla sua <i>Stanza</i> sul <i>Corriere</i>, confessando due colpe gravi: di essere arrivato sul posto senza sapere niente della diga e di aver preso una posizione totalmente ideologica a favore dell’azienda responsabile, la Sade, soltanto perché contrario alla nazionalizzazione dell’energia elettrica. </span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">“A 55 anni dal disastro del Vajont - affermava il presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel 2018 - l’Italia non dimentica le vite spezzate, l’immane dolore dei parenti e dei sopravvissuti, la sconvolgente devastazione del territorio, i tormenti delle comunità colpite. Neppure può dimenticare che così tante morti e distruzioni potevano e dovevano essere evitate. In questo giorno di memoria il primo pensiero va alle vittime, ai loro corpi straziati, molti dei quali mai ritrovati”.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">Molti furono i telegrammi di solidarietà e vicinanza inviati all’allora presidente della Repubblica Antonio Segni da tutto il mondo il 10 ottobre 1963: “Tutti gli americani si uniscono a me nell’esprimere la loro piena solidarietà con quanti hanno subito perdite a causa del tragico disastro occorso presso Belluno e la valle del Vajont. Le sarei graditissimo se ella volesse rendersi cortese interprete presso i parenti delle vittime, del mio profondo cordoglio personale”, scriveva John F. Kennedy, presidente degli Stati Uniti d’America; “Sono rimasta profondamente costernata alla notizia della disastrosa alluvione accorsa nella valle del Piave che ha causato tanti danni e perdite di vite umane. Mio marito ed io preghiamo vostra eccellenza di accettare la sincera espressione della nostra solidarietà e del nostro cordoglio per i superstiti, i feriti e i senza tetto, e di volersene rendere cortese interprete presso di loro”, gli faceva eco la regina Elisabetta.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">Nel 2011 il Parlamento italiano deciderà di istituire (con la Legge 14 giugno 2011 n. 101) proprio il 9 ottobre la Giornata nazionale in memoria delle vittime dei disastri ambientali e industriali causati dall’incuria dell’uomo.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">“E’ importante - affermava nell’occasione l’allora ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo - che una giornata come questa contribuisca alla riflessione ed alla consapevolezza, soprattutto da parte delle giovani generazioni, del rispetto che è dovuto al nostro territorio, ai suoi equilibri delicatissimi idrogeologici. Deve rafforzarsi nel paese la coscienza che la nostra Italia, le sue montagne, i suoi fiumi, il suo mare, sono una immensa ricchezza che appartiene a tutti. Una ricchezza fragile che va preservata da interventi che possano alterarne l’assetto, creando sovente le condizioni per il verificarsi di luttuose sciagure. In Italia esistono molte situazioni di emergenza, centinaia di aree in cui c’è il pericolo che si verifichino o ripetano frane, alluvioni o altri eventi potenzialmente disastrosi. In queste realtà note occorre intervenire con misure capaci mettere in sicurezza le aree e le comunità interessate. (...) Perché la tutela del territorio e della integrità dei suoi abitanti è una priorità che non può essere disattesa mai, nemmeno in tempi di crisi. Perché i costi di tale sottovalutazione in termini umani e ambientali possono essere gravissimi e inaccettabili per il paese”. Anche oggi.</span></p><div><br /></div>La CGIL nel novecentohttp://www.blogger.com/profile/15900637309511679009noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8450692081152841565.post-71099650958801499462020-09-17T23:57:00.008-07:002020-09-18T01:22:03.873-07:00Il discorso della vergogna - di Ilaria Romeo<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: times; font-size: large;"> <span style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; text-align: justify;">“L’ebraismo mondiale è stato, durante sedici anni, malgrado la nostra politica, un nemico irreconciliabile del Fascismo”. Così Benito Mussolini preannunciava a Trieste, in piazza Unità d’Italia, </span><b style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; text-align: justify;">il 18 settembre 1938</b><span style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; text-align: justify;">, l’imminente promulgazione delle norme razziali sul territorio italiano.</span></span></p>
<p style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="-webkit-font-kerning: none; font-kerning: none;"><span style="font-family: times; font-size: large;">“Nei riguardi della politica interna, il problema di scottante attualità è quello razziale - affermava nel tristemente noto discorso il duce - Anche in questo campo noi adotteremo le soluzioni necessarie. Coloro i quali fanno credere che noi abbiamo obbedito ad imitazioni, o peggio, a suggestioni, sono dei poveri deficienti, ai quali non sappiamo se dirigere il nostro disprezzo o la nostra pietà. Il perché sono abituati ai lunghi sonni poltroni. E’ in relazione con la conquista dell’Impero, poiché la storia ci insegna che gli imperi si conquistano con le armi ma si tengono con il prestigio, occorre una chiara, severa coscienza razziale che stabilisca non soltanto delle differenze ma delle superiorità nettissime (...) Il problema ebraico è dunque un aspetto di questo fenomeno. La nostra posizione è stata determinata da questa incontestabilità dei fatti. L’ebraismo mondiale è stato, durante i sedici anni, malgrado la nostra politica, un nemico irreconciliabile del Fascismo. In Italia la nostra politica ha determinato, negli elementi semiti, quella che si può oggi chiamare, si poteva chiamare, una corsa vera e propria all’arrembaggio. Tuttavia, gli ebrei di cittadinanza italiana, i quali abbiano indiscutibilmente meriti militari e civili nei confronti dell’Italia e del Regime, troveranno comprensione e giustizia. In quanto agli altri, seguirà una politica di separazione. Alla fine, il mondo dovrà forse stupirsi, più della nostra generosità che del nostro rigore, a meno che, i nemici di altre frontiere e quelli dell’interno e sopratutto i loro improvvisati e inattesi amici, che da troppe cattedre li difendono, non ci costringano a mutare radicalmente cammino”.</span></span></p>
<p style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 16px; text-align: justify;"><span style="font-family: times; font-size: large;"><span style="-webkit-font-kerning: none; font-kerning: none;"></span><br /></span></p>
<p style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="-webkit-font-kerning: none; font-kerning: none;"><span style="font-family: times; font-size: large;">Concludeva Mussolini: “Dopo quanto vi ho detto io vi domando: c’è uno solo fra voi di sangue e di anima italiana che possa per un solo istante dubitare dell’avvenire della vostra città unita sotto il simbolo del Littorio, che vuol dire audacia, tenacia, espansione e potenza? Non abbiate qualche volta l’impressione che Roma, perché distante, sia lontana. No, Roma è qui. È qui sul vostro Colle e sul vostro Mare; è qui nei secoli che furono e in quelli che saranno; qui, con le sue leggi, con le sue armi, e col suo Re”.</span></span></p>
<p style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 16px; text-align: justify;"><span style="font-family: times; font-size: large;"><span style="-webkit-font-kerning: none; font-kerning: none;"></span><br /></span></p>
<p style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="-webkit-font-kerning: none; font-kerning: none;"><span style="font-family: times; font-size: large;">In piazza dell’Unità il 18 settembre ci sono 150-200 mila persone. E’ «il primo atto antisemita mediatico del regime», spiega lo storico Marcello Pezzetti, il segno che le cose precipitano.</span></span></p>
<p style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 16px; text-align: justify;"><span style="font-family: times; font-size: large;"><span style="-webkit-font-kerning: none; font-kerning: none;"></span><br /></span></p>
<p style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="-webkit-font-kerning: none; font-kerning: none;"><span style="font-family: times; font-size: large;">“Trieste è con Te. La sua anima è temprata alla Storia. Crede nel Tuo pensiero che diventa azione, nella Tua parola”. Così commentava l’avvenimento su «Il Piccolo», in prima pagina, Chino Alessi.</span></span></p>
<p style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 16px; text-align: justify;"><span style="font-family: times; font-size: large;"><span style="-webkit-font-kerning: none; font-kerning: none;"></span><br /></span></p>
<p style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="-webkit-font-kerning: none; font-kerning: none;"><span style="font-family: times; font-size: large;">Scriveva in occasione del 75° anniversario dell’annuncio Anna Foa su «Avvenire»: “L’annuncio di Mussolini a Trieste non coglieva di sorpresa gli ebrei, che avevano visto scatenarsi la tempesta già da alcune settimane e che erano bombardati da almeno un anno da una crescente propaganda antisemita. Nel luglio era apparso il “Manifesto della razza”, firmato da un gruppo di scienziati e ispirato direttamente da Mussolini, in cui si teorizzava, con non poca confusione, l’appartenenza degli italiani a una pura razza italiana a cui gli ebrei non appartenevano. I giornali, le istituzioni, il mondo culturale non mostrarono nessuna opposizione alla svolta razzista e antisemita di Mussolini che non mancava del resto di avere dietro di sé una lunga preparazione”.</span></span></p>
<p style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 16px; text-align: justify;"><span style="font-family: times; font-size: large;"><span style="-webkit-font-kerning: none; font-kerning: none;"></span><br /></span></p>
<p style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="-webkit-font-kerning: none; font-kerning: none;"><span style="font-family: times; font-size: large;">Una lunga preparazione che nella Venezia Giulia aveva già da anni colpito, prima ancora che gli ebrei, gli uomini e le donne di origine slava.</span></span></p>
<p style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 16px; text-align: justify;"><span style="font-family: times; font-size: large;"><span style="-webkit-font-kerning: none; font-kerning: none;"></span><br /></span></p>
<p style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="-webkit-font-kerning: none; font-kerning: none;"><span style="font-family: times; font-size: large;">Proprio a Trieste, il 13 luglio del 1920, dopo un comizio, un gruppo di estremisti fascisti e nazionalisti attaccava e dava fuoco a venti edifici tra i quali il Narodni dom, nel corso di quello che Renzo De Felice ha definito ‘il vero battesimo dello squadrismo organizzato’.</span></span></p>
<p style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 16px; text-align: justify;"><span style="font-family: times; font-size: large;"><span style="-webkit-font-kerning: none; font-kerning: none;"></span><br /></span></p>
<p style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="-webkit-font-kerning: none; font-kerning: none;"><span style="font-family: times; font-size: large;">Prima ancora della emanazione in Italia delle Leggi fascistissime, gli sloveni e i croati rimasti nel loro territori vedranno chiudere, uno dopo l’altro, con disposizioni amministrative e atti di violenza, i loro centri culturali, i giornali, le società sportive e ricreative, le Casse rurali, le cooperative e ogni altra organizzazione.</span></span></p>
<p style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 16px; text-align: justify;"><span style="font-family: times; font-size: large;"><span style="-webkit-font-kerning: none; font-kerning: none;"></span><br /></span></p>
<p style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="-webkit-font-kerning: none; font-kerning: none;"><span style="font-family: times; font-size: large;">Il RDL n. 1796 del 15 ottobre 1925 proibirà tassativamente l’uso di lingue diverse dall’italiano in tutte le sedi giudiziarie. Tutti gli atti redatti in lingua diversa da quella italiana sono da considerarsi come non presentati. Se la trasgressione viene commessa da un giudice, ufficiale giudiziario o da altro impiegato giudiziario, esso viene sospeso dal servizio. In caso di recidiva viene esonerato.</span></span></p>
<p style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 16px; text-align: justify;"><span style="font-family: times; font-size: large;"><span style="-webkit-font-kerning: none; font-kerning: none;"></span><br /></span></p>
<p style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="-webkit-font-kerning: none; font-kerning: none;"><span style="font-family: times; font-size: large;">Analoghi provvedimenti saranno presi per tutti gli uffici pubblici ed anche nei negozi e nei locali pubblici sarà proibito l’uso delle lingue locali.</span></span></p>
<p style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 16px; text-align: justify;"><span style="font-family: times; font-size: large;"><span style="-webkit-font-kerning: none; font-kerning: none;"></span><br /></span></p>
<p style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="-webkit-font-kerning: none; font-kerning: none;"><span style="font-family: times; font-size: large;">Il Regio Decreto n. 800 del 29 marzo 1923 aveva già imposto l’italianizzazione della toponomastica, arrivando con il RD n. 17 del 10 gennaio 1926 all’italianizzazione forzata dei cognomi (il Regio decreto 7 aprile 1927, n. 494 estenderà a tutti i territori delle nuove Provincie le disposizioni contenute nel decreto-legge 10 gennaio 1926, n. 17, circa la restituzione in forma italiana dei cognomi delle famiglie della Venezia Tridentina).</span></span></p>
<p style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 16px; text-align: justify;"><span style="font-family: times; font-size: large;"><span style="-webkit-font-kerning: none; font-kerning: none;"></span><br /></span></p>
<p style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="-webkit-font-kerning: none; font-kerning: none;"><span style="font-family: times; font-size: large;">Anche le leggi sulla scuola (la riforma Gentile sancirà formalmente l’obbligo dell’uso dell’italiano come unica lingua di istruzione nelle scuole del Regno, con la possibilità in aree mistilingui di studio della lingua locale in ore aggiuntive, previa richiesta delle famiglie all’inizio dell’anno scolastico. Con il R.D.L. 22 novembre 1925, verrà definitivamente abolito l’insegnamento delle lingue minoritarie, togliendo anche la possibilità delle ore aggiuntive nelle scuole elementari) e la religione asseconderanno la volontà del regime, costringendo alle dimissioni maestri e prelati dissidenti (a cento anni dall’incendio del Narodni dom, a 82 anni dalla promulgazione delle leggi razziali, il presidente della Repubblica italiana Sergio Mattarella e il presidente sloveno Borut Pahor si sono incontrati nel luglio scorso a Trieste rendendo omaggio anche alle vittime delle foibe). </span></span></p>
<p style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 16px; text-align: justify;"><span style="font-family: times; font-size: large;"><span style="-webkit-font-kerning: none; font-kerning: none;"></span><br /></span></p>
<p style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="-webkit-font-kerning: none; font-kerning: none;"><span style="font-family: times; font-size: large;">E’ probabilmente anche per questo che nel settembre 1938 Mussolini proclamerà proprio a Trieste la promulgazione delle famigerate leggi razziali (al <a href="https://www.collettiva.it/copertine/italia/2020/09/05/news/il_delirio_fascista_della_difesa_della_razza-247458/"><span style="-webkit-font-kerning: none;">Regio decreto legge del 5 settembre 1938 che fissava <i>Provvedimenti per la difesa della razza</i> nella scuola fascista</span></a> e a quello del 7 settembre che fissava <i>Provvedimenti nei confronti degli ebrei stranieri</i> fa seguito, il 6 ottobre una <i>Dichiarazione sulla razza</i> emessa dal Gran consiglio del fascismo. Tale dichiarazione viene successivamente adottata dallo Stato sempre con un Regio decreto legge che porta la data del 17 novembre dello stesso anno).</span></span></p>
<p style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 16px; text-align: justify;"><span style="font-family: times; font-size: large;"><span style="-webkit-font-kerning: none; font-kerning: none;"></span><br /></span></p>
<p style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="-webkit-font-kerning: none;"><span style="font-family: times; font-size: large;">Una scelta tutt’altro che casuale in una data che ancora oggi pesa - che come tante purtroppo! - sulla coscienza della nostra storia.</span></span></p>La CGIL nel novecentohttp://www.blogger.com/profile/15900637309511679009noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-8450692081152841565.post-59137572639272170652020-09-13T00:20:00.004-07:002020-09-13T00:31:11.208-07:00Lavoro e conoscenza - di Ilaria Romeo<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: times; font-size: large;">Dopo la Liberazione Bruno Trentin si iscrive al Partito d’Azione. Vive in questo periodo tra Milano, Padova, dove si iscrive all’Università nella Facoltà di Giurisprudenza, e Treviso, dove risiede la famiglia. </span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: times; font-size: large;">Partecipa in modo intenso alla tormentata storia del PdA fino al suo scioglimento nell’ottobre 1947. </span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: times; font-size: large;">Nel mentre si reca negli Stati Uniti, ad Harvard, grazie all’interessamento di Gaetano Salvemini per approfondire la tesi di laurea. </span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: times; font-size: large;">Si laurea a Padova il 16 ottobre 1949, nell’Istituto di Filosofia del diritto di Norberto Bobbio con la tesi «La funzione del giudizio di equità nella crisi giuridica contemporanea (con particolare riferimento all’esperienza giuridica americana)». Relatore Enrico Opocher, sostituto di Bobbio da poco andato a Torino. </span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: times; font-size: large;">La documentazione relativa alla carriera accademica di Trentin è conservata presso l’Archivio generale dell’Università degli studi di Padova. </span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: times; font-size: large;">La sua domanda di immatricolazione al primo anno della Facoltà di Giurisprudenza è accolta dal Consiglio della stessa Facoltà il 12 febbraio 1944, anche se la seduta viene verbalizzata quasi due anni più tardi, il 29 gennaio 1946. </span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: times; font-size: large;">Come risulta dal libretto di iscrizione gli è assegnata la matricola n. 3839. </span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: times; font-size: large;">I primi tre esami (Storia del diritto romano, Medicina legale e Istituzioni di diritto romano) risultano trascritti dalla Segreteria e non sottoscritti dal professore titolare dell’insegnamento. Sostiene il primo esame (Storia del diritto romano) il 22 febbraio 1946, conseguendo la votazione di 24/30, mentre l’ultimo (Diritto processuale penale) viene registrato l’11 novembre 1949 con 26/30.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: times; font-size: large;">Nel corso degli studi, Trentin prepara tre tesine in Diritto civile (“Il contratto con cui viene costituita una servitù a non domino è risolubile e non nullo”), Economia politica (“Del tasso di interesse come strumento di stabilizzazione dei prezzi”) e Diritto amministrativo (“Anche la violazione della prassi volutamente impostasi dalla Pubblica amministrazione costituisce un sintomo dell’eccesso di potere”). </span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: times; font-size: large;">Così Luciana Rampazzo ricorda il periodo universitario di Bruno: </span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: times; font-size: large;">“Bruno parlava allora un italiano imperfetto che tante grane gli darà durante gli esami universitari (…) Di ritorno in Italia, Bruno era sotto influenza francese, sia per quanto riguarda la lingua, sia la cultura. Non si sentiva italiano sotto questo punto di vista. Non fosse stato per l’esperienza della guerra partigiana, non so se avrebbe optato per la cittadinanza italiana. L’italiano lo parlava in modo un po’ scorretto, mentre con i suoi fratelli, fino alla fine della sua vita, parlava francese. (…) Bruno si era iscritto alla Facoltà di Giurisprudenza, forse per affetto di suo padre, perché in realtà questa facoltà non l’ha mai amata. Inoltre i professori con cui ha fatto gli esami (fatti salvi Bobbio e Opocher) lo hanno sempre trattato malissimo perché il suo italiano non era sempre corretto e gli davano voti bassi. Bruno era letteralmente terrorizzato quando doveva dare un esame. Io, e se io non potevo sua sorella Franca, lo dovevamo accompagnare fino alla stanza dell’esame. Poi, magari per gli stessi esami io prendevo ottimi voti e lui voti sufficienti L’unica cosa che si è salvata della sua incresciosa esperienza universitaria è stata la sua tesi di laurea. Non so perché ha scelto come argomento la Corte Suprema degli Usa. Secondo me, una tesi molto buona. Più di una volta gli ho suggerito di riprenderla e approfondirla, ma non ne ha mai voluto sapere (…) Devo dire che Bruno mi ha molto aiutato per i miei esami di economia, così come io ho aiutato lui per i suoi esami di latino. Ma, un po’ alla volta, Bruno cercava la sua strada. Ricordo che a Venezia aveva cominciato a prendere lezioni di matematica da una signorina che andava a casa sua. Mi spiegava: “La matematica è indispensabile per studiare l’economia” e mi parlava delle varie scuole economiche esistenti negli Stati Uniti”..</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: times; font-size: large;">Proprio in Economia e commercio Trentin riceverà il 13 settembre 2002 la laurea honoris causa conferitagli dall’Università Ca' Foscari di Venezia.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: times; font-size: large;"><span>“Magnifico Rettore, Signore Preside della Facoltà di Economia e Commercio, signori membri del Consiglio di Facoltà Dott. Beggio e Dott. Malgara, Signore e Signori, cari amici - dirà quel giorno, inusualmente emozionato - Voi potete comprendere la mia emozione, in questo momento, non solo per l’onore che mi fate, forse impropriamente, con questa laurea, ma per la scelta che avete compiuto di tenere questa riunione nell’aula che porta il nome di mio padre. </span><span>Sono stato sempre restio a parlare di lui pubblicamente, per il rispetto e la riconoscenza che gli debbo. E non cambierò oggi il mio atteggiamento. Voglio soltanto testimoniare che quel poco di valido e di utile che ho saputo produrre nel corso della mia lunga vita, lo debbo interamente al suo insegnamento e al suo esempio; alla sua radicale incapacità di separare l’etica della politica dalla propria morale quotidiana, pagando sempre di persona per i propri convincimenti. </span><span>Il tema di questo mio intervento riguarda il rapporto fra lavoro e conoscenza. L’ho scelto perché mi sembra che in questo straordinario intreccio che può portare il lavoro a divenire sempre più conoscenza e quindi capacità di scelta e, quindi, creatività e libertà, proprio perché si tratta soltanto di una potenzialità, di un esito possibile ma non certo, delle trasformazioni in atto nelle economie e nella società contemporanea, sta la più grande sfida che si presenta al mondo all’inizio di questo secolo. La sfida che può portare a sconfiggere le vecchie e nuove disuguaglianze, e le varie forme di miseria che dipendono soprattutto dall’esclusione di miliardi di persone da una comunità condivisa”.</span></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: times; font-size: large;">Una sfida che stiamo ancora cercando di vincere, con la consapevolezza di servire una causa giusta, perché - ce lo ha insegnato lui - lavorare nella Cgil e per la Cgil non è, non può essere, un mestiere come un altro!</span></p>La CGIL nel novecentohttp://www.blogger.com/profile/15900637309511679009noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8450692081152841565.post-37234479551556653262020-08-15T00:25:00.001-07:002020-08-15T00:25:10.619-07:0010 curiosità sulla festa dell'estate - di Ilaria Romeo<p style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="-webkit-font-kerning: none;"><span style="font-family: times;">1. Il nome ‘Ferragosto’ deriva dal latino <i>feriae Augusti</i> (riposo di Augusto - Ottaviano Augusto) ed originariamente indicava un periodo di riposo e di festeggiamenti traenti origine dalla tradizione dei Consualia - feste che celebravano la fine dei lavori agricoli - dedicate a Conso, dio della terra e della fertilità.</span></span></p><p style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 16px; text-align: justify;"><span style="font-family: times;"><span style="font-kerning: none;"></span><br /></span></p><p style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-kerning: none;"><span style="font-family: times;">2. Anticamente le feriae Augusti erano celebrate il 1° agosto. Ma i giorni di riposo (e di festa) erano in effetti molti di più.</span></span></p><p style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 16px; text-align: justify;"><span style="font-family: times;"><span style="font-kerning: none;"></span><br /></span></p><p style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-kerning: none;"><span style="font-family: times;">3. In occasione del Ferragosto i lavoratori porgevano i propri auguri ai padroni ottenendo in cambio una mancia. L’usanza in età rinascimentale sarà resa obbligatoria nello Stato Pontificio.</span></span></p><p style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 16px; text-align: justify;"><span style="font-family: times;"><span style="font-kerning: none;"></span><br /></span></p><p style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-kerning: none;"><span style="font-family: times;">4. La festività sarà acquisita dalla Chiesa Cattolica attorno al VII secolo, quando si iniziò a celebrare l’Assunzione di Maria. Il dogma dell'Assunzione (riconosciuto come tale solo nel 1950) stabilisce che la Vergine Maria sia stata assunta in cielo sia con l’anima sia con il corpo.</span></span></p><p style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 16px; text-align: justify;"><span style="font-family: times;"><span style="font-kerning: none;"></span><br /></span></p><p style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-kerning: none;"><span style="font-family: times;">5. La tradizione popolare della gita turistica di Ferragosto nasce durante il ventennio fascista. A rendere Ferragosto una festività popolare contribuirà l’istituzione nel 1931 a opera dell’allora ministero delle Comunicazioni dei Treni speciali celeri per i servizi festivi popolari, noti come Treni di Ferragosto.</span></span></p><p style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 16px; text-align: justify;"><span style="font-family: times;"><span style="font-kerning: none;"></span><br /></span></p><p style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-kerning: none;"><span style="font-family: times;">6. Il 15 di agosto si celebra nel mondo nei paesi cattolici. La sua diffusione non è però omogenea. In Svizzera dipende da Cantone a Cantone e spesso si festeggia la domenica. In Germania non è una festa, tranne che in Baviera e nella Saar. Nel resto d’Europa è festa in Francia, Spagna (in particolare a Siviglia si svolge la caratteristica ‘processione della vergine’ derivante da un’apparizione in sogno di Maria nel 1248), Belgio, Austria, Lussemburgo, Croazia, Grecia, Malta, Polonia, Portogallo e Romania, mentre in Slovenia è un giorno festivo anche se non riconosciuto legalmente. In Costarica comprende anche la Festa della mamma.</span></span></p><p style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 16px; text-align: justify;"><span style="font-family: times;"><span style="font-kerning: none;"></span><br /></span></p><p style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-kerning: none;"><span style="font-family: times;">7. In India il 15 agosto è festa perché ricorre l’anniversario dell’indipendenza del Paese (15 agosto1947).</span></span></p><p style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 16px; text-align: justify;"><span style="font-family: times;"><span style="font-kerning: none;"></span><br /></span></p><p style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-kerning: none;"><span style="font-family: times;">8. In Canada la festa si chiama Acadian day ed è in onore della prima colonia istituita il 15 agosto 1884. La festività dedicata anche a Maria, patrona degli abitanti di quella colonia.</span></span></p><p style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 16px; text-align: justify;"><span style="font-family: times;"><span style="font-kerning: none;"></span><br /></span></p><p style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-kerning: none;"><span style="font-family: times;">9. In lingua gaelica il Ferragosto è conosciuto con il nome Féile Mhuire ‘sa bh Fomhar. Secondo la tradizione irlandese chiunque si immerga in acqua in questo giorno godrà di ottima salute per molti anni.</span></span></p><p style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 16px; text-align: justify;"><span style="font-family: times;"><span style="font-kerning: none;"></span><br /></span></p><p style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="-webkit-font-kerning: none;"><span style="font-family: times;">10. Sono tantissime le commedie dedicate alla festa dell’estate. Tra i film cult che hanno fatto un’epoca: <i>Il sorpasso, Un sacco bello</i>, <i>Caro diario</i>.</span></span></p>La CGIL nel novecentohttp://www.blogger.com/profile/15900637309511679009noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8450692081152841565.post-20484022517189188442020-07-28T23:44:00.001-07:002020-07-29T01:21:07.454-07:00La prima donna - di Ilaria Romeo<div style="text-align: justify;"><font face="times">Tina Anselmi nasceva 93 anni fa, il 25 marzo 1927 a Castelfranco Veneto.</font></div><div style="text-align: justify;"><font face="times"><br /></font></div><div style="text-align: justify;"><font face="times">Dirigente del sindacato dei tessili dal 1945 al 1948 e del sindacato degli insegnanti elementari dal 1948 al 1955, la partigiana Gabrilella è, dal 1958 al 1964, incaricata nazionale dei giovani nella Democrazia cristiana.</font></div><div style="text-align: justify;"><font face="times"><br /></font></div><div style="text-align: justify;"><font face="times">Deputata dal 1968 al 1992, dal 29 luglio 1976 è ministra del Lavoro e della previdenza sociale nel governo Andreotti III.</font></div><div style="text-align: justify;"><font face="times"><br /></font></div><div style="text-align: justify;"><font face="times">Dopo l’esperienza al Ministero del lavoro, è nominata ministro della sanità nei governi Andreotti IV e V.</font></div><div style="text-align: justify;"><font face="times"><br /></font></div><div style="text-align: justify;"><font face="times">Nel 1981, nel corso della VIII legislatura, viene nominata presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sulla Loggia massonica P2 di Licio Gelli.</font></div><div style="text-align: justify;"><font face="times"><br /></font></div><div style="text-align: justify;"><font face="times">Riceve nel 2009 il Premio Articolo 3 per il 2008 come “riconoscimento all’attività svolta durante tutta una vita spesa - anche a rischio della medesima - al servizio della libertà e dei valori di uguaglianza sanciti proprio dall’articolo 3 della nostra Carta Costituzionale”.</font></div><div style="text-align: justify;"><font face="times"><br /></font></div><div style="text-align: justify;"><font face="times">Definita dai suoi compagni di partito la “Tina vagante” per la sua indipendenza e imprevedibilità, Tina Anselmi è una delle tante donne che hanno cambiato la storia del nostro paese.</font></div><div style="text-align: justify;"><font face="times"><br /></font></div><div style="text-align: justify;"><font face="times">Correttamente diceva il presidente della Repubblica Sergio Mattarella l’8 marzo di due anni fa: “Non è un caso che alcune delle leggi che hanno inciso profondamente nella realtà italiana siano il frutto dell’intelligenza, e della dedizione, di donne valorose. Ricordo qualcuno di questi traguardi. La legge che porta il nome di Lina Merlin, sessanta anni orsono, ha smantellato quel sistema pubblico di sfruttamento della prostituzione, che rendeva lo Stato garante di un’odiosa e insopportabile condizione di semi-schiavitù per migliaia di donne, povere e condannate a una marginalità perpetua. Fu un grande cambiamento per il nostro Paese. Un salto di civiltà. […] Il segno delle donne è impresso, ovviamente, anche nelle leggi che hanno, dapprima, scardinato i principi discriminatori nel mondo del lavoro, e, quindi, hanno inteso impedire le pratiche di aggiramento e di elusione che, nei fatti, mantenevano lo svantaggio per le lavoratrici. Il percorso della parità non è stato semplice, né scontato. A partire dalla tutela della lavoratrici madri, introdotta dalla legge del 1950, e opera dell’impegno di Teresa Noce e di Maria Federici. Tutela progredita, in seguito, con la riforma dei congedi di maternità del 1971, fino ad approdare, nel 2000 – dopo un trentennio – a una concezione della cura parentale come impegno da condividere tra entrambi i genitori. Nel cammino di avanzamento dei diritti del lavoro – compiuto da milioni di donne e segnato da battaglie sindacali e civili, talvolta aspre – possiamo ricordare, ancora, la tappa del 1963, quando venne introdotto il divieto di licenziamento a causa del matrimonio. E quella del 1977, che, con sempre maggiore aderenza al dettato costituzionale, ha affermato la piena parità di trattamento nel lavoro tra uomini e donne. [… ] Una pietra miliare nell’attuazione della Costituzione è stata la riforma del diritto di famiglia, nel 1975, cui diedero un contributo determinante figure del livello di Maria Eletta Martini, Nilde Iotti, Franca Falcucci e Giglia Tedesco Tatò. La parità sancita nell’ambito della famiglia ha immesso energia nella nostra vita sociale. Quella legge ha, inoltre, riconosciuto ai minori la piena tutela della personalità, con diritti che prima non venivano loro riconosciuti. Non va dimenticato che il nuovo diritto di famiglia, nel 1975, vide la luce appena un anno dopo lo scontro referendario sul divorzio. Il Paese allora si divise; in maniera accesa. Ma in Parlamento, dopo soltanto pochi mesi, vi fu la capacità di raggiungere un compromesso alto, su materia fondamentale, con una normativa di grande valore e qualità. Le donne, nella guida di questo processo politico di avanzamento, hanno saputo tenere ben in vista gli interessi generali, anche quando le dinamiche dei partiti inducevano alla contrapposizione e al conflitto. È un grande merito storico. Questa è stata una vocazione ricorrente della politica al femminile. Le donne parlamentari hanno, spesso, all’occorrenza, saputo intendersi; e operare, impegnarsi, battersi insieme. Credo che questo rappresenti una lezione repubblicana. Abbiamo ancora - e questo riguarda tutti - avremo sempre bisogno di questa attitudine; del senso di responsabilità di saper collocare al centro l’interesse generale del Paese e dei suoi cittadini. Il servizio sanitario nazionale - che fissò le fondamenta di un diritto universale alla salute, in precedenza non pienamente garantito - nacque nel 1978 grazie alla ferma determinazione della prima donna ministra, Tina Anselmi, che seppe catalizzare vasti consensi politici”.</font></div><div style="text-align: justify;"><font face="times"><br /></font></div><div style="text-align: justify;"><font face="times">La prima donna ministra, sì perché nei primi trent’anni di vita della Repubblica italiana i Consigli dei ministri (tredici in totale) sono composti esclusivamente da uomini: bisogna attendere il 29 luglio 1976 perché una donna sia nominata ministro del Lavoro e della Previdenza sociale dall’allora presidente del Consiglio Giulio Andreotti.</font></div><div style="text-align: justify;"><font face="times"><br /></font></div><div style="text-align: justify;"><font face="times">Se si analizza l’andamento della presenza femminile si può notare come siano stati necessari 30 anni per eleggere più di 50 donne al Parlamento (quota 100 è stata superata con la X legislatura nel 1987, e quota 150 con la XV, nel 2006). Soltanto in cinque casi la Presidenza della Camera è stata affidata a una donna (Nilde Iotti per tre legislature, Irene Pivetti e Laura Boldrini), in un solo caso la Presidenza del Senato (Maria Elisabetta Alberti Casellati).</font></div><div style="text-align: justify;"><font face="times"><br /></font></div><div style="text-align: justify;"><font face="times">Su oltre 1500 incarichi di ministro assegnati in 70 anni di storia repubblicana le donne ne hanno ottenuti poco più di 80 (dei quali la metà senza portafoglio).</font></div><div style="text-align: justify;"><font face="times"><br /></font></div><div style="text-align: justify;"><font face="times">Nessuna donna ha mai rivestito l’incarico di ministro dell’Economia e delle finanze. Nessuna donna è stata mai investita della carica di presidente del Consiglio o è mai stata eletta alla Presidenza della Repubblica.</font></div><div style="text-align: justify;"><font face="times"><br /></font></div><div style="text-align: justify;"><font face="times">La foto di Tina Anselmi campeggia nella Sala delle donne di Montecitorio, dove dal 2016 vengono ricordate attraverso fotografie le donne che hanno fatto parte delle istituzioni repubblicane.</font></div><div style="text-align: justify;"><font face="times"><br /></font></div><div style="text-align: justify;"><font face="times">Ci sono i ritratti delle 21 costituenti; delle prime dieci sindache elette nel corso delle elezioni amministrative del ‘46; della prima presidente della Camera; della prima Presidente di Regione.</font></div><div style="text-align: justify;"><font face="times"><br /></font></div><div style="text-align: justify;"><font face="times">Nella sala ci sono ancora due specchi (nel 2016 gli specchi erano tre) per ricordare che in Italia non ci sono mai state donne che hanno avuto il ruolo di premier o presidente della Repubblica. Sotto gli specchi la scritta “Potresti essere tu la prima”, per rimarcare un’assenza, per indicare un percorso da compiere ma anche per ricordare alle donne che vedranno la propria immagine riflessa negli specchi, che potrebbero essere le prime a ricoprire tali cariche.</font></div><div style="text-align: justify;"><font face="times"><br /></font></div><div style="text-align: justify;"><font face="times">Se non ora, quando?</font></div>La CGIL nel novecentohttp://www.blogger.com/profile/15900637309511679009noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8450692081152841565.post-71099724156775487712020-07-13T02:37:00.004-07:002020-07-13T04:41:32.140-07:00100 anni fa, a Trieste, l'incendio del Narodni dom - di Ilaria Romeo<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="-webkit-font-kerning: none;"><span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">Il 13 luglio del 1920, dopo un comizio, un gruppo di estremisti fascisti e nazionalisti attacca e da fuoco, a Trieste, a venti edifici tra i quali il Narodni dom, nel corso di quello che Renzo De Felice ha definito ‘il vero battesimo dello squadrismo organizzato’.</span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;"><span style="font-kerning: none;"></span><br /></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="font-kerning: none;"><span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">“L’anima grande del comandante Gulli - affermava il segretario cittadino del Partito Fascista, Francesco Giunta - barbaramente ucciso, vuole vendetta. Fratelli, che avete fatto voi del provocatore pagato? È stato poco, dovevate uccidere! Bisogna stabilire la legge del taglione. Bisogna ricordare ed odiare (...). Gulli era l’uomo di Millo, il più grande ammiraglio che abbia avuto l’Italia. Gulli va vendicato (...) L’Italia ha portato qui il pane e la libertà. Ora si deve agire; abbiamo nelle nostre case i pugnali ben affilati e lucidi, che deponemmo pacificamente al finir della guerra, e quei pugnali riprenderemo - per la salvezza dell’Italia. I mestatori jugoslavi, i vigliacchi, tutti quelli che non sono con noi ci conosceranno”.</span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;"><span style="font-kerning: none;"></span><br /></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="font-kerning: none;"><span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">L’incendio, domato solamente il giorno successivo, ridurrà in cenere gli ambienti modernamente arredati, i libri, gli strumenti musicali, gli archivi, e con essi gran parte del patrimonio culturale degli sloveni di Trieste.</span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;"><span style="font-kerning: none;"></span><br /></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="font-kerning: none;"><span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">“Sulla via Commerciale non era scesa la sera, - scriverà Boris Pahor - l’incendio sopra i tetti sembrava venire dal sole che liquefacendosi sanguinava nel crepuscolo. Il tram per Opčine si era fermato, gli alberi nel giardino dei Ralli apparivano immobili nell’aria color porpora. Loro due correvano tenendosi per mano e nell’aria, sopra le loro teste, volavano le scintille che salivano da piazza Oberdan. […] Piazza Oberdan era piena di gente che gridava in un alone di luce scarlatta. Attorno al grande edificio invece c’erano uomini in camicia nera che ballavano gridando: “Viva! Viva!” Correvano di qua e di là annuendo con il capo e scandendo: “Eia, eia, eia!”. E gli altri allora di rimando: “Alalà!”. Improvvisamente le sirene dei pompieri cominciarono a ululare tra la folla, ma la confusione aumentò perché gli uomini neri non permettevano ai mezzi di avvicinarsi. Li circondarono e ci si arrampicarono sopra, togliendo di mano ai pompieri le manichette”.</span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;"><span style="font-kerning: none;"></span><br /></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="font-kerning: none;"><span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">Secondo Gaetano Salvemini l’obiettivo immediato che i fascisti e i nazionalisti si erano proposti di realizzare attraverso l’incendio del Narodni dom sarebbe stato quello di sabotare le trattative italo-jugoslave per la questione di Fiume e dei confini tra i due paesi. </span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;"><span style="font-kerning: none;"></span><br /></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="font-kerning: none;"><span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">Se da quel punto di vista si può dire che l’obiettivo fu mancato, le conseguenze del rogo saranno gravi e di lunghissima durata, divenendo il Narodni dom, simbolo dell’inizio delle persecuzioni fasciste contro gli slavi della Venezia Giulia.</span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;"><span style="font-kerning: none;"></span><br /></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="font-kerning: none;"><span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">L’incendio e la devastazione del “Balkan” e degli altri edifici segneranno l’inizio esplicito di una dura e violenta politica di oppressione etnica, che il fascismo e nazionalismo triestini e giuliani perseguiranno per tutto il ventennio nei confronti della minoranza slava.</span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;"><span style="font-kerning: none;"></span><br /></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="font-kerning: none;"><span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">Scriveva nel 1929 il giornalista Livio Ragusin-Righi nel saggio <i>Politica di confine</i>: “I nuclei di sloveni della zona di confine non hanno mai avuto una propria unità nazionale, né una propria civiltà. La loro storia è quella data dalla politica dell’Austria, in cui hanno servito da strumento… I gruppi allogeni della Venezia Giulia, neanche nella forma esteriore presentano le caratteristiche che sono proprie ad una minoranza nazionale… Privi di una propria convinzione e di qualsiasi coscienza, essi sono stati sempre guidati o con la forza o con le intimidazioni, oppure con le lusinghe e le illusioni… L’opera di colonizzazione ha tre aspetti principali: prima di tutto l’epurazione deve ridare alla popolazione allogena il suo aspetto genuino… In secondo luogo viene la colonizzazione che si può chiamare Stato, costituita dalla opportuna dislocazione di scelti funzionari italiani… Infine viene la saturazione completa”.</span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;"><span style="font-kerning: none;"></span><br /></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="font-kerning: none;"><span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">Prima ancora della emanazione in Italia delle Leggi fascistissime, gli sloveni e i croati rimasti nel loro territori vedranno chiudere, uno dopo l’altro, con disposizioni amministrative e atti di violenza, i loro centri culturali, i giornali, le società sportive e ricreative, le Casse rurali, le cooperative e ogni altra organizzazione.</span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;"><span style="font-kerning: none;"></span><br /></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="font-kerning: none;"><span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">Il RDL n. 1796 del 15 ottobre 1925 proibirà tassativamente l’uso di lingue diverse dall’italiano in tutte le sedi giudiziarie. Tutti gli atti redatti in lingua diversa da quella italiana sono da considerarsi come non presentati. Se la trasgressione viene commessa da un giudice, ufficiale giudiziario o da altro impiegato giudiziario, esso viene sospeso dal servizio. In caso di recidiva viene esonerato.</span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;"><span style="font-kerning: none;"></span><br /></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="font-kerning: none;"><span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">Analoghi provvedimenti saranno presi per tutti gli uffici pubblici ed anche nei negozi e nei locali pubblici sarà proibito l’uso delle lingue locali.</span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;"><span style="font-kerning: none;"></span><br /></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="font-kerning: none;"><span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">Il Regio Decreto n. 800 del 29 marzo 1923 aveva già imposto l’italianizzazione della toponomastica, arrivando con il RD n. 17 del 10 gennaio 1926 all’italianizzazione forzata dei cognomi (il Regio decreto 7 aprile 1927, n. 494 estenderà a tutti i territori delle nuove Provincie le disposizioni contenute nel decreto-legge 10 gennaio 1926, n. 17, circa la restituzione in forma italiana dei cognomi delle famiglie della Venezia Tridentina).</span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;"><span style="font-kerning: none;"></span><br /></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="font-kerning: none;"><span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">Anche le leggi sulla scuola (la riforma Gentile sancirà formalmente l’obbligo dell’uso dell’italiano come unica lingua di istruzione nelle scuole del Regno, con la possibilità in aree mistilingui di studio della lingua locale in ore aggiuntive, previa richiesta delle famiglie all’inizio dell’anno scolastico. Con il R.D.L. 22 novembre 1925, verrà definitivamente abolito l’insegnamento delle lingue minoritarie, togliendo anche la possibilità delle ore aggiuntive nelle scuole elementari) e la religione asseconderanno la volontà del regime, costringendo alle dimissioni maestri e prelati dissidenti.</span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;"><span style="font-kerning: none;"></span><br /></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="font-kerning: none;"><span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">Proprio da Trieste, nella stessa piazza Unità d’Italia del comizio di Francesco Giunta del 1920, Benito Mussolini annuncerà il 18 settembre 1938, l’imminente promulgazione delle norme razziali sul territorio italiano.</span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;"><span style="font-kerning: none;"></span><br /></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="font-kerning: none;"><span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">Scriveva in proposito in occasione del 75° anniversario dell’annuncio Anna Foa su «Avvenire»: “La scelta di Trieste richiede qualche parola di commento. Nel suo discorso, Mussolini legava strettamente l’adozione di una politica razziale allo sviluppo di una politica imperiale da parte del fascismo. Il viaggio di Mussolini a Trieste era solo la prima tappa di un percorso intrapreso con grande clamore propagandistico dal Duce nelle zone della Prima guerra mondiale, viste naturalmente in un’ottica fortemente nazionalista. Forte era del resto l’adesione al nazionalismo fascista di Trieste, un’infausta trasformazione dell’antico spirito irredentista della città prima che divenisse italiana. Irredentisti erano stati in particolare gli ebrei di Trieste, un irredentismo che aveva facilitato in molti di loro l’adesione al fascismo, come del resto era avvenuto nel resto d’Italia, quando gli ebrei avevano visto nel fascismo l’esito naturale del nazionalismo. Ora la politica razziale di Mussolini li tagliava fuori da ogni appartenenza nazionale, legando strettamente il nazionalismo fascista al razzismo antisemita. In questo senso, la scelta di Trieste non era casuale, dotata com’era di una forte carica simbolica. Inoltre il Duce parlava in una città, Trieste, in cui la presenza ebraica era forte, radicata e ricca di cultura. Una città di confine, che era stata un ponte verso la Mitteleuropa. Ma era anche, più concretamente, il porto da cui partivano, fin dai primi anni del secolo, le navi cariche di ebrei dell’Est in fuga dai pogrom e dalle persecuzioni verso la terra d’Israele. La città che era per questo chiamata la Porta di Sion. E anche questo era ben presente nella mente di Mussolini quando il 18 settembre 1938 lanciò proprio da Trieste le leggi della vergogna”.</span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;"><span style="font-kerning: none;"></span><br /></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="font-kerning: none;"><span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">A cento anni dall’incendio del Narodni dom, a 82 anni dalla promulgazione delle leggi razziali, il presidente della Repubblica italiana Sergio Mattarella e il presidente sloveno Borut Pahor si sono incontrati oggi a Trieste.</span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;"><span style="font-kerning: none;"></span><br /></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="font-kerning: none;"><span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">Il primo atto dei due presidenti è stata la deposizione di una corona di fiori - con i colori delle bandiere dei due Stati - sulla Foiba di Basovizza. Un’identica cerimonia ha ricordato i quattro giovani slavi fucilati nel 1930 dal regime fascista.</span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;"><span style="font-kerning: none;"></span><br /></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="font-kerning: none;"><span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">Il momento principale dell’incontro, la cessione alla minoranza slovena del Narodni dom, l’ex hotel Balkan incendiato il 13 luglio del 1920.</span></span></div>
<div>
<span style="font-kerning: none;"><br /></span></div>
La CGIL nel novecentohttp://www.blogger.com/profile/15900637309511679009noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-8450692081152841565.post-23250159561552898022020-06-28T00:52:00.000-07:002020-06-28T03:01:13.215-07:00Lavorare meno, lavorare tutti - di Ilaria Romeo<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">Se otto ore vi sembran poche provate voi a lavorare ….</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">Nel primo Congresso dopo la guerra la Fiom conta 47.192 iscritti e 102 sezioni.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">Meno di un anno dopo, il 20 febbraio 1919, la Federazione firma con la Confederazione degli industriali un accordo per la riduzione di orario a 8 ore giornaliere e 48 settimanali (l’accordo prevede tra l’altro il riconoscimento delle Commissioni interne e la loro istituzione in ogni fabbrica; la nomina di una Commissione per il miglioramento della legislazione sociale e di un’altra per studiare la riforma delle paghe e del carovita).</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">Recita tra l’altro l’accordo: “Con l’approvazione avvenuta del Regolamento unico per tutte le Officine meccaniche, navali e affini, l’orario di lavoro viene ridotto rispettivamente da 55, 60 a 48 settimanali come indicato dall’art. 6 del Regolamento stesso. Per gli stabilimenti siderurgici tale orario viene ridotto da 72 a 48 ore, con l’adozione dei tre turni, come stabilito dall’art. 6 del Regolamento unico per gli stabilimenti stessi. Tali orari dovranno essere attuati non oltre il 1° maggio per le officine meccaniche, navali ed affini e non oltre il 1° luglio per gli stabilimenti siderurgici”.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">Con il Regio Decreto 692 del 1923 (poi convertito nella legge 473 del 17 aprile 1925) l’orario di lavoro massimo di 8 ore giornaliere o 48 settimanali viene esteso a tutte le categorie (lo stesso provvedimento si preoccupava di fissare dei limiti anche al lavoro straordinario, rispettivamente in 2 ore giornaliere e 12 ore settimanali).</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">Recita l’articolo uno della legge: “La durata massima normale della giornata di lavoro degli operai ed impiegati nelle aziende industriali o commerciali di qualunque natura, anche se abbiano carattere di istituti di insegnamento professionale o di beneficenza, come pure negli uffici, nei lavori pubblici, negli ospedali, ovunque é prestato un lavoro salariato o stipendiato alle dipendenze o sotto il controllo diretto altrui, non potrà eccedere le otto ore al giorno o le quarantotto ore settimanali di lavoro effettivo. Il presente decreto non si applica al personale addetto ai lavori domestici, al personale direttivo delle aziende ed ai commessi viaggiatori. Per i lavori eseguiti a bordo delle navi, per gli uffici ed i servizi pubblici, anche se gestiti da assuntori privati, si provvederà con separate disposizioni”.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">La necessità della riduzione dell’orario di lavoro sarà sostenuta nel giugno del 1932 anche da un insospettabile presidente della Fiat Giovanni Agnelli in un’intervista all’United Press.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">Posizione ripresa l’anno successivo, il 5 gennaio 1933, in una lettera al futuro presidente della Repubblica Luigi Einaudi.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">Recita la missiva – direi di una certa attualità – riprodotta sulla rivista «La Riforma sociale»: “Partiamo dalla premessa che in un dato momento, in un dato paese, ad ipotesi nella parte industrializzata di questo nostro mondo, vi siano 100 milioni di operai occupati. Sia il loro salario medio di un dollaro al giorno […] Sulla base di un dollaro, ogni giorno nasce una domanda di 100 milioni di dollari di beni e servizi, ed ogni giorno industriali ed agricoltori producono e mettono sul mercato 100 milioni di dollari di merci e servizi. Produzione, commercio, consumo, si ingranano perfettamente l’un l’altro. Non esistono disoccupati. Non si parla di crisi. Noi industriali diciamo, nel nostro linguaggio semplice, che gli affari vanno. Alla macchina economica non occorrono lubrificanti.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">Ad un tratto – in verità le cose si svolgono diversamente, per sperimenti vari e successivi; ma debbo semplificare – uno o parecchi uomini di genio inventano qualcosa; e noi industriali facciamo a chi arriva prima ad applicare la o le invenzioni le quali promettono risparmio di lavoro e maggior guadagno. Quando le nuove applicazioni si siano generalizzate, risulta che con 75 milioni di uomini si compie il lavoro il quale prima ne richiedeva 100. Rimangono fuori 25 milioni di disoccupati. All’ingrosso, oggi vi sono per l’appunto 25 milioni di disoccupati nel mondo.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">Quale la causa? La incapacità dell’ordinamento del lavoro a trasformarsi con velocità uguale alla velocità di trasformazione dell’ordinamento tecnico.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">Prima dell’invenzione occorrevano 100 milioni di giornate di lavoro di otto ore l’una fornite da 100 milioni di operai, ossia 800 milioni di ore di lavoro al giorno, a produrre una data massa di merci e servizi. Dopo l’invenzione bastano, per produrre la stessa massa di merci e servizi, 600 milioni di ore di lavoro. Ad otto ore al giorno, è bastevole il lavoro di 75 milioni di operai. Gli altri 25, disoccupati, consumano assai meno. La domanda si riduce al di sotto del livello precedente. Dopo un po’ basteranno 70 e poi 60 milioni di operai a produrre quanto il mercato richiede. E’ una catena paurosa che a noi pratici pare svolgersi senza fine, sebbene voialtri economisti ci abbiate abituati a credere che ad un certo punto si deve ristabilire l’equilibrio. Quel certo punto fa a noi l’impressione, soprattutto quando siamo sulla china discendente, di non arrivare mai. Il danno sembra a me derivare dallo sfalsamento esistente tra due velocità: la velocità del progresso tecnico, il quale dal primo al secondo momento ha ridotto di un quarto la fatica necessaria a produrre, e la mancanza di progresso nell’organizzazione del lavoro, per cui l’operaio che lavora seguita a faticare le stesse otto ore al giorno di prima. Rendiamo uguali le velocità dei due movimenti progressivi, quello tecnico e quello, chiamiamolo così, umano. Poiché, a produrre una massa invariata di beni e servizi, occorrono 600 invece che 800 milioni di ore di lavoro, tutti i 100 milioni di operai occupati nel primo momento per 8 ore al giorno, rimarranno occupati nel secondo momento per sei ore al giorno. Poiché essi producono la stessa massa di beni di prima, il salario rimarrà invariato in un dollaro al giorno. La domanda operaia di beni e servizi resta di 100 milioni di dollari. Nulla è mutato nel meccanismo economico, il quale fila come olio colato. Non c’è disoccupazione, non c’è crisi”.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">La discussione sull’orario di lavoro – sostanzialmente ferma fino all’approvazione della Costituzione (recita l’art. 36: Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa. La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge. Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi) – riprenderà negli anni Cinquanta e Sessanta ed i rinnovi contrattuali del ‘62-‘63 saranno caratterizzati – oltre che da altre importanti conquiste – da una rilevante riduzione dell’orario di lavoro settimanale (mediamente 44 ore, le 40 ore settimanali saranno conquistate tra il 1969 ed il 1973).</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">Da un punto di vista me raramente legislativo, per periodo di tempo lunghissimo la disciplina sull’orario di lavoro è stata dettata dal regio decreto legge 15 marzo 1923 n. 692.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">Questa disciplina è stata soggetta a parziale revisione dalla legge 24 giugno 1997 n. 196 che, seguendo le linee guida tracciate dalla prassi della contrattazione collettiva, ha posto un tetto all’orario settimanale di lavoro di massimo di n. 40 ore settimanali ed in n. 8 giornaliere (il decreto legislativo 8 aprile 2003 n. 66 – emanato in attuazione delle direttive dell’Unione europea n. 93/104/CE e 2000/34/CE – abrogherà in parte la legge 196/1997, apportando significative modifiche alla disciplina generale dell’orario di lavoro).</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">Oggi da più parti una riduzione dell’orario di lavoro è proposta e auspicata.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">Esattamente un anno fa il nuovo presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, in occasione dell’apertura del master in Economia pubblica alla Sapienza di Roma, affermava: “Siamo fermi in Italia all’ultima riduzione di orario del ’69-70 non ci sono riduzioni da 50 anni invece andrebbe fatta per aumentare l’occupazione e incentivare la riorganizzazione produttiva delle imprese. Gli incrementi di produttività vanno distribuiti o con salario o con un aumento del tempo libero”.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">I più critici sostengono che la riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario impatterebbe negativamente sulla produttività. Ma sempre più esperienze, dalla Svezia alla Svizzera, dimostrano esattamente il contrario. Anche Microsoft, che ha sperimentato in alcuni stabilimenti la settimana lavorativa di quattro giorni aumentando la produttività del 40%.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">Lavorare meno, lavorare tutti? In molti hanno già risposto di sì.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">Pubblicato anche su <i>Fortebraccio</i> il 20 febbraio 2020</span></div>
La CGIL nel novecentohttp://www.blogger.com/profile/15900637309511679009noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-8450692081152841565.post-26049570205465092332020-06-28T00:30:00.003-07:002020-06-28T00:30:32.951-07:00LA CAPITANA CONTRO IL CAPITANO - di Ilaria Romeo<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Times, "Times New Roman", serif;">Il 12 giugno 2019 la nave Sea-Watch raccoglie 53 migranti nel Mediterraneo al largo della costa libica, dirigendosi verso Lampedusa dopo aver respinto un’offerta di attracco a Tripoli, considerata non sicura dall’UE e dalle organizzazioni umanitarie. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif;">Il 14 giugno, l’Italia chiude i suoi porti alle navi di salvataggio dei migranti. Solo dieci migranti, compresi bambini, donne in gravidanza e malati, sono autorizzati a sbarcare.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif;">La situazione sulla Sea-Watch diventa sempre più difficile ed il 29 giugno, di fatto senza autorizzazione, la capitana Carola decide di attraccare.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif;">La Rackete sarà arresta subito dopo l’ormeggio con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e resistenza a pubblico ufficiale. Trascorrerà quattro giorni agli arresti domiciliari, ma sarà rilasciata dopo una sentenza del tribunale che dichiarava non avesse infranto alcuna legge e che avesse agito per proteggere la sicurezza dei passeggeri, sentenza confermata in tutti i gradi di giudizio.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif;">“Se Rosa Parks non si fosse seduta dove non poteva sedersi - diceva lo scorso anno il segretario generale della Cgil Maurizio Landini - ci sarebbe ancora l’Apartheid. Mio padre mi ha sempre raccontato che ha dovuto fare una scelta: andare nella Repubblica Sociale o diventare partigiano per liberare il Paese, ci sono momenti in cui bisogna scegliere da che parte stare e quando ci sono leggi sbagliate sarebbe intelligente cambiarle. Prima vengono le persone”.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif;">Se tante saranno le manifestazioni di solidarietà a Carola, contro di lei si manifesterà la parte più becera del popolo del web e non solo.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif;">«Spero che ti violentino 'sti negri, a quattro, a quattro….», è una delle tante frasi rivolte alla capitana al momento della discesa dalla nave, una frase che si ripete, di tastiera in tastiera sulle pagine Facebook e gli account twitter di tanti, troppi leoni.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif;">La stessa, terribile, frase detta più volte a Laura Boldrini, Greta Thunberg, più recentemente a Silvia Romano, lo stesso terribile gesto perpretato contro Franca Rame.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif;">C’è una ragione precisa per cui quando si deve insultare una donna si sceglie la minaccia più infamante, ovvero quella della violenza sessuale. Si chiama “cultura dello stupro”, ed è quella che ne legittima e normalizza l’abuso nella nostra società attribuendo la volontà agli uomini e la paura alle donne, alle quali non deve permesso agire o peggio ancora disobbedire, all’uomo, alla cultura egemone, al senso comune, alla morale politica o condivisa.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif;">Perché il problema di fondo è che ancora oggi tanti uomini e tante donne - purtroppo - odiano le donne libere, semplicemente.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif;">Le donne indipendenti, autonome, determinate, che scelgono dove vogliono andare, che lavoro vogliono fare, come preferiscono vestirsi, cosa vogliono o non vogliono dire, in quale Dio vogliono o non vogliono credere, magari anche con il sorriso e la serenità di chi è realizzato e felice.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif;">Perché in fondo la donna casalinga, la donna fragile, poco istruita, dipendente tanto - se non in tutto - dal pater familias è ancora quello che in molti sognano, anche se nessuno avrebbe mai il coraggio di esporlo apertamente.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif;">Questo machismo sotterraneo, inconscio spiega tante cose: spiega la pratica di usare internet per distruggere la donna che la vede in maniera diversa dalla nostra, spiega le scarse ed in fondo poco convinte prese di posizione di fronte alle folli affermazioni del senatore Pillon o ad un avvenimento come il ‘matrimonio’ di Indro Montanelli in questi giorni nuovamente salito agli onori della cronaca, spiega le nostre tiepide reazioni di fronte a canzoni o titoli di giornale che in un qualsiasi paese civile griderebbero vendetta e che invece da noi vengono accolti con un benevolo sorriso, una solidale pacca sulla spalla.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif;">Del resto, non è una novità, “l’umanità ha sempre avuto paura delle donne che volano, siano esse streghe o siano esse libere”.</span></div>
<div>
<br /></div>
La CGIL nel novecentohttp://www.blogger.com/profile/15900637309511679009noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8450692081152841565.post-35683507266192513062020-06-24T06:16:00.003-07:002020-06-24T06:17:11.113-07:00“L’equilibrio ecologico è una questione ineludibile”, la priorità ambientale nel pensiero di Bruno Trentin – Ilaria Romeo<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">Nel febbraio del 2000, non molto tempo dopo i fatti di Seattle e il fallimento del vertice del Wto, gli Editori Riuniti davano alle stampe il volume Processo alla crescita. Ambiente, occupazione, giustizia sociale nel mondo neoliberista, a cura di Carla Ravaioli e Bruno Trentin.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">Scriveva la giornalista e politica nella nota a cura dell’autore: “Nei numerosissimi pubblici incontri, dibattiti, seminari, convegni, che scandiscono la vita della politica, di destra come di sinistra, moderata o estrema, è molto raro ascoltare qualcuno che, senza esservi in alcun modo sollecitato, dichiari la propria preoccupazione per l’ambiente e sollevi qualche dubbio sulla positività assoluta della crescita produttiva, così come da tutti viene celebrata e invocata a soluzione di ogni nostro male. Se questo accade, per una come me, che da anni del problema ambiente e della critica all’ideologia della crescita ha fatto oggetto centrale della propria riflessione, il desiderio di confrontarsi e discutere con la persona in causa è quasi un riflesso condizionato. Tanto più se si chiama Bruno Trentin […] Nascono così questi incontri tra due persone di sinistra, ma con storie e formazione intellettuale molto diverse, inevitabilmente legate anche a priorità e scale di valori sensibilmente diverse, ma tutt’e due proiettate verso obiettivi che sono sostanzialmente gli stessi. Le quali perciò con la massima libertà si buttano nel più franco scambio di idee, nella discussione senza riserve, fino alla disputa più accesa. Proprio in questa forma «parlata» ed estremamente mossa, abbiamo deciso di pubblicare le nostre conversazioni: praticamente così come si sono svolte e sono state registrate, rielaborate appena quel tanto necessario a farne un testo editabile. Un discorrere aperto, senza un filo conduttore preordinato, ma attraverso una serie di temi, proposti dall’uno o dall’altra, o nati dalla discussione stessa, sovente più volte ripresi nei loro momenti cruciali, soprattutto nei punti di dissenso, anche muovendo da materie apparentemente lontane ma sempre riconducibili all’oggetto di partenza”.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">Sul tema “ecologia” afferma Trentin: “Io voglio soprattutto chiarire la mia posizione rispetto al movimento ecologista. La battaglia degli ambientalisti ha costituito un momento di rottura salutare nelle culture della sinistra: mettendo in questione – così come lo hanno fatto i movimenti femministi – uno storicismo dogmatico che si identificava con le forme assunte dallo sviluppo economico, dall’organizzazione del lavoro, dall’evoluzione delle forze produttive, come dati immodificabili, iscritti nella storia con le loro tappe ineluttabili. Ogni tentativo di mutare questa impostazione veniva considerato utopistico e reazionario insieme. L’aver posto con forza la questione dei limiti dello sviluppo e la necessità di subordinare la qualità economica alla salvaguardia e al recupero degli equilibri ecologici, come questioni ineludibili dell’oggi, è stato un grande merito dell’ambientalismo; un merito che va al di là delle specifiche questioni pur fondamentali dell’ambiente. Ma un limite molto frequente delle culture ecologiste, e forse anche una delle cause della loro condizione spesso minoritaria, è rappresentato a mio avviso dalla loro difficoltà a collegarsi con le tematiche della liberazione del lavoro umano, della difesa della salute e dell’integrità psicofisica delle persone che lavorano e che sono in definitiva le prime vittime del degrado ambientale. Non aver saputo in molti casi far convergere le loro lotte con quelle dei lavoratori, per un fine che è oggettivamente comune, ha finito per allontanare dall’azione per la difesa della natura un soggetto fondamentale: i lavoratori […] La domanda da porci è come cambiare. Come farlo mediante un processo democratico, capace di modificare il rapporto tra governanti e governati. Certo che una più equa distribuzione della ricchezza tra il Nord e il Sud del mondo sarebbe auspicabile, ma nell’attesa che questo sogno diventi realtà, mi sembra difficile impedire che ai paesi in via di sviluppo venga assicurata non solo la sopravvivenza, ma anche la possibilità di un minimo di benessere. Dunque scontando che almeno per alcuni beni fondamentali una certa crescita debba aver luogo. Naturalmente il problema è quale tipo di crescita, quale sviluppo. È facile immaginare il drammatico dissesto dell’intero pianeta se tutti i poveri del mondo raggiungessero tassi di motorizzazione individuale pari a quelli dell’Occidente. Ma tecnologie più avanzate, che consentano risparmio di energia e materie prime, possono prospettare ipotesi diverse. E d’altronde un diverso approccio allo sviluppo si fonda non solo sull’intelligenza creatrice, che inventa nuove tecniche e nuovi prodotti, ma anche sull’intelligenza di chi li gestisce […] Quello che mi interessa è mettere a fuoco degli strumenti che si pongano di raggiungere determinati obiettivi, a difesa delle esigenze dell’ambiente e di tutte le altre che una civiltà in evoluzione comporta, e che siano in grado di farlo salvaguardando i rapporti democratici. La denuncia senza l’indicazione di strumenti concreti, capaci di superarne le ragioni, mi preoccupa […] occorre trovare degli strumenti compatibili con la ragione democratica […] quello che manca nelle sinistre è una cultura della proposta. In tutto il mondo la sinistra è sempre stata divisa tra la cultura della protesta e la cultura governativa. Si protesta finché non si è al governo, e quando si arriva al governo si amministra l’esistente. Una seria cultura della proposta significa fare i conti con il possibile. Tassare chi inquina è una proposta concreta. Una politica fiscale selettiva, che penalizzi certe produzioni a rischio, sarebbe un modo molto concreto di premere sulle scelte di investimento anche delle multinazionali. Spesso, è vero, le grandi società tendono a bloccare innovazioni che compromettono una produzione ancora lucrativa. Ci son voluti dieci anni in Italia per imporre l’obbligo della marmitta catalitica, ma ci siamo riusciti. È stato un piccolo passo avanti. Se ne possono fare molti altri. Dall’auto elettrica ai servizi collettivi, all’enorme futuro che si apre alle biotecnologie […] Tutte le invenzioni presentano dei problemi. Io sono comunque convinto che le biotecnologie siano uno strumento eccezionale per liberare l’umanità dal bisogno, e anche per rompere certi monopoli. Per me questa è la strada, non esistono scorciatoie. Tu parlavi di competitività. Voglio fare ancora l’avvocato del diavolo e domandare: quale competitività? Perché c’è una competitività che tende a inseguire le economie del Terzo mondo, per ridurre sul loro esempio il costo del lavoro, tagliando i salari dei giovani e, perché no, anche degli immigrati, come suggerisce il sindaco Albertini. E questa è una competitività che porta in rovina la società intera, anche perché, mentre rinunciamo a competere sul fronte delle alte tecnologie, non riusciremo mai a competere con i costi rumeni o indonesiani. Ma c’è un altro modo di competere, quello di investire in ricerca, in formazione, in lavoro intelligente, per produrre beni immateriali, che oggi possono giocare un ruolo decisivo nei confronti della difesa dell’ambiente”.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">“Per il problema ambientale – prosegue Trentin – è una corsa contro il tempo. I guasti sono già oggi tali da farci dubitare di riuscire a salvare l’equilibrio ecologico con il tipo di trasformazione di cui parlo. E però sono convinto che questa sia la via obbligata. Le altre sono o velleitarie o autoritarie. Riciclare la carta, selezionare i rifiuti, riorganizzare i centri storici, promuovere l’uso della bicicletta e del trasporto collettivo, che è meno inquinante e molto più economico dell’automobile. Per questo ci siamo battuti in passato per l’auto elettrica, che non inquina e in questo senso rappresenta un salto di qualità positivo, e che può diventare anche un mezzo di consumo collettivo e non solo individuale, anche perché è ancora molto costosa. È partendo dalla produzione che si possono creare dei circuiti alternativi, e contrapporre consumi a consumi, cioè proporre consumi diversi che offrano delle convenienze vere, delle convenienze sentite come tali dalla cultura prevalente, questo è il punto. E se sono convenienze che interessano gran parte della popolazione, anche gli spazi per il consumo dimostrativo, quello legato all’imitazione, e che spesso seduce anche con le apparenze ingannevoli della trasgressione, vengono a ridursi […] Non vedo una soluzione perfetta ma se mi guardo intorno vedo dei tracciati, delle frecce indicative che dimostrano la possibilità di fare altre cose. Vedo l’Olanda, con una fitta rete di piste ciclabili, e biciclette che si possono prendere in un posto e lasciare in un altro. Vedo la Svezia, che mette in campo pratiche di valorizzazione di esperienze individuali nel campo dello sport e del turismo, che soprattutto tenta una trasformazione dell’assistenza sociale in servizi molto personalizzati. O la Danimarca, dove l’assistenza ai bambini malati viene affiancata da un aiuto per il recupero dell’anno scolastico, il tutto – bada bene – finanziato da una collettività consenziente e partecipe”.</span></div>
La CGIL nel novecentohttp://www.blogger.com/profile/15900637309511679009noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8450692081152841565.post-54651052769936879512020-06-23T07:40:00.000-07:002020-06-23T07:59:19.357-07:00Un compleanno Manifesto - di Ilaria Romeo<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">L’XI Congresso del Pci (febbraio 1966) finisce amaramente per la sinistra ingraiana: Luigi Pintor e Rossana Rossanda restano membri del Cc ma vengono ambedue sollevati dalle loro precedenti funzioni, Luciana Castellina e Filippo Maone vengono allontanati da Botteghe Oscure, Lucio Magri rimosso dalla Commissione di massa.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">Il 23 giugno 1969 viene dato alle stampe dalla Dedalo editore in 75.000 copie il primo numero della rivista <i>Il Manifesto</i>, all’inizio rivista politica mensile diretta da Lucio Magri e da Rossana Rossanda.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">Alla sua redazione partecipano Luigi Pintor, Aldo Natoli, Valentino Parlato, Luciana Castellina, Lidia Menapace e Ninetta Zandegiacomi. La veste grafica è curata da Giuseppe Trevisani.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">L’editoriale del primo numero - non firmato - dal titolo “Per un lavoro collettivo” rappresenta la linea programmatica della rivista e del gruppo stesso (con la trasformazione in quotidiano avvenuta il 28 aprile 1971, <i>Il Manifesto</i> si costituisce anche come struttura politica alle elezioni del 1972, presentando una propria lista alla Camera dei deputati e invitando a votare il Pci al Senato).</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">“Questa pubblicazione - si legge nel testo - nasce da un convincimento, che pensiamo non solo nostro: il convincimento che la lotta del movimento operaio, la storia stessa del movimento, sia entrata in una fase nuova; che molti schemi consacrati di interpretazione della realtà e molti modi di comportamento siano saltati senza rimedio; che la crisi sociale e politica che ci circonda non possa essere vissuta e fronteggiata con la normale amministrazione. In Italia, come nel mondo, le vicende sconvolgenti di questi anni, e quelle che è ragionevole attendersi, dimostrano che il sistema di potere del capitalismo è combattuto in profondità da un movimento impetuoso che aspira a una società radicalmente diversa. E tuttavia dimostrano che questo movimento fatica a, darsi un ordine e una prospettiva e soffre di divisioni e insufficienze, teoriche e politiche, che crescono col crescere della tensione rivoluzionaria.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">È spiegabile che così sia. I problemi che abbiamo di fronte non sono infatti particolari e minori, ma generali e essenziali: si tratta di cogliere la natura della crisi che scuote il capitalismo maturo; le ragioni della frattura del movimento operaio e comunista; le vie di una transizione al socialismo in una società «avanzata» com'è la nostra; le possibili condizioni di una saldatura tra le spinte maturate in questi anni e una tradizione di mezzo secolo. Di così grandi problemi, nessuno può pretendere di possedere tutti i termini, e tanto meno di influenzare la soluzione con formule logore o con improvvisazioni avventate.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">Né il ripiegamento dogmatico né la fiducia nella spontaneità, né l'indulgenza per le proprie abitudini né la presunzione di gruppo, possono aiutarci. La via che le cose stesse suggeriscono è piuttosto quella di una dialettica aperta all'interno di tutto il movimento, di un massimo di circolazione delle idee, per modeste che siano, di un più vero lavoro collettivo, senz'altra limitazione che quella imposta dalla responsabilità e dalla coscienza di ciascuno. Una via da percorrere ritrovando tutto il senso della milizia politica, al di fuori dei condizionamenti tattici e degli equilibri di potere, senza cedere allo scoraggiamento per la disparità tra i compiti che si affrontano e le forze di cui si dispone.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">Su un terreno generale, ricco di implicazioni teoriche, avanza oggi il quesito se sia maturo il superamento del capitalismo come sistema mondiale, del suo modo di produrre e di consumare, di pensare e di far pensare, di organizzare là vita collettiva e i rapporti tra gli uomini: cosi come Lenin lo pensava maturo su scala europea, cinquantanni fa. La irrazionalità economica, l'impotenza politica, lo smarrimento ideale del capitalismo sviluppato, la sua disumanità, ma anche la tragedia del sottosviluppo, la crisi produttiva e politica dei paesi socialisti europei, la rivoluzione culturale cinese, ripropongono in forme diverse un'unica questione: la necessità di un sistema sociale non più legato allo sfruttamento in qualsiasi forma, alla divisione del lavoro, alla atomizzazione della vita collettiva e alla solitudine individuale; la necessità e l'attualità di quella che Marx chiamava società comunista.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">Per i condizionamenti storici che si conoscono, il movimento operaio e le ideologie che è andato elaborando, la II Internazionale e il riformismo, ma anche la III Internazionale e lo stalinismo, non hanno affrontato, o hanno poi abbandonato o oscurato questa tematica. Si è venuto perdendo il senso della rivoluzione come rottura e rovesciamento dell'ordine di cose esistente.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">È astratto e intellettualistico riproporsi questa prospettiva in tutta la sua ampiezza? O non è vero invece che quanto succede nel mondo, e le stesse conquiste del passato, inducono a ritenere che siano presenti le condizioni perché il discorso teorico di Marx si trasferisca sul terreno della concretezza storica e dell'attualità politica, con tutta la forza del suo radicalismo originario ?</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">Senza risalire a questi nodi e ritrovare questo respiro, non solo ai filosofi ma a ogni semplice militante riuscirà sempre più difficile leggere e comprendere in modo unitario la storia mondiale, vivere l'azione rivoluzionaria di ogni giorno, spezzare le incrostazioni opportunistiche e burocratiche che si perpetuano separandosi dalla vita e generando nuovi poteri oppressivi, o sfuggire alle lusinghe del revisionismo socialdemocratico, o ai nuovi miti romantici e ribellistici, o ai meccanici ritorni al passato.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">Su un terreno più direttamente politico, avanza con forza il problema di una verifica e di un rinnovamene coraggioso degli schemi strategici, della pratica politica, dei moduli organizzativi del movimento operaio. Un rinnovamento stimolato dalle grandi esperienze rivoluzionarie che si compiono in altre parti del mondo, ma dettato dal carattere che lo scontro sociale assume oggi nell'occidente capitalistico. La sinistra rivoluzionaria occidentale è ancora vittima di una debolezza storica di fronte al capitalismo sviluppato. La sua critica al sistema non ne ha investito la natura ma le insufficienze produttive, le sue piattaforme di lotta solo di rado hanno superato l'orizzonte rivendicativo o quello parlamentare, la sua interna struttura è rimasta centralizzata e gerarchica. Questi caratteri negativi hanno segnato sensibilmente il movimento di classe. Per superarli, non una semplice modifica di linea è necessaria ma una innovazione profonda nell'orizzonte teorico, nel modo di essere e di operare delle organizzazioni che la classe operaia ha finora espresso.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">Il nostro paese gode di un privilegio forse unico: d'essere teatro di esperienze, lotte, spinte originali non dissimili da quelle che corrono per tanta parte dell'occidente, generando nuovi e autentici protagonisti dello scontro sociale; e d'essere sede in pari tempo del più robusto movimento di massa del mondo capitalistico, di un Partito comunista non chiuso a uno sforzo di superamento dei propri limiti e condizionamenti storici. Un dialogo tra passato e futuro è così aperto nella realtà ancor prima che nelle intenzioni. Una saldatura non superficiale tra quel che la storia e la lotta della classe operaia ha già prodotto, e quel che la lotta di classe sta producendo di nuovo, si presenta come chiave di volta e molla di un salto di qualità, e condizione della vittoria. Purché si abbia chiaro che a un rinnovamento di questa natura non si può approdare in modo indolore, con una crescita naturale; ma solo con una nostra «rivoluzione culturale», capace anche di mettere in discussione un patrimonio consolidato.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">Una rivoluzione culturale non una battaglia di idee tra stati maggiori intellettuali. Il pericolo opportunista non nasce da uno smarrimento delle coscienze o da un tradimento degli «apparati», ma come fenomeno sociale, effetto della complessa realtà moderna che soffoca i veri protagonisti del processo rivoluzionario e gli operai per primi. E come fenomeno sociale va dunque combattuto, con una estensione e un rilancio della lotta di classe a tutti i livelli, con un rifiuto operaio e di massa di tutte le ineguaglianze e le oppressioni direttamente patite nella vita produttiva e associata.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">Questi problemi, queste esigenze, questi interrogativi, esistono in un modo o nell'altro nei sentimenti e nella mente di chiunque viva, da poco o da gran tempo, nella lotta politica. Proporseli apertamente, contribuire bene o male ad affrontarli, vorrebbe essere il nostro scopo, col rischio e la preoccupazione di un'alta percentuale d'errore, ma anche senza farsi di questa preoccupazione un alibi. In ogni caso vuol essere, questo, un modi di riaffermare le ragioni di una milizia, dell'impegno che ci si assume quando si entra nell'organizzazione politica di classe.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">In condizioni nuove e con i mezzi disponibili: anche con una rivista, che nasce per portare avanti con qualche continuità un discorso politico già avviato, offrendosi come possibile strumento di confronto a chiunque avverta le stesse esigenze, e augurandosi di coinvolgere un arco di esperienze più vasto di quanto il proprio impianto non lasci sperare.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">Non ci pare esistano strade più sicure e più rapide. Si è lontani dalla chiarezza teorica e dalla capacità di mobilitazione necessarie per dare a tutta la sinistra una nuova dimensione politico-operariva. Ma favorire questo processo in modo aperto, con alcune scelte pregiudiziali, anche individuali, è già azione politica. In questo spirito, non certo con la presunzione di un «richiamo alle origini» e al grido di battaglia del 1848, abbiamo chiamato questa rivista «Il Manifesto»: per sottolineare il bisogno, che sentiamo presente nei sentimenti e nella ragione di tanti compagni e di tanta parte della società contemporanea, di un riferimento ideale, nella ricerca di quell'unità di ispirazione delle forze rivoluzionarie oggi per tanti aspetti compromessa”.</span></div>
<div>
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;"><br /></span></div>
<div>
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">Enrico Berlinguer avrebbe probabilmente preferito evitare dei provvedimenti disciplinari che però il resto del partito gli impose fin dall’uscita del primo numero. </span></div>
<div>
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">Aldo Natoli, Luigi Pintor e Rossana Rossanda saranno radiati con il voto del Comitato centrale del 27 novembre 1969. La stessa sorte subiranno gli altri membri della redazione nelle settimane successive.</span></div>
La CGIL nel novecentohttp://www.blogger.com/profile/15900637309511679009noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8450692081152841565.post-29386791799568558322020-06-22T13:13:00.003-07:002022-06-15T00:42:05.343-07:00Contro tutto questo continueremo a lottare - di Ilaria Romeo<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="-webkit-font-kerning: none;"><span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">Il 23 giugno 1946 viene firmato a Roma il protocollo italo-belga per il trasferimento di 50.000 minatori italiani in Belgio. </span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;"><span style="-webkit-font-kerning: none; font-kerning: none;"></span><br /></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="-webkit-font-kerning: none; font-kerning: none;"><span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">Le pattuizioni tra i due governi erano dettagliate e minuziose in merito al reclutamento e allo spostamento dei lavoratori, ma nulla fu mai scritto relativamente ai loro diritti, alla loro salute e sicurezza.</span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;"><span style="-webkit-font-kerning: none; font-kerning: none;"></span><br /></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="-webkit-font-kerning: none; font-kerning: none;"><span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">E infatti in miniera i morti saranno migliaia.</span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;"><span style="-webkit-font-kerning: none; font-kerning: none;"></span><br /></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="-webkit-font-kerning: none; font-kerning: none;"><span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">A causa di un errore umano, l’8 agosto 1956 il Belgio viene scosso da una tragedia senza precedenti. </span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;"><span style="-webkit-font-kerning: none; font-kerning: none;"></span><br /></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="-webkit-font-kerning: none; font-kerning: none;"><span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">Un incendio, scoppiato in uno dei pozzi della miniera di carbon fossile di Bois du Cazier, causa la morte di 262 persone di dodici diverse nazionalità: 136 sono i minatori italiani (tra il 1946 e il 1956 più di 140mila italiani emigreranno in Belgio; l’accordo fra le due nazioni prevedeva l’esportazione da parte dell’Italia di 2mila uomini a settimana in cambio di 200 chilogrammi di carbone al giorno per ogni minatore).</span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;"><span style="-webkit-font-kerning: none; font-kerning: none;"></span><br /></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="-webkit-font-kerning: none; font-kerning: none;"><span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;"><i>Una sola parola: inferno</i>, scriverà Gianluigi Bragantin sulle pagine di <i>Lavoro</i> venti giorni dopo la strage: “La grande maggioranza dei minatori italiani di Marcinelle, come di Charleroi e di Mons, di Testre e della Louvière, di Limburgo e di Liegi -preciserà il responsabile della Sezione stampa e propaganda della Cgil - sono militanti dei partiti proletari e della Cgil. Molti di essi hanno strenuamente lottato in Italia, nei loro villaggi e nelle loro fabbriche, in difesa del lavoro, prima di rassegnarsi a emigrare. Era gente così quella che è rimasta sotto, questa volta, sepolta nella miniera di Amercoeur, straziata dalle frane, divorata dalle fiamme, soffocata dal fumo e dai gas, votata a una morte fra le più orribili che mente umana possa concepire [...] </span></span><span style="-webkit-text-stroke-width: initial; font-family: "times" , "times new roman" , serif;">Pittori di grande fama lo hanno dipinto. Ma bisogna andarci per capirlo fino in fondo, nel respirarne il clima, per sentirne l’oppressione. I villaggi, le strade, i baraccamenti si susseguono uno accanto all’altro e diventa impossibile distinguerli l’uno dall’altro. D’inverno le strade gelano, sono avvolte da impenetrabili brume, la neve si sporca di carbone: e minatori passano dai 45 gradi sottoterra ai 35 sotto zero alla superficie. La strada sulla quale cammini è della miniera, la casa che abiti della miniera, dei padroni della miniera è lo spaccio, il piccolo cinema, la ferrovia, il pullman, il terreno da costruzione, i mobili, i letti, il bar, la birra che bevi, il pane che mangi. Tutto è del patron. Se manchi un giorno dal lavoro l’affitto del mese ti viene conteggiato al 50% in più; se manchi due giorni ti viene raddoppiato. Se perdi una pala sotto una frana la devi pagare, se non capisci l’ordine di uno chef che parla in dialetto fiammingo prendi una multa che va a finire alla congregazione religiosa del luogo. Contro tutto questo lottavano i minatori morti a Marcinelle e contro tutto questo continueranno a lottare i loro compagni”.</span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;"><span style="-webkit-font-kerning: none; font-kerning: none;"></span><br /></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="-webkit-font-kerning: none; font-kerning: none;"><span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">Contro tutto questo, nelle campagne e nelle tendopoli del nostro paese, continuiamo quotidianamente a lottare, senza retorica, senza frasi ad effetto, senza gesti eclatanti o parole di circostanza.</span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;"><span style="-webkit-font-kerning: none; font-kerning: none;"></span><br /></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="-webkit-font-kerning: none; font-kerning: none;"><span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">“Lo so, cari compagni - diceva Di Vittorio nel suo ultimo, famosissimo, discorso - che la vita del militante sindacale di base è una vita di sacrifici. Conosco le amarezze, le delusioni, il tempo talvolta che richiede l’attività sindacale, con risultati non del tutto soddisfacenti. Conosco bene tutto questo, perché anch’io sono stato attivista sindacale: voi sapete bene che io non provengo dall’alto, provengo dal basso, ho cominciato a fare il socio del mio sindacato di categoria, poi il membro del Consiglio del sindacato, poi il Segretario del sindacato, e così via: quindi, tutto quello che voi fate, che voi soffrite, di cui qualche volta anche avete soddisfazione, io l’ho fatto. Gli attivisti del nostro sindacato, però, possono avere la profonda soddisfazione di servire una causa veramente alta”.</span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;"><span style="-webkit-font-kerning: none; font-kerning: none;"></span><br /></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="-webkit-font-kerning: none; font-kerning: none;"><span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">Una causa grande, una causa giusta che difficilmente regala interviste nei programmi televisivi alla moda o prime pagine sui giornali, ma che dona a tutti noi molto di più: l’orgoglio di ricostruire a piccoli passi un percorso collettivo di consapevolezza e dignità del lavoro, la consapevolezza del nostro ruolo sociale, politico, culturale, aggregativo, di riscatto, rivendicazione, conquista e difesa dei diritti. </span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;"><span style="-webkit-font-kerning: none; font-kerning: none;"></span><br /></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="-webkit-font-kerning: none;"><span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">Un ruolo non sempre riconosciuto, ma costante ed attivo perché lavorare nella Cgil e per la Cgil, non è, non può essere un mestiere come un altro.</span></span></div>
La CGIL nel novecentohttp://www.blogger.com/profile/15900637309511679009noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8450692081152841565.post-40718031062347728012020-06-19T06:48:00.000-07:002020-06-19T07:10:07.020-07:00Il sorriso di Enrico la notte del 21 giugno - di Ilaria Romeo<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="-webkit-text-stroke-width: initial; font-family: "times" , "times new roman" , serif;">Le elezioni politiche del 1976 per il rinnovo dei due rami del Parlamento italiano - le prime elezioni politiche con il voto ai diciottenni - si tengono domenica 20 e lunedì 21 giugno.</span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;"><span style="font-kerning: none;"></span><br /></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="font-kerning: none;"><span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">A conclusione di una giornata impegnativa, nella notte del 21 un emozionato Enrico Berlinguer si affaccia al balcone delle Botteghe oscure affermando: “Compagne e compagni penso che voi conosciate già le indicazioni che sono venute dai primi risultati. In termini strettamente numerici, noi passiamo dal rappresentare, nel 1972, poco più di un quarto dell’elettorato a rappresentare stabilmente, con radici profonde, un terzo dell’elettorato. Un italiano su tre vota comunista!”.</span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;"><span style="font-kerning: none;"></span><br /></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="font-kerning: none;"><span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">Effettivamente il Pci ha raggiunto il 34,4% delle preferenze, ottenendo 228 seggi alla Camera (262 saranno quelli della Dc).</span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;"><span style="font-kerning: none;"></span><br /></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="font-kerning: none;"><span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">Il clima in cui si sono tenute le elezioni è stato teso. </span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;"><span style="font-kerning: none;"></span><br /></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="font-kerning: none;"><span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">In tanti avevano temuto il sorpasso elettorale dei comunisti in virtù dell’accorta strategia di Berlinguer tendente a proporre il Pci sullo scenario nazionale come una forza di sinistra moderata pronta a collaborare con la Dc per uscire fuori dalla crisi economica e democratica in cui era piombata l’Italia.</span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;"><span style="font-kerning: none;"></span><br /></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="font-kerning: none;"><span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">Lo stesso Indro Montanelli, in vista delle elezioni, aveva chiamato a raccolta tutti i moderati invitandoli a turarsi il naso e votare Dc per impedire ai comunisti di assumere le redini del Paese. </span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;"><span style="font-kerning: none;"></span><br /></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="font-kerning: none;"><span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">“Nuova impetuosa avanzata del PCI”, titolerà <i>l’Unità </i>il giorno successivo riportando le dichiarazioni del segretario.</span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;"><span style="font-kerning: none;"></span><br /></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="font-kerning: none;"><span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">Non si può negare che le elezioni politiche del 20 - 21 giugno 1976 segnino storicamente uno spartiacque, un prima e un dopo nella storia dell’Italia repubblicana. </span></span><br />
<span style="font-kerning: none;"><span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;"><br /></span></span>
<span style="font-kerning: none;"><span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">Inizia il triennio della solidarietà nazionale. Un passaggio incompiuto, con il fallimento dell’idea berlingueriana del compromesso storico e della terza fase della vita politica italiana prospettata da Aldo Moro.</span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;"><span style="font-kerning: none;"></span><br /></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="font-kerning: none;"><span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">“Molti hanno interpretato le nostre proposte, durante la campagna elettorale, come ansia di partecipare al governo - affermava a caldo Berlinguer parlando con i giornalisti - E’ vero, l’abbiamo fatta questa proposta, nell’interesse del paese, ma in noi non c’è nessuna fretta. Vogliamo sentire quali proposte faranno gli altri partiti, in primo luogo la Dc e il Psi. Poi decideremo”.</span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;"><span style="font-kerning: none;"></span><br /></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="font-kerning: none;"><span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">Il Parlamento appare ingovernabile ed il «Corriere della sera» si domanda “Si potrà governare?”. </span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;"><span style="font-kerning: none;"></span><br /></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="font-kerning: none;"><span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">Si chiede Eugenio Scalfari: “Quale governo in un paese dove le due maggiori forze politiche, Dc e Pci, totalizzano il 73 per cento dei voti, in un Parlamento dove le due aree del centro e della sinistra si fronteggiano col 47 per cento, e dove le condizioni che ciascun partito pone non sono accettate dagli altri ?”.</span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;"><span style="font-kerning: none;"></span><br /></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="font-kerning: none;"><span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">Nei suoi diari annota Andreotti alla data del 3 luglio: “Oggi Zaccagnini ha preso l’iniziativa di una riunione di tutti i partiti del cosiddetto arco costituzionale, tagliando corto ai suggerimenti di incomunicabilità con i comunisti. E’ vero che si mette l’accento sul carattere istituzionale dell’incontro quasi non si trattasse di un fatto politico. Ma è una bella pretesa catalogare come “tecnica” una bozza d’accordo che vede la sostituzione di Sandro Pertini alla Presidenza della Camera con il comunista Pietro Ingrao”.</span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;"><span style="font-kerning: none;"></span><br /></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="font-kerning: none;"><span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">Il 5 luglio s’insedia la VII legislatura: per la prima volta nella storia della Repubblica un comunista è eletto alla Presidenza della Camera dei deputati.</span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;"><span style="font-kerning: none;"></span><br /></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="font-kerning: none;"><span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">“Sono consapevole - dirà quel giorno Ingrao - […] di quanto sia impegnativo succedere in questo incarico ad un uomo della statura morale e politica di Sandro Pertini, al quale rivolgo un saluto molto affettuoso e rinnovo il ringraziamento di tutti per ciò che egli ha dato al prestigio e al funzionamento del Par1amento italiano, alla lotta contro il fascismo, per la democrazia e la libertà del nostro popolo. Questa legislatura si apre in un momento grave. Tutte le cose intorno a noi sottolineano l’urgenza di procedere ad un profondo rinnovamento della vita economica e dell’apparato produttivo, indispensabile per ridurre il flagello dell’inflazione, per aprire una possibilità di lavoro qualificato per milioni di giovani e di donne, oggi senza prospettiva, per restituire forza, prestigio e stabilità all’Italia nell’economia mondiale e nel tormentato orizzonte internazionale. Ciò domanderà grande rigore e giustizia nelle scelte che compirete, severità nel costume politico, intelligenza innovativa e respiro democratico nella mobilitazione delle energie creative di grandi masse chiamate a portare il paese fuori dalla pesante crisi che lo percuote. […] Permettetemi al di là di ogni valutazione di parte di cogliere nella larghezza e nella varietà dei consensi che hanno portato alla mia elezione un segnale: il segno che sta avanzando fra le forze politiche l’esigenza di un rapporto nuovo, che - mantenendo a ciascuna di esse la sua fisionomia - porti ad un rinvigorimento e ad un arricchimento delle istituzioni democratiche”.</span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;"><span style="font-kerning: none;"></span><br /></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="font-kerning: none;"><span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">Alle 21 e 30 del 29 luglio 1976 il Quirinale comunica la lista dei ministri presentata da Andreotti.</span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;"><span style="font-kerning: none;"></span><br /></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="-webkit-font-kerning: none;"><span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">“Come definire questo governo? - dirà il divo - Chiamarlo ‘delle elezioni’ era piatto, ‘della non belligeranza’ ricordava l’illusione di pace nel ’39-40 . Fu il mio consigliere economico Capuggi a trovare una etichetta brillante: eravamo il governo della ‘non sfiducia’”.</span></span></div>
<br />La CGIL nel novecentohttp://www.blogger.com/profile/15900637309511679009noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8450692081152841565.post-36227664146840061922020-06-18T10:19:00.003-07:002022-06-10T00:51:32.166-07:00MARIA MADDALENA ROSSI. INTERPELLANZA SULLE 'MAROCCHINATE'<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;"><span style="font-family: times, "times new roman", serif;">“La nostra interpellanza si riferisce ad uno dei drammi più angosciosi, quello delle donne che subirono le violenze delle truppe marocchine della V armata, nel periodo tra l’aprile e il giugno del 1944, dopo la rottura del fronte del Garigliano, quando queste irruppero nella zona del cassinate. Non so se sia vero quello che si dice delle truppe marocchine, cioè che il contratto d’ingaggio di questi mercenari non escluda o addirittura lo consenta il diritto al saccheggio ed alla violenza (</span><i style="font-family: times, "times new roman", serif;">ndr</i><span style="font-family: times, "times new roman", serif;"> reciterebbe un comunicato del quale è stata spesso messa in dubbio l’autenticità attribuito al generale Alphonse Juin: “Soldati! Questa volta non è solo la libertà delle vostre terre che vi offro se vincerete questa battaglia. Alle spalle del nemico vi sono donne, case, c’è un vino tra i migliori del mondo, c’è dell’oro. Tutto ciò sarà vostro se vincerete. Dovrete uccidere i tedeschi fino all’ultimo uomo e passare ad ogni costo. Quello che vi ho detto è promesso e mantengo. Per cinquanta ore sarete i padroni assoluti di ciò che troverete al di là del nemico. Nessuno vi punirà per ciò che farete, nessuno vi chiederà conto di ciò che prenderete”). Risulta invece che, dopo gli avvenimenti dolorosi cui ci riferiamo, comandanti ed ufficiali di queste truppe tentarono di correre ai ripari con alcuni casi di punizioni e soprattutto concedendo alle prime vittime qualche soccorso. Comunque, sia stato o meno tollerato, se non concesso, il fatto è che il saccheggio fu compiuto e le violenze ebbero luogo. Il primo paese del cassinate che le truppe marocchine incontrarono nell’aprile 1944 e la cui popolazione, di circa 600 abitanti, non fosse sfollata fu, se non erro, Esperia. I soldati fecero irruzione nelle case, depredarono, saccheggiarono, e le violenze innominabili furono compiute su uomini e donne. Perfino il parroco fu legato ad un albero e costretto ad assistere allo spettacolo. Poi anche di lui fu compiuto tale scempio che ne morì.</span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="-webkit-font-kerning: none; font-kerning: none;"><span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">Del resto, a Vallecorsa, non furono risparmiate neppure le suore dell’ordine del Preziosissimo Sangue. A Castro dei Volsci dai registri del comune risultano 42 gli uomini e le donne morti in quei mesi terribili. Come e perché morirono quei 42 cittadini? Ecco alcune informazioni. Molinari Veglia, una ragazza di 17 anni, è violentata sotto gli occhi della madre e poi uccisa con una fucilata; siamo in contrada Monte Lupino, il 27 maggio 1944. Rossi Elisabetta, di circa 50 anni, è sgozzata dai marocchini perché tenta di difendere le sue due figlie, rispettivamente di 17 e 18 anni: la madre muore e le figlie sono violentate; ciò accade in contrada Farneta. Anche Margherita Molinari, di 55 anni, tenta di salvare la figlia Maria, che ne ha 21: è uccisa con cinque fucilate al ventre! Il bambino Serapiglia Remo, di cinque anni, innocente testimone dei delitti che intorno a lui si compiono, dà fastidio: perciò viene lanciato in aria e lasciato ricadere, così che morrà entro le 24 ore successive per le lesioni riportate. Pare che la madre non abbia ancora ricevuto la pensione; ha altri otto figli e il marito è disoccupato.</span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="-webkit-font-kerning: none; font-kerning: none;"><span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">Ed ecco alcuni esempi di ciò che accadde a Pastena. La signora Anelli Elvira fu Giuseppe ha il braccio troncato da una scarica di mitra: essa morirà tubercolotica quattro anni dopo, ma certo le conseguenze della violenza subita nell’aprile del 1944 ne hanno affrettato la fine.</span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="-webkit-font-kerning: none; font-kerning: none;"><span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">Antonini Giuseppe fu Francesco viene ucciso dai marocchini in contrada Santa Croce e nessuno sa dove sia stato sepolto, perché il cadavere è portato via immediatamente dai francesi. Giuseppe Faiola fu Marco è ucciso dai marocchini in contrada Cerviso. A Vallecorsa, Luigi Mauri fu Martino muore il 26 maggio 1944 in contrada Lisano nel tentativo di difendere l’onore della moglie Lauretti Assunta e delle sue quattro figliole. Ancora a Vallecorsa Antonbenedetto Augusto fu Cesare cade il 25 maggio 44, in contrada Visano per difendere l’onore della moglie Nardoni Margherita.</span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="-webkit-font-kerning: none; font-kerning: none;"><span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">Cade anche Papa Vittorio di Alessandro il 25 maggio 1944, in contrada Santa Lucia, avendo osato difendere la moglie Di Girolamo Rosina di Augusto, ma prima di essere ucciso è egli stesso seviziato. Sacchetti Antonio fu Michele, Sacchetti Eugenio fu Michele, Sacchetti Eugenio fu Vincenzo, Sacchetti Gabriele di Agostino sono bastonati a sangue perché osano difendere l’onore delle rispettive mogli, sorelle, madri; alla fine si ribellano e un marocchino viene ucciso: quali rappresaglie vengano inflitte è facile immaginare.</span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="-webkit-font-kerning: none; font-kerning: none;"><span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">Fatti analoghi a quelli che ho citato accadono a Pontecorvo, a Sant’Angelo, a San Giorgio a Liri, a Pignatara Intermagna, a Caccano: almeno in una trentina di paesi delle province di Frosinone e di Latina, percorse dalle truppe marocchine. Quante donne abbiano subito violenza da parte delle truppe marocchine nessuno sa con esattezza né forse si saprà mai.</span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="-webkit-font-kerning: none; font-kerning: none;"><span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">Quello che noi possiamo però rilevare dai dati che sono a nostra conoscenza è che in maggioranza si tratta di donne vecchie, anzi vecchissime, come quelle di Agata Baris, nata nel 1882, e come molte altre, con cui ho avuto io stessa occasione di parlare, che oggi hanno 70-75 ed anche 80 anni. L’età avrebbe dovuto costituire una difesa per queste donne, o almeno così esse ritenevano. Infatti alcune non pensarono neppure di mettersi in salvo, anzi, convinte che sarebbero state rispettate, affrontarono esse stesse i marocchini per dar tempo alle giovani di nascondersi, di scappare, di rifugiarsi su, tra le montagne. Invece furono seviziate e violentate, come per esempio quella Emanuela Valente della borgata Santangelo, che oggi conta 70 anni, che ebbe i polsi fratturati.</span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="-webkit-font-kerning: none; font-kerning: none;"><span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">Già nello sbarco in Sicilia le truppe marocchine al seguito degli Alleati si erano rese protagoniste di violenze sulle donne. Ma a Capizzi (Messina) la popolazione locale si vendicò ammazzando a roncolate, evirando e dando i pasto ai maiali i colpevoli, col benestare degli anglo-americani.</span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="-webkit-font-kerning: none; font-kerning: none;"><span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">Il Vaticano chiese e ottenne che i Goumiers non entrassero a Roma. Non andò bene invece ai senesi, nella cui provincia i reparti maghrebini si resero di nuovo protagonisti di violenze dopo aver scacciato i nazisti verso nord.</span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="-webkit-font-kerning: none; font-kerning: none;"><span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">Qui ricominciarono le violenze a Siena, ad Abbadia S. Salvatore, Radicofani, Murlo, Strove, Poggibonsi, Elsa, S. Quirico d’Orcia, Colle Val d’Elsa. Perfino membri della Resistenza dovettero subire gli abusi. Come testimonia il partigiano rosso Enzo Nizza: “Ad Abbadia contammo ben sessanta vittime di truci violenze, avvenute sotto gli occhi dei loro familiari. Una delle vittime fu la compagna Lidia, la nostra staffetta. Anche il compagno Paolo, avvicinato con una scusa, fu poi violentato da sette marocchini. I comandi francesi, alle nostre proteste, risposero che era tradizione delle loro truppe coloniali ricevere un simile premio dopo una difficile battaglia”.</span></span></div>La CGIL nel novecentohttp://www.blogger.com/profile/15900637309511679009noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8450692081152841565.post-23920144395752825072020-06-16T00:49:00.000-07:002020-06-16T00:49:09.337-07:00Buon compleanno FIOM - di Ilaria Romeo<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="-webkit-font-kerning: none;"><span style="font-family: Times, Times New Roman, serif;">Il 16 giugno 1901, a Livorno, ha inizio il Congresso costitutivo della Fiom.</span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px; text-align: justify;">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif;"><span style="font-kerning: none;"></span><br /></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="font-kerning: none;"><span style="font-family: Times, Times New Roman, serif;">“Alle ore 9 e mezzo di stamani, dalla sede della Camera del lavoro, preceduti dalla bandiera sociale, si partirono i delegati delle varie sedi venuti a Livorno per prender parte al primo Congresso nazionale degli operai metallurgici” si legge su «Gazzetta livornese» del giorno.</span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px; text-align: justify;">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif;"><span style="font-kerning: none;"></span><br /></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="font-kerning: none;"><span style="font-family: Times, Times New Roman, serif;">Giunti da ogni parte d’Italia, i delegati presenti nella sede della Fratellanza artigiana della città toscana, rappresentano 40 sezioni (altre 18 avevano inviato la propria adesione) e più di 18mila iscritti.</span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px; text-align: justify;">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif;"><span style="font-kerning: none;"></span><br /></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="font-kerning: none;"><span style="font-family: Times, Times New Roman, serif;">A tenere la relazione morale e finanziaria del «Comitato centrale di Propaganda» è chiamato l’operaio Aristide Becucci, mentre il primo segretario eletto è Ernesto Verzi, 29 anni, nato a Firenze, ma residente a Roma dove svolge l’attività di incisore di metalli (dimissionario sarà sostituito nove anni dopo da Bruno Buozzi).</span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px; text-align: justify;">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif;"><span style="font-kerning: none;"></span><br /></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="font-kerning: none;"><span style="font-family: Times, Times New Roman, serif;">Recita il primo articolo dello Statuto: “Con deliberato del I Congresso nazionale tenutosi a Livorno il 16 giugno 1901 è dichiarata costituita la Federazione italiana fra gli operai metallurgici (Fiom) o facenti parte delle Sezioni annesse alla Federazione”.</span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px; text-align: justify;">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif;"><span style="font-kerning: none;"></span><br /></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="font-kerning: none;"><span style="font-family: Times, Times New Roman, serif;">Nel primo Congresso dopo la guerra la Fiom conta 47.192 iscritti e 102 sezioni.</span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px; text-align: justify;">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif;"><span style="font-kerning: none;"></span><br /></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="font-kerning: none;"><span style="font-family: Times, Times New Roman, serif;">Meno di un anno dopo, il 20 febbraio 1919, la Federazione firma con la Confederazione degli industriali un accordo per la riduzione di orario a 8 ore giornaliere e 48 settimanali (l’accordo prevede tra l’altro il riconoscimento delle Commissioni interne e la loro istituzione in ogni fabbrica; la nomina di una Commissione per il miglioramento della legislazione sociale e di un’altra per studiare la riforma delle paghe e del carovita).</span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px; text-align: justify;">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif;"><span style="font-kerning: none;"></span><br /></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="font-kerning: none;"><span style="font-family: Times, Times New Roman, serif;">Recita tra l’altro l’accordo: “Con l’approvazione avvenuta del Regolamento unico per tutte le Officine meccaniche, navali e affini, l’orario di lavoro viene ridotto rispettivamente da 55, 60 a 48 settimanali come indicato dall’art. 6 del Regolamento stesso. Per gli stabilimenti siderurgici tale orario viene ridotto da 72 a 48 ore, con l’adozione dei tre turni, come stabilito dall’art. 6 del Regolamento unico per gli stabilimenti stessi. Tali orari dovranno essere attuati non oltre il 1° maggio per le officine meccaniche, navali ed affini e non oltre il 1° luglio per gli stabilimenti siderurgici”.</span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px; text-align: justify;">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif;"><span style="font-kerning: none;"></span><br /></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="font-kerning: none;"><span style="font-family: Times, Times New Roman, serif;">Con il Regio Decreto 692 del 1923 (poi convertito nella legge 473 del 17 aprile 1925) l’orario di lavoro massimo di 8 ore giornaliere o 48 settimanali viene esteso a tutte le categorie (lo stesso provvedimento si preoccupava di fissare dei limiti anche al lavoro straordinario, rispettivamente in 2 ore giornaliere e 12 ore settimanali).</span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px; text-align: justify;">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif;"><span style="font-kerning: none;"></span><br /></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="font-kerning: none;"><span style="font-family: Times, Times New Roman, serif;">Con gli accordi di Palazzo Vidoni del 2 ottobre 1925, Confindustria e sindacato fascista si riconoscono reciprocamente quali unici rappresentanti di capitale e lavoro, abolendo le Commissioni interne. La sanzione ufficiale arriva con la legge n. 563 del 3 aprile 1926, che riconosce giuridicamente il solo sindacato fascista – l’unico a poter firmare i contratti collettivi nazionali di lavoro -, istituisce una speciale magistratura per la risoluzione delle controversie di lavoro, cancella il diritto di sciopero. Il 4 gennaio 1927, in seguito ai provvedimenti emessi dal fascismo, il vecchio gruppo dirigente della Cgdl decide l’autoscioglimento dell’organizzazione.</span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px; text-align: justify;">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif;"><span style="font-kerning: none;"></span><br /></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="font-kerning: none;"><span style="font-family: Times, Times New Roman, serif;">Sei mesi dopo la proclamazione della Repubblica, nel dicembre 1946, la Fiom tiene il suo IX Congresso e la Federazione italiana operai metallurgici diventa Federazione impiegati operai metallurgici raggiungendo 638.697 iscritti (il simbolo assume la sua configurazione attuale: l’incudine sparisce, alla ruota dentata – industria meccanica -, al martello – metallurgia – e al compasso – lavoro tecnico o di progettazione -, si aggiungono la penna – lavoro impiegatizio – e la sigla Fiom).</span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px; text-align: justify;">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif;"><span style="font-kerning: none;"></span><br /></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="font-kerning: none;"><span style="font-family: Times, Times New Roman, serif;">Le conclusioni del Congresso saranno affidate a Giuseppe Di Vittorio che all’inizio del suo intervento presenterà a nome della Cgil la candidatura a segretario generale di Giovanni Roveda, all’epoca sindaco di Torino, ratificata dal nuovo Comitato centrale.</span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px; text-align: justify;">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif;"><span style="font-kerning: none;"></span><br /></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="font-kerning: none;"><span style="font-family: Times, Times New Roman, serif;">A Roveda seguiranno nell’ordine Agostino Novella, Luciano Lama, Piero Boni, Bruno Trentin, Pio Galli, Sergio Garavini, Angelo Airoldi, Fausto Vigevani, Claudio Sabattini, Gianni Rinaldini, Maurizio Landini e Francesca Re David, prima donna alla guida delle tute blu in più di cento anni di storia.</span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px; text-align: justify;">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif;"><span style="font-kerning: none;"></span><br /></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="font-kerning: none;"><span style="font-family: Times, Times New Roman, serif;">Quattro di loro diventeranno segretario generale della Cgil nazionale (il numero sale a sei se di considerano Antonio Pizzinato e Susanna Camusso, segretario generale della Fiom milanese il primo, segreteria nazionale la seconda).</span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px; text-align: justify;">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif;"><span style="font-kerning: none;"></span><br /></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="font-kerning: none;"><span style="font-family: Times, Times New Roman, serif;">Ricordare oggi la nascita della Fiom non serve soltanto per una indispensabile operazione della memoria.</span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px; text-align: justify;">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif;"><span style="font-kerning: none;"></span><br /></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="font-kerning: none;"><span style="font-family: Times, Times New Roman, serif;">Vuole essere un modo per dire grazie ai tanti lavoratori ed alle tante lavoratrici che nei mesi passati hanno permesso all’Italia di andare avanti nella produzione e nei consumi.</span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px; text-align: justify;">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif;"><span style="font-kerning: none;"></span><br /></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="font-kerning: none;"><span style="font-family: Times, Times New Roman, serif;">Un modo per dire grazie a quegli operai troppo spesso dimenticati, che hanno continuato a lavorare nonostante le preoccupazioni e la paura. La paura non tanto di andare al lavoro ma di tornare a casa dai propri familiari ed esporli al rischio, remoto o meno che fosse, di contagio.</span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px; text-align: justify;">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif;"><span style="font-kerning: none;"></span><br /></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="-webkit-font-kerning: none;"><span style="font-family: Times, Times New Roman, serif;">Non dimenticheremo abbiamo detto non più di un paio di mesi fa, bene, non dimentichiamo!</span></span></div>
La CGIL nel novecentohttp://www.blogger.com/profile/15900637309511679009noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8450692081152841565.post-13490481749560057962020-06-15T06:38:00.005-07:002020-06-15T06:38:52.910-07:0010 cose che non avremmo voluto sapere su Indro Montanelli - di Ilaria Romeo<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="-webkit-font-kerning: none;"><span style="font-family: Georgia, Times New Roman, serif;"><b>1.</b> “Faticai molto a superare il suo odore dovuto al sego di capra di cui erano intrisi i suoi capelli - dice a proposito della sua piccola ‘sposa’ Destà nel 2000 - e ancor di più a stabilire con lei un rapporto sessuale perché era fin dalla nascita infibulata: il che, oltre a opporre ai miei desideri una barriera pressoché insormontabile (ci volle, per demolirla, il brutale intervento della madre), la rendeva del tutto insensibile”.</span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px; text-align: justify;">
<span style="font-family: Georgia, Times New Roman, serif;"><span style="font-kerning: none;"></span><br /></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="font-kerning: none;"><span style="font-family: Georgia, Times New Roman, serif;"><b>2.</b> “Non si sarà mai dei dominatori, se non avremo la coscienza esatta di una nostra fatale superiorità. Coi negri non si fraternizza. Non si può, non si deve. Almeno finché non si sia data loro una civiltà. […] Questa guerra è per noi come una bella lunga vacanza dataci dal Gran Babbo (Mussolini <i>ndr</i>) in premio di tredici anni di scuola. E, detto fra noi, era ora. Nessuno di noi si augura che la guerra finisca, abbiamo un solo desiderio: continuare!”, scrive sulla <i>Civiltà Fascista</i>, nel 1936 (la guerra di Montanelli durerà solo fino a dicembre: ferito sarà costretto ad abbandonare i combattimenti).</span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px; text-align: justify;">
<span style="font-family: Georgia, Times New Roman, serif;"><span style="font-kerning: none;"></span><br /></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="font-kerning: none;"><span style="font-family: Georgia, Times New Roman, serif;"><b>3.</b> Sull’uso, rimosso per decenni, delle armi chimiche letali durante la guerra d’Etiopia, Montanelli si attestò tenacemente su una linea negazionista. Alla fine, dopo che il governo Dini nel 1995-96, chiarì definitivamente modalità e dimensioni del ricorso agli aggressivi chimici, dovette chiedere scusa.</span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px; text-align: justify;">
<span style="font-family: Georgia, Times New Roman, serif;"><span style="font-kerning: none;"></span><br /></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="font-kerning: none;"><span style="font-family: Georgia, Times New Roman, serif;"><b>4.</b> “Capitano, è una sentenza insensata”, scrive a Priebke - criminale di guerra tedesco, agente della Gestapo e capitano delle SS durante la seconda guerra mondiale - nel 1996, “Da vecchio soldato, e sia pure di un Esercito molto diverso dal Suo, so benissimo che Lei non poteva fare nulla di diverso da ciò che ha fatto […] Auguri, signor Capitano”. </span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px; text-align: justify;">
<span style="font-family: Georgia, Times New Roman, serif;"><span style="font-kerning: none;"></span><br /></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="font-kerning: none;"><span style="font-family: Georgia, Times New Roman, serif;"><b>5.</b> Informandola della formazione di un’organizzazione paramilitare in funzione anticomunista e chiedendole di garantire l’aiuto dell’esercito americano in termini di armi, flotta e aviazione, scriveva Montanelli all’ambasciatrice statunitense Clare Booth Luce nel 1954: “Se alle prossime elezioni un Fronte Popolare comunque costituito raggiungesse la maggioranza. Scelba cosa farebbe? Consegnerebbe il potere, e sarebbe la fine… Qualunque uomo di governo, oggi, anche non democristiano, si arrenderebbe per totale impossibilità di compiere un colpo di Stato… La polizia e l’esercito sono inquinati di comunismo. I carabinieri senza il Re, hanno perso di ogni mordente. E in tutto il paese non c’è una forza capace di appoggiare l’azione di un uomo risoluto. Noi dobbiamo creare questa forza. Non si può sbagliare guardando la storia del nostro paese, che è quella di un sopruso imposto da una minoranza di centomila bastonatori. Le maggioranze in Italia non hanno mai contato: sono sempre state al rimorchio di questo pugno di uomini che ha fatto tutto con la violenza, l’unità d’Italia, le sue guerre e le sue rivoluzioni. Questa minoranza esiste ancora e non è comunista […] Di fronte a questa realtà, mi trovo in questo dilemma: difendere la Democrazia fino ad accettare, per essa, la morte dell’Italia; o difendere l’Italia fino ad accettare, o anche affrettare, la morte della Democrazia? La mia scelta è fatta”.</span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px; text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="font-kerning: none;"><span style="font-family: Georgia, Times New Roman, serif;"><b>6. </b>“È bastato in Italia un colpo di piccone alle case chiuse per far crollare l’intero edificio, basato su tre fondamentali puntelli: la Fede cattolica, la Patria e la Famiglia. Perché era nei cosiddetti postriboli che queste tre istituzioni trovavano la loro più sicura garanzia”, scriveva in <i>Addio Wanda</i>, pubblicato nel 1958 in opposizione alla legge Merlin.</span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px; text-align: justify;">
<span style="font-family: Georgia, Times New Roman, serif;"><span style="font-kerning: none;"></span><br /></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="font-kerning: none;"><span style="font-family: Georgia, Times New Roman, serif;"><b>7.</b> “Ah! La Sicilia! - afferma nel febbraio 1960 in un’intervista rilasciata alla prestigiosa rivista francese <i>Le Figaro Letteraire</i> - Voi avete l’Algeria, noi abbiamo la Sicilia. Ma voi non siete obbligati a dire agli algerini che sono francesi. Noi, circostanza aggravante, siamo obbligati ad accordare ai siciliani la qualità di italiani”. </span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px; text-align: justify;">
<span style="font-family: Georgia, Times New Roman, serif;"><span style="font-kerning: none;"></span><br /></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="font-kerning: none;"><span style="font-family: Georgia, Times New Roman, serif;"><b>8.</b> Spalleggiato da Giorgio Bocca, darà alla giornalista de <i>l’Unità</i> Tina Merlin, che denunciava le colpe umane nel disastro del Vajont (9 ottobre 1963) della “sciacalla”. Farà ammenda due volte, nel 1997 e nel 1998, dalla sua <i>Stanza</i> sul <i>Corriere</i>, confessando due colpe gravi: di essere arrivato sul posto senza sapere niente della diga e di aver preso una posizione totalmente ideologica a favore dell’azienda responsabile, la Sade, soltanto perché contrario alla nazionalizzazione dell’energia elettrica. </span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px; text-align: justify;">
<span style="font-family: Georgia, Times New Roman, serif;"><span style="font-kerning: none;"></span><br /></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="font-kerning: none;"><span style="font-family: Georgia, Times New Roman, serif;"><b>9. </b>In un cablogramma dal titolo “Montanelli vede in arrivo il sangue”, i diplomatici Usa riferiscono nel 1978 a Washington quelle che definiscono le “tattiche” del giornalista: ricattare i Dc pronti a fare concessioni ai comunisti ed affondare Berlinguer per far tornare il Pci alla linea dura. Tornando alla linea dura, il passo successivo sarebbe un conflitto civile, in cui il Pci verrebbe distrutto. Forse - afferma il giornalista - l’Italia avrebbe una democrazia del tipo di Pinochet. Quella sarebbe una prospettiva infernale, ma meglio che un governo con il Pci.</span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px; text-align: justify;">
<span style="font-family: Georgia, Times New Roman, serif;"><span style="font-kerning: none;"></span><br /></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="-webkit-font-kerning: none;"><span style="font-family: Georgia, Times New Roman, serif;"><b>10.</b> Sul <i>Giornale</i> del 24 ottobre 1980 Montanelli scriveva di aver saputo, undici anni prima, cioè subito dopo la strage di Piazza Fontana, che Pinelli, informatore della polizia, aveva confidato al commissario Calabresi il fatto che gli anarchici stavano preparando “qualcosa di grosso”. Poi, quando Calabresi che ovviamente aveva registrato tutto, gli aveva fatto sentire il nastro, Pinelli, non resistendo all’idea che i suoi compagni lo qualificassero come delatore, si sarebbe gettato dalla finestra.</span></span></div>
La CGIL nel novecentohttp://www.blogger.com/profile/15900637309511679009noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8450692081152841565.post-17071039444044355932020-06-11T10:08:00.000-07:002020-06-14T09:28:00.957-07:00Una storia 'reale' - di Ilaria Romeo<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">Il 13 giugno 1946, 11 giorni dopo il referendum costituzionale sulla scelta fra monarchia e repubblica, Umberto II di Savoia, luogotenente generale del Regno d’Italia dal 1944 al 1946 e ultimo re d’Italia dal 9 maggio 1946 al 10 giugno dello stesso anno, lascia l’Italia.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">Come meta per l’esilio sceglie il Portogallo. Le nazioni confinanti con l’Italia non lo avrebbero probabilmente accolto, e il re voleva evitare la Spagna dove Franco era salito al potere anche grazie all’Italia fascista. In Portogallo, inoltre, era stato in esilio anche il suo trisnonno, il re Carlo Alberto, morto a Porto nel 1849.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">Con l’entrata in vigore della Costituzione repubblicana il 1º gennaio 1948 l’esilio di Umberto II di Savoia acquista forza di legge costituzionale, essendo previsto dal primo capoverso della XIII disposizione finale e transitoria («I membri e i discendenti di Casa Savoia non sono elettori e non possono ricoprire uffici pubblici né cariche elettive. Agli ex re di Casa Savoia, alle loro consorti e ai loro discendenti maschi sono vietati l'ingresso e il soggiorno nel territorio nazionale. I beni, esistenti nel territorio nazionale, degli ex re di Casa Savoia, delle loro consorti e dei loro discendenti maschi, sono avocati allo Stato. I trasferimenti e le costituzioni di diritti reali sui beni stessi, che siano avvenuti dopo il 2 giugno 1946, sono nulli»).</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">Già nel maggio del 1946, dopo aver abdicato in favore del figlio Umberto, Vittorio Emanuele e la regina Elena di Montenegro avevano lasciato l’Italia riparando in Egitto, accolti dall’amico re Faruk.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">Solo nel 2017 le loro salme rientreranno in Italia.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">Il nome di Vittorio Emanuele III è tristemente legato alla firma, nel 1938, delle leggi razziali volute dal governo Mussolini al quale di fatto Vittorio Emanuele apre la porta delle istituzioni e con il cui partito il sovrano ebbe da principio un rapporto molto ambiguo. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">L’altra grande responsabilità che la storia attribuisce al re soldato è quella di essere fuggito da Roma nella notte tra l’8 e il 9 settembre 1943 alla volta di Brindisi, città libera dai tedeschi e non occupata dagli angloamericani, senza aver dato disposizioni all'esercito finito così allo sbando. La fuga provocò in dieci giorni dure rappresaglie tedesche contro l’esercito italiano che in dieci giorni perse 20mila uomini. Altri 800mila soldati vennero fatti prigionieri. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">Il divieto di rientro dei Savoia in Italia cesserà solo nel 2002 a seguito di una legge di revisione costituzionale (la prima proposta di legge per abrogare tutti e tre i comma della disposizione transitoria era stata presentata nel 1979 dal Msi).</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">E’ di questi giorni la notizia di una discesa nel campo della politica dell’ultimo erede della casa Emanuele Filiberto.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">Una notizia curiosamente anticipata - per gioco? Ne siamo proprio certi? -, qualche mese fa.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">Nel novembre scorso la finta discesa in campo di Emanuele Filiberto di Savoia, lanciata su Twitter per promuovere la terza stagione delle serie di Netflix The Crown (“Buonasera a tutti gli italiani. Ho il dovere di annunciare ufficialmente il ritorno della famiglia reale. È tempo di tornare a respirare la tranquillità, la fiducia e l’eleganza di cui abbiamo bisogno, oggi più che mai”), scatenò il popolo del social.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">Alla domanda se ritenesse il messaggio irrispettoso per la storia della Repubblica italiana ha risposto ‘il principe’: “Cosa c’entra con la storia della Repubblica italiana tutto questo? Queste persone non devono dimenticare che se si chiama Repubblica italiana è perché una persona, che si chiama Vittorio Emanuele II, che ha unificato questo magnifico Paese e ne ha fatto l’Italia. Si leggono cose veramente… qualche volta mi chiedo se le persone parlano senza riflettere. Dal 1946 c’è stata una rivisitazione della storia abbastanza preoccupante”.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">“Considerando tutte le persone che, nei commenti, si sono espresse favorevolmente - ha aggiunto Emanuele Filiberto - alle elezioni forse saremmo arrivati quasi al 20% di voti. Ci sarebbe un 20% di popolazione che non sarebbe contraria non dico al ritorno della Monarchia, ma a qualcosa di nuovo. Questo dovrebbe far riflettere chi oggi prova a governarci”.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">Questo probabilmente ha fatto riflettere lui che, forse anche ingolosito dagli apprezzamenti virtuali, ha oggi deciso di scendere in campo.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">“La fase di confinamento, assieme al drammatico momento in cui sta vivendo il Paese, mi ha dato una spinta in più per lanciare il progetto dove voglio mettere insieme persone di altissimo livello che l’Italia ha per tracciare un percorso utile al mio Paese”, ha affermato l’erede preannunciando il progetto “Più Italia” .</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">Che dire? Avanti Savoia? Forse visti i precedenti sarebbe augurabile di no….</span></div>
La CGIL nel novecentohttp://www.blogger.com/profile/15900637309511679009noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8450692081152841565.post-79079808133484375272020-06-11T01:15:00.002-07:002020-06-11T01:16:15.591-07:00Uomini piccoli piccoli - di Ilaria Romeo<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">Sulla scia di quanto avvenuto a Bristol dopo la morte di George Floyd, dove è stata abbattuta la statua che rappresentava il mercante di schiavi Edward Colston, dagli Stati Uniti all’Europa si diffondono le richieste di rimozione o atti di deturpamento dei monumenti che rimandano alla supremazia razziale. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">Nella rivolta contro i simboli della colonizzazione e dello schiavismo è finita anche la statua di Indro Montanelli a Milano.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">“A Milano - hanno scritto in una lettera aperta al sindaco Sala ‘i Sentinelli’ sulla loro pagina Facebook - ci sono un parco e una statua dedicati a Indro Montanelli, che fino alla fine dei suoi giorni ha rivendicato con orgoglio il fatto di aver comprato e sposato una bambina eritrea di dodici anni perché gli facesse da schiava sessuale, durante l'aggressione del regime fascista all’Etiopia. Noi riteniamo che sia ora di dire basta a questa offesa alla città e ai suoi valori democratici e antirazzisti e richiamiamo l’intero consiglio a valutare l’ipotesi di rimozione della statua, per intitolare i Giardini Pubblici a qualcuno che sia più degno di rappresentare la storia e la memoria della nostra città Medaglia d’Oro della Resistenza. Dopo la barbara uccisione di George Floyd a Minneapolis le proteste sorte spontaneamente in ogni città con milioni di persone in piazza e l’abbattimento a Bristol della statua in bronzo dedicata al mercante e commerciante di schiavi africani Edward Colston da parte dei manifestanti antirazzisti di Black Lives Matter richiamiamo con forza ogni amministrazione comunale a ripensare ai simboli del proprio territorio e a quello che rappresentano”. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">Se il Consiglio comunale meneghino al momento tace, sulla vicenda è invece intervenuto il leader della Lega Matteo Salvini dichiarando: “Giù le mani dal grande Indro Montanelli! Che vergogna la sinistra, viva la libertà”.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">Ma Indro Montanelli era veramente ‘grande’? E che cos’era, realmente, quel madamato del quale lo scrittore sembrava non vergognarsi neanche un po’?</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">Il termine madamato designava, inizialmente in Eritrea e successivamente nelle altre colonie italiane, una relazione temporanea more uxorio tra un cittadino italiano (soldati prevalentemente, ma non solo) ed una donna nativa delle terre colonizzate, chiamata in questo caso madama (molto meno di una moglie e poco più che una schiava).</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">Una forma di contratto sociale segnata dal dominio autoritario dell’uomo sulla donna, del colonizzatore sull’indigeno, dell’adulto sul bambino.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">Usuale era infatti la pratica di scegliere come ‘spose’ bambine vergini - strappate alle famiglie - anche per avere una minore possibilità di contrarre malattie veneree.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">Raccontava Indro Montanelli in una intervista rilasciata a Enzo Biagi per la Rai nel 1982: “Aveva dodici anni, ma non mi prendere per un Girolimoni, a dodici anni quelle lì erano già donne. L’avevo comprata a Saganeiti assieme a un cavallo e un fucile, tutto a 500 lire. Era un animalino docile, io le misi su un tucul con dei polli. E poi ogni quindici giorni mi raggiungeva dovunque fossi insieme alle mogli degli altri ascari. Arrivava anche questa mia moglie, con la cesta in testa, che mi portava la biancheria pulita”.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">L’episodio era già stato rievocato in precedenza durante il programma di Gianni Bisiach L’ora della verità: “Pare che avessi scelto bene - raccontava nell’occasione Montanelli - era una bellissima ragazza, Milena, di dodici anni. Scusate, ma in Africa è un’altra cosa. L’avevo regolarmente sposata, nel senso che l’avevo comprata dal padre”.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">“La comprai assieme a un cavallo e a un fucile - continua nel suo aberrante racconto il giornalista - il tutto per 500 lire. Lei era un animalino docile. Quando me ne andai la cedetti al generale Pirzio Biroli, un vecchio coloniale che era abituato ad avere il suo piccolo harem, a differenza di me che ero monogamo perché non potevo consentirmi grandi lussi”.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">“Faticai molto a superare il suo odore dovuto al sego di capra di cui erano intrisi i suoi capelli - aggiunge un evidentemente mai pentito Montanelli nel 2000 - e ancor di più a stabilire con lei un rapporto sessuale perché era fin dalla nascita infibulata: il che, oltre a opporre ai miei desideri una barriera pressochè insormontabile (ci volle, per demolirla, il brutale intervento della madre), la rendeva del tutto insensibile”.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">Recita un incartamento della Corte d’Appello di Addis Abeba del 31 gennaio 1939: “Nel caso di un nazionale quale confessi di aver preso con sé un’indigena, di averla portata con sé nei vari trasferimenti, di volerle bene, di averla fatta sempre a mangiare e dormire con sé, di avere consumato con essa tutti i suoi risparmi, di avere fatto regali ad essa e alla di lei madre, di averle fatto cure alle ovaie affinché potesse avere un figlio, di avere preso un’indigena al suo servizio, di avere preparato una lettera a S.M. il Re Imperatore per ottenere l’autorizzazione a sposare l’indigena o almeno a convivere con lei, si verifica un fenomeno quanto mai macroscopico di insabbiamento, perché qui non è il bianco che ambisce sessualmente la venere nera e la tiene a parte per tranquillità di contatti agevoli e sani, ma è l’animo dell’italiano che si è turbato ond’é tutto dedito alla fanciulla nera sì da elevarla al rango di compagna di vita e partecipe ed ogni atteggiamento anche non sessuale della propria vita. È pertanto opportuno comminare la pena, sebbene sia un incensurato, in misura che non renda possibile la condanna condizionale perché è tale e tanta l’ubriacatura del colpevole che tornerebbe a convivere con l’indigena ove lo si scarcerasse. In concreto va inflitto un anno e un mese di reclusione, bastevoli a snebbiare il cervello dell’italiano e a disperdere la femmina in cento altri contatti che la diminuiscano di pregio per il nazionale e la vincolino a nuovi interessi e forse a nuovi interessati affetti”.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">“Non si verifica madamismo - specificava la medesima Corte il 14 marzo 1939 - nel caso di un nazionale che, assunta come domestica una donna indigena, la tenga in casa con un centinaio di lire mensili per salario, e se ne serva sessualmente, giacendo con lei tutte le volte che ne senta il bisogno, raccomandandole di non concedere altrui favori, ad evitare contagi lei, contaminazioni lui, ma dopo quaranta giorni circa, sente di sbandare da quelli che sono i doveri razziali di ogni buon italiano e si disfa della donna. Non vi fu comunanza di letto, non di mensa, sebbene prestazioni sessuali continuate ed esclusive, ma non per un periodo di tempo che autorizzi si dica formata una costanza e duraturità di rapporti tale da tramutare l’uso fisiologico del sesso in relazione coniugale”.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">Oltre alla schiavitù sessuale, alle morti delle bambine a causa delle violenze sessuali, o per complicazioni durante le gravidanze ed il parto, tutto questo produrrà un’altra atrocità non secondaria: il triste destino dei figli nati dagli abusi, “meticci” non riconosciuti dai padri la cui unica sorte era quella di essere abbandonati.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">Che dire Matteo, Indro Montanelli è stato probabilmente un grande giornalista, hai ragione, ma allo stesso tempo era un uomo piccolo piccolo, del quale non andiamo fieri, neanche un po’.</span></div>
La CGIL nel novecentohttp://www.blogger.com/profile/15900637309511679009noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8450692081152841565.post-57937950944197516052020-06-10T07:17:00.000-07:002020-06-10T07:24:44.862-07:00Peppe Valarioti, insegnante precario, dirigente comunista ucciso dalla ‘ndrangheta - di Ilaria Romeo<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">Nel 1980 Giuseppe Valarioti è segretario di sezione del Partito comunista italiano di Rosarno e consigliere comunale. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">La sera dell’11 giugno ha appena terminato di cenare al ristorante La Pergola con i suoi compagni di partito per festeggiare la vittoria alle amministrative. Si tratta di un risultato inatteso dopo la sconfitta dell’anno precedente, un risultato importante raggiunto grazie ad una campagna elettorale impostata completamente sulla lotta alla ‘ndrangheta.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">I colpi sono esplosi dal buio. Peppe cade urlando nel suo dialetto. “Compagni. Mi hanno sparato”, dice quasi esanime tra le braccia dell’amico fraterno Peppino Lavorato, prima di una inutile, folle corsa all’ospedale. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">Ai funerali, scrive sul proprio profilo Facebook l’Associazione daSud, “Donne in lacrime. Decine e decine di persone che osservano, con partecipazione, dai balconi e dalle finestre del paese. Un serpentone di corone floreali nelle mani dei ragazzi. La sfilata dei gonfaloni dei comuni della Piana di Gioia Tauro. La banda musicale. I sindaci con la fascia tricolore. Le bandiere rosse che sventolano verso il cielo di Calabria. Un palco allestito in Piazza Calvario su cui sale Achille Occhetto. “Stai pur certo, Peppe, noi abbiamo capito il messaggio che viene dal tuo sacrificio”, le sue parole durante l’orazione funebre. Ed infine, triste colonna sonora di quel “funerale di massa”, i rintocchi delle campane che quel giorno suonano a lutto per tutti. Così Rosarno, la Calabria, l’Italia salutano il 12 giugno del 1980 Peppe Valarioti, insegnante precario, dirigente comunista ucciso dalla ‘ndrangheta".</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">Seguirà un processo fallito, con Giuseppe Pesce accusato dal pm Tuccio come mandante, ma assolto per insufficienza di prove. Qualche anno dopo, grazie alle rivelazioni del pentito Pino Scriva, emergerà il ruolo di altri due pericolosi ‘ndranghetisti, Giuseppe Piromalli e Sante Pisani, ma anche l’inchiesta bis non approderà a nulla e sarà archiviata per insufficienza di prove. Il Pci si era costituito parte civile nel processo di primo grado, ma, caso unico e raro, di quel processo non si celebrerà mai l’appello.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">A Peppe Valarioti, insegnate innamorato dell’archeologia e della sua terra, della musica, della letteratura e della politica, quella bella, quella pulita, è stata intitolata una delle piazze principali di Rosarno, a poche decine di metri dalla Casa del Popolo, vecchia sede del Pci, che porta il suo nome. Al centro della piazza, in anni più recenti, è stata collocata una scultura, opera dell’artista Maurizio Carnevali, che rappresenta la morte di Valarioti ed è dedicata a tutte le vittime di mafia. Il Comune di Rosarno, negli anni ’90 ha anche istituito un premio a lui intitolato assegnato nelle varie edizioni all’impegno antimafia e a quello sociale dimostrato da vari enti, personaggi e istituzioni.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">Diceva l’ex sindaco di Rosarno Giuseppe Lavorato nel 2010 all’auditorium del liceo scientifico di Rosarno per la commemorazione per i 30 anni dell’omicidio: “Se non c’è dubbio che le attività economiche presenti a Rosarno e nella Piana furono certamente il fine dell’assassinio, il fatto scatenante fu lo scontro politico che la mafia intese come sfida pericolosa per il suo prestigio, il suo potere, i suoi disegni”.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">Giovedì 11 giugno 2020, alle ore 12.00, a Gioia Tauro (Reggio Calabria), il Museo archeologico Mètauros, dedicherà allo studioso Giuseppe Valarioti, in occasione del quarantennale della sua scomparsa, la saletta conferenze del suo Museo.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">“Pantaloni di velluto - scrive ancora sul proprio profilo l’Associazione daSud - giacche con le toppe ai gomiti, occhiali neri. Nei panni dell’intellettuale Peppe ci sta bene. Con semplicità e spontaneità. Perché se c’è da vendemmiare o andare in campagna, vivere quei riti insieme alla sua famiglia è una festa a cui non si può rinunciare.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">Peppe è un comunista che sa entrare in relazione con tutti, comunicando con naturalezza. Parla con la gente che si spacca la schiena per arrivare a fine mese e con i baroni dell’università, con i giovani scolarizzati e con i vecchi contadini. In casa parla solo dialetto ma sua madre sa che quel figlio è capace di parlare come si parla “alla televisione”.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">E soprattutto, Peppe sa leggere la speranza negli sguardi dei bambini della sua terra anche quando la speranza non c’è, sbriciolata, giorno dopo giorno, dal potere della ‘ndrangheta”.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">La settimana successiva, il 19 giugno, verrà formalizzato il protocollo di intesa tra Filcams Calabria, Associazione daSud e Comune di Gioia Tauro per la realizzazione di ‘Casa Valarioti’, una struttura, nelle intenzioni dei promotori, che possa visibilmente essere strumento di impegno e di memoria, oltre che di opportunità e speranza per i calabresi. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">Casa Valarioti, nasce dove la ‘ndrangheta ha portato morte e distruzione, dove il lavoro ed i diritti vengono negati.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">L’idea di base è quella di dare vita ad un albergo che sia funzionale alle attività del luogo dov’è collocato e che quindi abbia un modello organizzativo improntato sulla legalità e sulla condivisione dei luoghi; che sia fruibile alle attività di ricezione, accoglienza, ristoro, formative e lavorative principalmente delle attività economiche e commerciali che ruotano intorno al Porto di Gioia Tauro.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">Un progetto ambizioso che ha bisogno di essere ideato e progettato attraverso il contributo di operatori economici, sociali e culturali e finanziato con il contributo di attività produttive, associazioni, organizzazioni e della collettività.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">Perché di Peppe Valarioti non ci resti solo il ricordo di un uomo che diceva ai suoi compagni “Se qualcuno pensa di intimidirci si sbaglia di grosso, i comunisti non si piegheranno mai”, ma una memoria viva che si traduca in impegno tocca a noi agire: il nostro dovere è non lasciare che la sua sia soltanto una storia da raccontare, ma rimanga un modello da seguire. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">Lui sacrificò la vita, a noi si chiede molto meno: lavoriamo per unire i lavoratori dove li vogliono dividere, per l’integrazione, per la difesa della democrazia e la completa attuazione della nostra Costituzione. Lavoriamo con la consapevolezza di servire una causa grande, una causa giusta. Lo dobbiamo a Peppe e a noi stessi.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">Lo dobbiamo a quella Calabria che “quando ci vai piangi due volte, quando arrivi e quando te ne vai”, a quella terra magica, bellissima, popolata da uomini e donne generosi, coraggiosi e presenti che in questa emergenza non ha fatto mancare, come sempre, il proprio contributo.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">Una terra meravigliosa che alla ‘ndrangheta ha detto e continuerà a dire sempre NO!</span></div>
La CGIL nel novecentohttp://www.blogger.com/profile/15900637309511679009noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8450692081152841565.post-82919277952051962212020-06-08T03:10:00.001-07:002020-06-08T03:12:59.546-07:00Giustizia e libertà, per questo morirono, per questo vivono - di Ilaria Romeo<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">I fratelli Carlo e Nello Rosselli vengono uccisi, molto probabilmente per ordine dei servizi segreti italiani, il 9 giugno 1937 a Bagnoles-de-l’Orne, località a nord della Francia, da alcuni militanti di un’organizzazione di estrema destra francese (mandanti del duplice omicidio furono Benito Mussolini, suo genero Galeazzo Ciano ed alcuni ufficiali del Servizio informazioni militari, come provato dall’istruttoria giudiziaria condotta a Roma nel 1944-45).</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">“Due grandi figure - nelle parole del presidente emerito della Repubblica Giorgio Napolitano - dell’antifascismo italiano, che con il loro coraggioso impegno civile e politico avevano chiamato in tutta Europa alla mobilitazione e alla lotta contro i regimi totalitari, contribuendo a restituire all’Italia la libertà e la democrazia”.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">Carlo e Nello Rosselli furono sepolti nel cimitero monumentale parigino di Père-Lachaise, ma nel 1951 i familiari ne traslarono le salme in Italia, nel Cimitero Monumentale di Trespiano a Firenze. Nello stesso cimitero sono sepolti Gaetano Salvemini, Ernesto Rossi, Piero Calamandrei e Spartaco Lavagnini. La loro tomba riporta il simbolo della spada di fiamma, emblema di GL, e l’epitaffio scritto da Calamandrei: «GIUSTIZIA E LIBERTÀ, PER QUESTO MORIRONO, PER QUESTO VIVONO».</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">I fratelli Rosselli si trovavano in Normandia perché Carlo vi soggiornava per ricevere cure termali, dopo essere andato in esilio per evitare le persecuzioni fasciste e aver combattuto nella Guerra civile spagnola (suo fratello Nello lo aveva raggiunto da poco, dopo aver ottenuto il passaporto).</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">Una vicenda in parte simile a quella del futuro segretario generale della Cgil Giuseppe Di Vittorio.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">Nel 1923, dopo la chiusura della Camera del lavoro di Bari, Peppino decide di trasferire la famiglia a Roma. Il 13 settembre 1925 lo arrestano. Scarcerato il 10 maggio 1926 non resta molto in libertà: subisce altri arresti che inducono il Partito comunista, cui ha aderito nel 1924, a farlo espatriare. All’estero Di Vittorio svolge un’attività intensissima. Dal 1928 al 1930 è in Unione Sovietica quale rappresentante della Confederazione del lavoro nell’internazionale sindacale. Poi è a Parigi, ove si dedica al lavoro di direzione della Confederazione del lavoro e all’attività di propaganda fra i lavoratori italiani in Francia. Nel 1936 è tra i primi a raggiungere la Spagna come combattente a difesa della repubblica. Rientrato a Parigi assume la direzione de La voce degli italiani, quotidiano degli antifascisti in Francia.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">Scriveva il 17 giugno (postdatato al 19, nell’uso dei settimanali) il periodico del Partito comunista d’Italia in esilio Il Grido del Popolo: “Oggi, mentre una folla di italiani e di amici francesi accompagneranno al Père-Lachaise i Martiri ROSSELLI (tra di essi anche Silvio Trentin, ndr), La Voce degli Italiani, il quotidiano che l’Unione Popolare Italiana e l’Associazione ex - combattenti hanno voluto creare, vedrà la luce per la prima volta e dirà agli italiani la parola della lotta per far trionfare la causa della libertà. La Voce degli Italiani ha anticipato le sue pubblicazioni (in realtà il periodico vedrà la luce solo il mese successivo, ndr). Il nemico non ci ha dato il tempo di preordinare con maggiore cura questa iniziativa, che è una delle più importanti e delle più audaci iniziative degli italiani emigrati. L’orribile assassinio dei fratelli Rosselli - due dei più nobili esponenti dell’antifascismo e della cultura italiana - ci impone con tragica urgenza di intensificare, di infiammare la grande battaglia in difesa del nostro popolo rovinato da un pugno di assassini ridotti ad una mostruosa politica di affamamento, di guerra e di provocazioni” (nello stesso numero non passa inosservato il ritorno sulla carta stampata di Giuseppe Di Vittorio, dopo un’assenza di alcune settimane, con un articolo dal titolo I precedenti del provocatore Zanatta confermano che l’assassinio dei fratelli Rosselli è stato compiuto dall’O.V.R.A. Persistendo le incomprensioni tra PCd’I e Giustizia e Libertà scriveva l’omonimo periodico qualche mese più tardi: “Per ciò che riguarda la commemorazione di Carlo Rosselli, noi avremmo voluto che ad essa partecipassero, come era giusto, tutti gli antifascisti, ché l’opera di Carlo Rosselli, pur identificandosi con il nostro movimento, lo oltrepassa per essere opera di tutto l’antifascismo. Proponemmo, perciò, al Comité d’Aide aux victimes du fascisme italien, organizzazione influenzata dai comunisti, di assumere esso l’iniziativa di una riunione in cui prendessero la parola i rappresentanti di tutte le correnti politiche italiane. Davanti al rifiuto di ammettere alla parola i rappresentanti degli anarchici e dei massimalisti, rifiuto che si sarebbe potuto anche prestare a ogni sorta di interpretazioni ingiuriose e di speculazioni fasciste, preferimmo riprendere l’iniziativa per nostro conto e commemorare noi, con spirito largo e unitario, Carlo Rosselli”).</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">Le strade di Giuseppe Di Vittorio e dei Fratelli Rosselli si incroceranno nuovamente molti anni dopo.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">Esattamente diciotto anni più tardi, il 2 novembre 1955, Firenze verrà tappezzata durante la notte da manifesti che, con intenti provocatori, accuseranno Giuseppe Di Vittorio di essere stato il mandante dell’assassinio. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">Della vasta riprovazione suscitata dal volgare attacco al segretario confederale si fa rà interprete Gaetano Salvemini con una lettera su Il Mondo. “Quel giornale murale -scrive Salvemini, fra l’altro professore di Nello nell’università del capoluogo toscano - è stato affisso dopo aver ottenuto il visto del signor questore di Firenze. Io presento ora al signor questore la seguente rispettosa domanda: se dei comunisti gli chiedessero il visto per un giornale murale in cui fosse affermato che Cesare Battisti fu impiccato da un boia che si chiamava Alcide De Gasperi, o che il ministro Scelba non può avere a tiro di mano una ragazza senza farle fare un figlio entro nove mesi, il sullodato signor questore darebbe l’autorizzazione?”.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">Ebbene, prosegue lo storico, “il comunista Di Vittorio non ha diritto di essere rispettato nel suo onore non meno di De Gasperi buonanima, e di Scelba, che Dio gli dia cent’anni di buona salute? Se vi fosse in Italia libertà di stampa incondizionata, cioè se ognuno potesse appiccicare sui muri i giornali murali che meglio crede, il questore di Firenze non ci entrerebbe né punto né poco. Nel caso in questione penseremmo noi, amici di Carlo e Nello Rosselli, o penserebbe Di Vittorio, a mettere le cose a posto […]. Ma in Italia la libertà di affissione non c’è; il questore deve dare il suo visto ai giornali murali […]. Ho aspettato che qualcuno protestasse prima di me e mi risparmiasse la fatica di scrivere questa lettera. Ma visto che nessuno si muove, consenti, caro Pannunzio, che almeno su Il Mondo qualcuno dia segno di vita”.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">L’indignazione pressoché generale per l’ennesimo nuovo esempio di malcostume politico costringe il ministro degli Interni a intervenire, facendo sequestrare il manifesto. Di Vittorio ringrazia Salvemini per il suo pungente intervento e ne segue tra i due uomini un affettuoso scambio di lettere. Così l’anziano antifascista risponde a una delle missive speditegli dal leader della Cgil: “Carissimo Di Vittorio, sono assai contento di apprendere dalla tua lettera che tu attendevi la mia sfuriata. Questo vuol dire che mi ritieni ancora vivo, sebbene io mi senta ormai più che quasi morto. Per scrivere bisogna che io sia preso da un eccesso epilettico, e questo ormai succede più raramente che ‘quando ero paggio del Duca di Norfolk’. Ma quella bricconata fiorentina mi avrebbe dato un attacco epilettico coi fiocchi anche se fossi stato morto e sotterrato. Tu dovevi disprezzare quelle sudicerie. Eravamo noi che dovevamo farci vivi. Ma siamo stati pochi a farci vivi!”.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">Ormai, a giudizio di Salvemini, nell’Italia del dopoguerra “nessuno più si sdegna di niente”. “Tutto - commenta rassegnato - passa liscio come una lettera alla posta. Questo è il fenomeno che più mi sgomenta oggi. Sì, il governo, quando vuole, può arginare il malcostume. Ma chi si muove per svegliarlo quando dorma? Voi vi muovete, ma vi muovete sempre, e nessuno bada a voi. Siamo noi che ci dobbiamo muovere, al momento opportuno. Ma noi ci guardiamo l’ombelico. Di quante cose mi piacerebbe parlare con te a cuore aperto! Ma i miei 82 anni mi incatenano qui: ad allontanarmene farei dei guai. Mille buoni saluti, e ti prego, non darmi del ‘Lei’. Non ho ancora fatto nessuna cattiva azione, a parte la mia ‘ideologia’” (Salvemini morirà a Sorrento il 6 settembre 1957. Nell’ottobre 1961 la salma sarà trasferita da Sorrento a Firenze. Nonostante l’antica ruggine, Trentin darà “la sua più calda adesione alla iniziativa promossa per onorare la memoria di Gaetano Salvemini”, definendosi onorato di far parte del comitato promotore e impegnandosi a partecipare alla cerimonia).</span></div>
La CGIL nel novecentohttp://www.blogger.com/profile/15900637309511679009noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8450692081152841565.post-51544112400900827202020-06-08T00:19:00.001-07:002020-06-08T00:19:26.196-07:00Per non dimenticare Adnan e Jerry, di Ilaria Romeo<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="-webkit-font-kerning: none;"><span style="font-family: Georgia, Times New Roman, serif;">Adnan Siddique era arrivato in Italia dal Pakistan 5 anni fa con la speranza di costruirsi un futuro migliore. A Caltanissetta, dove si era stabilito, lavorava come muratore. E’ stato ucciso il 3 giugno, a coltellate. La sua colpa era stata quella di aver preso le difese di un gruppo di braccianti connazionali vittime del caporalato. Qualche mese fa aveva accompagnato un bracciante a sporgere denuncia per non essere stato pagato e da allora aveva continuato a ricevere minacce, tutte denunciate. Finché non è stato ucciso. </span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px; text-align: justify;">
<span style="font-family: Georgia, Times New Roman, serif;"><span style="font-kerning: none;"></span><br /></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="font-kerning: none;"><span style="font-family: Georgia, Times New Roman, serif;">“L’uccisione, la sera del 3 giugno a Caltanissetta del pakistano Siddique Adnan è un fatto gravissimo, soprattutto se, come sembra, dietro l’omicidio ci sono i caporali cui lui si sarebbe opposto prendendo le difese di alcuni lavoratori. Si confermerebbe che nessuna provincia è immune dal caporalato. A questo punto la piena applicazione della legge 199/2016 diventa urgente, per garantire un corretto incrocio tra domanda e offerta di lavoro agricolo e avere finalmente strumenti fondamentali al reale contrasto al lavoro nero, allo sfruttamento e ai drammatici fenomeni di caporalato”. Lo scrivono in una nota congiunta i segretari della Flai Cgil Sicilia e i Caltanissetta, Tonino Russo e Giuseppe Randazzo. I due esponenti sindacali esprimono cordoglio per l’accaduto. “I lavoratori agricoli pakistani - scrivono - rappresentano il 10% del totale dei lavoratori stranieri, comunitari e non, nella provincia e nella sola città di Caltanissetta il 20% dei lavoratori agricoli, la comunità straniera più numerosa. Confidiamo nel lavoro degli organi inquirenti e delle forze dell’ordine e siamo fiduciosi che si possa arrivare alla verità - aggiungono - contribuendo a sradicare il fenomeno dello sfruttamento del lavoro agricolo diffuso nella provincia”. Russo e Randazzo ricordano che “la Flai porta avanti da tempo la battaglia contro il caporalato. “L’attuazione dei provvedimenti conquistati deve avere adesso un’accelerazione, a cominciare dalla istituzione delle sezioni Territoriali della rete del lavoro agricolo di qualità in tutte le province. Anche l’art. 103 del Decreto Rilancio, fortemente voluto dalla Flai, sulla regolarizzazione dei lavoratori stranieri impiegati in agricoltura - sottolineano- è uno strumento fondamentale per contrastare i ricatti dei datori di lavoro e dei caporali che si troveranno di fronte, finalmente, uomini e donne con pieni diritti e non braccia da sfruttare”.</span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px; text-align: justify;">
<span style="font-family: Georgia, Times New Roman, serif;"><span style="font-kerning: none;"></span><br /></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="font-kerning: none;"><span style="font-family: Georgia, Times New Roman, serif;">Una storia, quella di Adnan Siddique, tristemente simile a quella di Jerry Essan Masslo, rifugiato sudafricano di 29 anni, ucciso nella notte tra il 24 e il 25 agosto 1989 a Villa Literno.</span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px; text-align: justify;">
<span style="font-family: Georgia, Times New Roman, serif;"><span style="font-kerning: none;"></span><br /></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="font-kerning: none;"><span style="font-family: Georgia, Times New Roman, serif;">Quasi al termine della stagione di raccolta nei campi, la sera del 24 agosto un gruppo di persone con i volti coperti fa irruzione con armi e spranghe nel capannone dove Jerry dorme con altri 28 connazionali chiedendo di consegnare loro tutti i soldi che avevano. Alcuni consegnano immediatamente il denaro, altri si rifiutano di farlo.</span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px; text-align: justify;">
<span style="font-family: Georgia, Times New Roman, serif;"><span style="font-kerning: none;"></span><br /></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="font-kerning: none;"><span style="font-family: Georgia, Times New Roman, serif;">Al diniego degli immigrati di consegnare i soldi, uno dei ladri colpisce alla testa con il calcio della pistola un sudanese di 29 anni, Bol Yansen. La situazione degenera e uno dei rapinatori spara tre colpi di pistola calibro 7.65 che colpiscono Jerry e un’altra persona.</span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="font-kerning: none;"><span style="font-family: Georgia, Times New Roman, serif;">Kirago Antony Yrugo, cittadino keniota, riesce a sopravvivere mentre per Jerry non ci sarà nulla da fare, morirà prima dell’intervento dei medici.</span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px; text-align: justify;">
<span style="font-family: Georgia, Times New Roman, serif;"><span style="font-kerning: none;"></span><br /></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="font-kerning: none;"><span style="font-family: Georgia, Times New Roman, serif;">La Cgil chiede ed ottiene i funerali di Stato, che si terranno il 28 agosto.</span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px; text-align: justify;">
<span style="font-family: Georgia, Times New Roman, serif;"><span style="font-kerning: none;"></span><br /></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="font-kerning: none;"><span style="font-family: Georgia, Times New Roman, serif;">Il Tg2 si collegherà in diretta, trasmettendo nella rubrica Nonsolonero, un’intervista rilasciata da Jerry Masslo qualche tempo prima: “[…] Pensavo di trovare in Italia uno spazio di vita, una ventata di civiltà, un’accoglienza che mi permettesse di vivere in pace e di coltivare il sogno di un domani senza barriere né pregiudizi – diceva Jerry – Invece sono deluso. Avere la pelle nera in questo paese è un limite alla convivenza civile. Il razzismo è anche qui: è fatto di prepotenze, di soprusi, di violenze quotidiane con chi non chiede altro che solidarietà e rispetto. Noi del terzo mondo stiamo contribuendo allo sviluppo del vostro paese, ma sembra che ciò non abbia alcun peso. Prima o poi qualcuno di noi verrà ammazzato ed allora ci si accorgerà che esistiamo”.</span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px; text-align: justify;">
<span style="font-family: Georgia, Times New Roman, serif;"><span style="font-kerning: none;"></span><br /></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="font-kerning: none;"><span style="font-family: Georgia, Times New Roman, serif;">“Io c’ero ai funerali di Jerry Masslo - racconterà anni dopo un testimone - ero un militante della del Partito comunista e iscritto alla Cgil. I nostri dirigenti all’epoca non sembravano avere piena coscienza del fenomeno, anche se al contrario la Cgil aveva da tempo tentato di organizzare gli immigrati che si affollavano in estate nelle campagne. Sentii alla radio la notizia dell’uccisione di Jerry Masslo. La piazza antistante la chiesa era stracolma il giorno dei funerali. Non riuscii ad entrare in chiesa e rimasi ad ascoltare la messa fuori. A poca distanza da me c’era Michele Placido che proprio in quei giorni stava girando a Villa Literno il film Pummarò”.</span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px; text-align: justify;">
<span style="font-family: Georgia, Times New Roman, serif;"><span style="font-kerning: none;"></span><br /></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="font-kerning: none;"><span style="font-family: Georgia, Times New Roman, serif;">Il 20 settembre successivo a Villa Literno si terrà il primo sciopero degli immigrati contro il caporalato al servizio della camorra, mentre il 7 ottobre a Roma si svolgerà la prima grande manifestazione nazionale contro il razzismo.</span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px; text-align: justify;">
<span style="font-family: Georgia, Times New Roman, serif;"><span style="font-kerning: none;"></span><br /></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="font-kerning: none;"><span style="font-family: Georgia, Times New Roman, serif;">Scriverà il giorno dopo «l’Unità»: “Superata anche la più ottimistica previsione. A centinaia di migliaia sono venuti a Roma ed hanno sfilato per più di tre ore, fianco a fianco, bianchi e neri per dire “no” a tutti i razzismi e per chiedere al governo misure urgenti perché violenza e discriminazioni siano cancellate dalla nostra società civile e democratica”.</span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px; text-align: justify;">
<span style="font-family: Georgia, Times New Roman, serif;"><span style="font-kerning: none;"></span><br /></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="font-kerning: none;"><span style="font-family: Georgia, Times New Roman, serif;">Chioserà «la Repubblica»: “Per annunciare la manifestazione contro il razzismo che oggi pomeriggio vedrà sfilare nella capitale decine e decine di migliaia di persone, forse centomila, si potrebbero ricordare quelle dolci parole di Martin Luther King: I have a dream…, Ho un sogno…i figli degli antichi schiavi e i figli degli antichi proprietari di schiavi riusciranno infine a sedersi assieme al tavolo della fratellanza. Non pare vero che il sogno di Luther King sia diventato nuovamente attuale per tutti quei neri, quella gente di colore, quegli immigrati che adesso vivono nel nostro paese e iniziano a sentire sulla propria pelle, anche qui, perfino qui, il peso e la violenza del razzismo”.</span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px; text-align: justify;">
<span style="font-family: Georgia, Times New Roman, serif;"><span style="font-kerning: none;"></span><br /></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="font-kerning: none;"><span style="font-family: Georgia, Times New Roman, serif;">“ […] Ieri ho potuto risollevare il mio spirito - annoterà nel suo diario Bruno Trentin - nel corso di una straordinaria manifestazione di lavoratori immigrati e di giovani, molti della Cgil, che rivelava un bisogno immenso di ritrovare valori comuni e una ragione di solidarietà”.</span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px; text-align: justify;">
<span style="font-family: Georgia, Times New Roman, serif;"><span style="font-kerning: none;"></span><br /></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="font-kerning: none;"><span style="font-family: Georgia, Times New Roman, serif;">Nel febbraio 2019 a Jerry Masslo è stata dedicata, a Napoli, la sede Flai e Nidil Campania e Napoli. </span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px; text-align: justify;">
<span style="font-family: Georgia, Times New Roman, serif;"><span style="font-kerning: none;"></span><br /></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="font-kerning: none;"><span style="font-family: Georgia, Times New Roman, serif;">“Inaugurare una sede della Cgil e intitolarla a Jerry Masslo significa rilanciare la lotta al caporalato e dire che le nostre sedi sono aperte a chi fugge da questa ingiustizia. Significa rilanciare con forza una delle ragioni del sindacato, quella di unire e non dividere perché la divisione favorisce lo sfruttamento e l’economia illegale, e fa trattare le persone come merce”, diceva nell’occasione il segretario Maurizio Landini.</span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px; text-align: justify;">
<span style="font-family: Georgia, Times New Roman, serif;"><span style="font-kerning: none;"></span><br /></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-color: rgb(0, 0, 0); -webkit-text-stroke-width: initial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="-webkit-font-kerning: none;"><span style="font-family: Georgia, Times New Roman, serif;">Una sfida non semplice che portiamo avanti - anche nel nome di Jerry, di Adnan, di George Floyd - ogni giorno con la consapevolezza di servire una causa grande, una causa giusta.</span></span></div>
La CGIL nel novecentohttp://www.blogger.com/profile/15900637309511679009noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8450692081152841565.post-8915274449194072762020-05-19T08:27:00.000-07:002020-05-19T08:46:20.476-07:00Massimo D'Antona, costruttore di ponti, non di muri - di Ilaria Romeo<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">Il 20 maggio 1999 veniva ucciso a Roma Massimo D’Antona, giurista e docente universitario di Diritto del lavoro, consulente del governo D’Alema. In 14 pagine stampate fronte retro, ecco la rivendicazione delle Nuove Brigate Rosse: “La nostra organizzazione - si legge nel comunicato - ha individuato il ruolo politico-operativo svolto da Massimo D’Antona, ne ha identificato la centralità e, in riferimento al legame tra nodi centrali dello scontro e rapporti di forza e politici generali tra le classi, ha rilanciato l’offensiva combattente”.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">Sono in tutto 28 pagine fitte di righe. Il documento porta al centro una stella a cinque punte e una sigla: Brigate Rosse. È realizzato con il computer, non è dattiloscritto come i volantini brigatisti degli anni settanta. Massimo D’Antona viene condannato a morte dai brigatisti perché ritenuto la mente pensante di quel “Patto per l’occupazione e lo sviluppo”, che aveva ideato per l’esecutivo guidato da Massimo D’Alema e per il ministro del Lavoro Antonio Bassolino.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">Scriveva a proposito di lavoro D’Antona: “Ci sono dei diritti fondamentali del mercato del lavoro che debbono riguardare il lavoratore, non in quanto parte di un qualsiasi tipo di rapporto contrattuale, ma in quanto persona che sceglie il lavoro come programma di vita e si aspetta dal lavoro l’identità, il reddito, la sicurezza, cioè i fattori costitutivi della sua vita e della sua personalità”.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">“Massimo D’Antona è uno di noi, un amico, un punto di riferimento - affermava lo scorso anno il segretario generale della Cgil <b>Maurizio Landini</b> - Dava risposte indicando un orizzonte. Un innovatore profondo, ma mai tentato dal determinismo conclamato da chi cancella i diritti e la dignità del mondo del lavoro. Un giurista sensibile, colto e raffinato, con il tono pacato. Si potrebbe dire che la sua figura somiglia a quella del progettista costruttore di ponti, non di muri</span><span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">”.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">Il 20 maggio - lo ricordiamo - non è solo la data dell’omicidio D’Antona, è anche quella di una grande conquista sociale e civile, lo Statuto dei lavoratori, che proprio il 20 maggio 1970 diventava legge. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">D’Antona si formerà in quella stagione ad una duplice scuola, quella universitaria del suo maestro Renato Scognamiglio, prestigiosa per stile e rigore, e quella della «Rivista giuridica del lavoro», allora impegnata in una rilettura costituzionale della normativa giuslavorista.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">Uno dei padri dello Statuto, <b>Gino Giugni</b>, così ricordava il professore da poco scomparso sulle pagine della Rivista «Lpa»: “Spetta a me l’ingrato e doloroso compito di ricordare Massimo D’Antona, e lo ricordo con profonda commozione perché mi trovo ad avere incrociato la sua vita in almeno tre punti di snodo: Massimo come collega, Massimo col quale ha condiviso idee politiche così come una profonda affinità culturale, e infine Massimo come amico. Tre condizioni che mi inducono a parlarne con grande commozione, tre condizioni che si sono intrecciate fortemente a definire una profonda ricchezza umana; ma su di esse prevale in modo netto la passione dello studioso e del professore universitario. In tutte le qualità che ho prima elencato, in tutte le aree di esperienza a cui ha fatto riferimento, una netta preferenza venne infatti segnata dalla qualità di studioso. Fui membro della commissione di concorso per la cattedra e questo fu l’avvio dell’esperienza di un grande studioso e di un grande professore.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">Al momento della scomparsa stampa e mass media ci hanno illustrato, giustamente, i grandi meriti di Massimo, ma non hanno sufficientemente posto in rilievo quello che fu di gran lunga prevalente, e cioè lo studioso, professore all’Università di Catania, di Napoli e successivamente a quella di Roma. Massimo D’Antona fu partecipe intenso della vita Accademica. Ma si segnalò soprattutto per l’opera scientifica: dalla monografia sulla reintegrazione del posto di lavoro, tema difficile che egli affrontò con semplicità e grande equilibrio nella trattazione, e nel prosieguo di tutta la sua attività scientifica; mi è poi caro menzionare uno splendido articolo che dimostrò una profonda conoscenza del problema del metodo.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">“</span><span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">Massimo fu, senza enfasi, un giurista che operava già nella conoscenza del nuovo secolo - prosegue Giugni - Gli studi sul mercato del lavoro e sul diritto comunitario, sui vari momenti del rapporto di lavoro, sui rapporti atipici segnarono una delle fasi più importanti della sua attività scientifica. Mi è particolarmente gradito ricordare che alcuni di questi studi furono pubblicati nella rivista scientifica di cui sono direttore.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">Ma a queste attività di ricerca si accompagnò un intensa partecipazione all’attività legislativa. Nel collegamento fra interpretazione della legge e dell’attività contrattuale si realizza una figura compiuta di giurista che non solo si appaga nel momento interpretativo, ma intende procedere oltre, ponendo in esse una più diretta partecipazione al processo legislativo […] Cercammo tutti e due, e ne parlo anche a nome dei nostri allievi, gli estremi d’un pensiero comune, orientato ad un diritto del lavoro che voleva creare il diritto e non solo commentarlo”.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">“Io ho conosciuto Massimo D’Antona nel sindacato, in Cgil - affermerà sullo stesso numero della rivista <b>Andrea Ranieri, </b></span><span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">segretario regionale della Cgil Liguria fino al 1996 e successivamente segretario generale della Federazione Formazione e ricerca </span><span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">- Lui ha lavorato molto con Cgil, Cisl, Uil, con le forze sociali più in generale, per affermare le ragioni del patto, della concertazione, della ragionevolezza. Lo ricordo per il suo contributo al sindacato: era un uomo di eccezionale dottrina e di eccezionale capacità di ascolto: fermo nelle sue idee, anche nelle più innovative; molte di esse hanno scosso un po’ di certezze, di tranquillità nel sindacato, ma aveva anche una grande capacità di ascolto per i problemi che queste idee evocavano. Ciò di cui lui parlava era la vita delle persone, di milioni di persone e non è un caso che nei suoi saggi anche nei più tecnici si senta circolare la vita, la vita degli uomini e delle donne che stanno dietro alla disciplina del licenziamento e del reintegro, degli uomini e delle donne di cui si parla quando si affrontano i temi del diritto di sciopero e della rappresentanza. Ha dato dei contributi eccezionali al sindacato. Ne ricordo qualcuno tra i più significativi: la sua attenzione alle problematiche del diritto del lavoro europeo. Lui indicò con molto anticipo al sindacato la necessità di confrontarsi con una dimensione europea del lavoro, di uscire dal provincialismo, di uscire dalla specificità di un caso italiano che poteva sembrare appagante ma che ormai entrava in contraddizione con la nuova Europa, e con l’idea fermissima di un’Europa che non poteva restare l’Europa delle monete, ma doveva diventare uno spazio sociale di cui il nuovo diritto del lavoro poteva essere una componente determinante”.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">Ricordava in occasione del 15° anniversario della scomparsa <b>Guglielmo Epifani</b>, allora presidente della X Commissione della Camera: “Quella mattina, noi della Cgil venimmo presi da un duplice sentimento. Il primo fu di dolore, perché Massimo era stato un nostro collaboratore per tanti anni, il secondo di incredulità, perché non riuscivamo a capire chi potesse esser stato. Poi capimmo, e per noi fu chiaro che dovevamo reagire e reagimmo. Ancora oggi, 15 anni dopo, non possiamo abbassare la guardia. Perché la violenza è ancora nemica del dialogo, della razionalità, del senso dell’interesse generale. Per questo, anche oggi, la sua figura risulta un esempio fulgido di buon servizio al paese e di una persona onesta che cerca il bene comune”.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">“Il vile assassinio del professor Massimo D’Antona ha privato la nostra comunità nazionale di un serio riformatore, di un uomo del dialogo, di un’intelligenza al servizio del progresso civile, sempre attenta alle ragioni del lavoro - diceva due anni orsono il presidente della Repubblica <b>Sergio Mattarella </b>- La sua opera per un mondo del lavoro moderno e parte dello sforzo per la crescita del Paese, unita all’impegno per combattere le diseguaglianze e rimuovere gli ostacoli che frenano e limitano l’universalità dei diritti che la Costituzione sancisce, costituisce patrimonio comune”.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">Un patrimonio comune da salvaguardare e conservare, oggi più che mai.</span></div>
La CGIL nel novecentohttp://www.blogger.com/profile/15900637309511679009noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8450692081152841565.post-66465228638083428882020-05-17T10:35:00.000-07:002020-05-17T10:35:28.218-07:00Donne nella scienza - di Ilaria Romeo<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Georgia, Times New Roman, serif;">Il 18 maggio 1953 Jacqueline Cochran diventa la prima donna a superare la barriera del suono volando con un F-86 Sabrejet ad una velocità media di 1.049,83 km/h.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Georgia, Times New Roman, serif;">Anche se nell’immaginario collettivo lo scienziato è un uomo con il camice bianco ed i capelli all’insù, le donne hanno contribuito in maniera significativa allo sviluppo scientifico fin dall’antichità firmando le scoperte più importanti del secolo.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Georgia, Times New Roman, serif;">Da Marie Sklodwska Curie a Rosalind Franklin; da Rita Levi Montalcini a Margherita Hack; da Lise Meitner a Wu Chieng-Shiung; da Caroline Herschel a Cecilia Payne Gaposchkin, il loro elenco potrebbe essere infinito. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Georgia, Times New Roman, serif;">Ma solo quaranta donne hanno ricevuto il Nobel tra il 1901 e il 2010 (Marie Curie, prima donna ‘professore’ alla Sorbona e prima donna a ricevere un Premio Nobel nel 1903 ne otterrà un altro nel 1911 per i suoi studi sulla radioattività) ed oggi meno del 30% dei ricercatori in tutto il mondo è di genere femminile.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Georgia, Times New Roman, serif;">Eppure se questa crisi ha avuto un sesso forte - definizione che ci ha sempre infastidito - è stato proprio quello femminile, anche se come sempre si tende a non ammetterlo e soprattutto a non riconoscerlo nei fatti e nelle decisioni (la composizione della task force quasi tutta al maschile ne è solo l’ennesimo, tristissimo esempio).</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Georgia, Times New Roman, serif;">Dati alla mano, le donne sono risultate più resistenti degli uomini all’attacco del virus e anche se colpite, sono guarite di più.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Georgia, Times New Roman, serif;">Donne sono state molte delle lavoratrici essenziali che hanno continuato a fornire merci e servizi ad un’Italia sempre più prostrata e sono state tre donne all’inizio del febbraio scorso le protagoniste dell’impresa dell’Istituto Lazzaro Spallanzani di isolare il nuovo Coronavirus per la prima volta in Europa, la terza volta al mondo.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Georgia, Times New Roman, serif;">Tre scienziate (non angeli della scienza!) tutte meridionali, una precaria che con la loro impresa hanno segnato una svolta nella lotta al virus che ha consentito di sviluppare nuove terapie e tentare la strada per un possibile vaccino.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Georgia, Times New Roman, serif;">Del resto i paesi con donne al comando sono stati - è dimostrato - più efficaci nella lotta al virus, riuscendo a dare risposte più tempestive, organizzate ed efficaci per difendere i propri cittadini e la tenuta dei propri sistemi sanitari. La Germania di Angela Merkel, la Nuova Zelanda di Jacinta Ardern, Taiwan guidata dalla presidente Tsai Ing-wen, la Finlandia di Sanna Marin, la premier più giovane del mondo. E la sensazione viene confermata se si guarda a Norvegia, Danimarca ed Islanda, tutte guidate da donne, dove si registra il tasso di decessi per il virus più basso d’Europa (la Svezia, unico Paese dell’area guidato da un uomo, ha ampiamente superato la soglia psicologica dei mille morti). </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Georgia, Times New Roman, serif;">Nel frattempo in Italia, dopo essere state escluse dal Comitato scientifico del Governo ed essere state coinvolte in numero ridicolo nella task forse della ripartenza (situazione solo in parte rientrata dopo giorni di polemiche e lotta) le donne, in una storia che sembra ripetersi all’infinito, rimangono a casa.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Georgia, Times New Roman, serif;">Un Paese d’altri tempi, quello del 4 maggio, nel quale a tornare al lavoro è stato il 72,4 per cento uomini.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Georgia, Times New Roman, serif;">Perché quando c’è da decidere chi deve fare un passo indietro per occuparsi dei figli che non vanno a scuola, la decisione in pratica è già presa: le donne.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Georgia, Times New Roman, serif;">Sempre meno a lavorare e sempre meno a cercare lavoro in un paese in cui la percentuale di occupazione femminile, già bassissima, rischia di crollare.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Georgia, Times New Roman, serif;">Ma non doveva andare tutto bene?</span></div>
La CGIL nel novecentohttp://www.blogger.com/profile/15900637309511679009noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8450692081152841565.post-32103625093786892912020-05-17T04:18:00.000-07:002020-05-17T04:28:06.567-07:00“PER LA DIFESA DELLA RAZZA AL CONFINO IL PEDERASTA” - di Ilaria Romeo<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">Gli omosessuali sono stati il terzo gruppo, dopo ebrei e zingari, ad essere perseguitati, internati e uccisi nei campi di sterminio tedeschi. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">Così come il nazismo, anche il fascismo li perseguiterà, pur non contenendo il codice penale Rocco una specifica normativa anti omosessuale.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">Nel progetto iniziale del Codice, in realtà, era previsto un articolo - il 528 - che puniva con la reclusione da uno a tre anni i colpevoli di relazioni omosessuali. Alla fine, però, “La Commissione ne propose ad unanimità e senza alcuna esitazione la soppressione per questi due fondamentali riflessi. La previsione di questo reato non è affatto necessaria perché per fortuna e orgoglio dell’Italia il vizio abominevole che ne darebbe vita non è così diffuso tra noi da giustificare l’intervento del legislatore, nei congrui casi può ricorrere l’applicazione delle più severe sanzioni relative ai diritti di violenza carnale, corruzione di minorenni o offesa al pudore, ma è noto che per gli abituali e i professionisti del vizio, per verità assai rari, e di impostazione assolutamente straniera, la Polizia provvede fin d’ora, con assai maggior efficacia, mediante l’applicazione immediata delle sue misure di sicurezza e detentive”.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">A far scattare la denuncia è sufficiente una delazione, la segnalazione di un vicino di casa, del portinaio, di un collega d’ufficio, del parroco. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">I metodi repressivi di cui si può trovare traccia negli archivi variano dal pestaggio all’uso delle classiche bottiglie d’olio di ricino, dal licenziamento se si lavora per un ente pubblico all’ammonizione (una specie di arresto domiciliare mitigato) sotto la sorveglianza costante della polizia, fino alla deportazione nelle isole o in remote località del Sud.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">Tutte forme di repressione che non passano attraverso il codice penale e perciò non entrano a fare parte di statistiche. Storie poco note ad una società che spesso tendeva tristemente ad avallare, indolori per i più ma non ovviamente per chi ne era colpito.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">In totale saranno oltre 20mila le pratiche di ammonizione nei confronti degli omosessuali, alcuni dei quali saranno anche confinati in isole del Mediterraneo - in particolare le Tremiti come detenuti politici, poi rimandati a casa come detenuti ‘comuni’ - o nelle miniere di Carbonia, in Sardegna, con lo stigma di asociali.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">“Fui vittima di una delazione - racconta “Nuvola Bionda” -. Mi ero innamorato di Nicola, un ragazzo molto bello, il figlio di un fornaio di Trastevere. La matrigna di Nicola non vedeva di buon occhio la nostra amicizia. Intuì che io ero gay e per liberarsi del figliastro raccontò i suoi sospetti ad un prete di sua fiducia che la indirizzò a un commissario di polizia. Ci pizzicarono a letto assieme, all’alba di un giorno di primavera del 1941. Fui processato e spedito a Carbonia, in Sardegna. Lì fu brutta davvero. Stavo in miniera con altri come me e certi comunisti. Ma non si poteva parlare mentre si lavorava. E la sera si era troppo stanchi per fare conversazione. Eravamo trattati come bestie. Il peggio fu quando arrivò un certo Calascione. Questo tipo ci odiava, a noi. Ci mise dei campanelli ai polsi e alle caviglie in segno di scherno, «così la gente quando vi sente arrivare, scappa. Siete peggio degli appestati», ci diceva”.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">Scriveva il 6 ottobre 1939 al ministro degli Interni ‘Leonardo a' Francisa’, condannato a 5 anni di confino per omosessualità sull’isola di san Domino, passata alla storia come “l’isola dei femminielli”: “E’ da otto mesi che sospiro la libertà tutti i giorni, in tutte le ore, in tutti i momenti. La legge umana fa espiare i delitti e i reati degli uomini, privandoli di essa, Dio nell’Eden punì l’uomo con la morte, ma non gli tolse la libertà. Dunque vale più della vita. La vita senza di essa è morta, specialmente per un ragazzo a vent’anni, che deve pensare seriamente al suo avvenire. Ed io quale delitto, quale male ho commesso per essere privato così inesorabilmente di questo grande tesoro? Di qual reato di quale scandalo mi si può incolpare?”.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">Dalla fine del nazi fascismo bisognerà attendere il 17 maggio 1990, perché l’omosessualità sia rimossa dall’Organizzazione Mondiale della Sanità dalla lista delle malattie mentali.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">Secondo l’Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali, il 62% delle persone lesbiche, bisex, gay e trans in Italia oggi non dichiara il proprio orientamento sessuale; il 32% dichiara di evitare di tenere per mano il partner per paura di molestie o aggressioni; il 92% pensa che il proprio Paese non si impegni per nulla o quasi per nulla in una lotta efficace contro l’intolleranza.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">Da 75 anni ormai siamo un paese libero, ma siamo davvero così certi di essere tornati ad essere un paese civile?</span></div>
La CGIL nel novecentohttp://www.blogger.com/profile/15900637309511679009noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8450692081152841565.post-70255923014706914032020-05-13T08:46:00.000-07:002020-05-13T08:46:22.676-07:00Maria Margotti, uccisa perché chiedeva libertà e lavoro - di Ilaria Romeo<div style="border: 0px; box-sizing: border-box; caret-color: rgb(51, 51, 51); font-stretch: inherit; line-height: 25px; padding: 0px 0px 20px; text-align: justify; vertical-align: baseline; word-wrap: break-word;">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif;">Il 17 maggio 1949, a Molinella in provincia di Bologna, Maria Margotti, vedova e madre di due bambine, operaia della fornace cooperativa di Filo (al confine delle provincie di Ferrara e Ravenna), dove aveva trovato da poche settimane occupazione, viene falciata da una raffica di mitra esplosa da un carabiniere. Luciano Romagnoli, segretario generale della Federbraccianti, scriverà di lei sulla <span style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-stretch: inherit; font-style: italic; font-variant-caps: inherit; line-height: inherit; margin: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Nuova Scintilla</span> del 21 maggio 1949: “È un’altra eroina che aggiunge il suo nome alla lunga schiera di eroi che hanno dato la loro vita per la libertà e per il lavoro”.</span></div>
<div style="border: 0px; box-sizing: border-box; caret-color: rgb(51, 51, 51); font-stretch: inherit; line-height: 25px; padding: 0px 0px 20px; text-align: justify; vertical-align: baseline; word-wrap: break-word;">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif;"><span style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-stretch: inherit; font-style: inherit; font-variant-caps: inherit; font-weight: 700; line-height: inherit; margin: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Commenta a un anno dagli avvenimenti</span> su <span style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-stretch: inherit; font-style: italic; font-variant-caps: inherit; line-height: inherit; margin: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">l’Unità</span> del 18 maggio 1950 Renata Viganò (autrice di <span style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-stretch: inherit; font-style: italic; font-variant-caps: inherit; line-height: inherit; margin: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">“L’Agnese va a morire”</span>): “È morta come poteva morire qualsiasi altra delle donne del Mulino di Filo, perché sono tutte braccianti e compagne, e allo sciopero tutte aderiscono […]; è diventata un simbolo, una bandiera, la prima bracciante caduta nello sciopero della primavera del ’49, un nome, una figura che esce dai nostri piccoli ricordi di compagni per entrare nel rosso elenco dei caduti per l’umanità, per la gioia, per il lavoro, il pane dell’umanità”.</span></div>
<div style="border: 0px; box-sizing: border-box; caret-color: rgb(51, 51, 51); font-stretch: inherit; line-height: 25px; padding: 0px 0px 20px; text-align: justify; vertical-align: baseline; word-wrap: break-word;">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif;"><span style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-stretch: inherit; font-style: inherit; font-variant-caps: inherit; font-weight: 700; line-height: inherit; margin: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Gente tutta d’un pezzo</span>, quella di Filo, in particolare i lavoratori del Mulino: ebbero modo di sperimentarlo anche i soldati tedeschi negli ultimi mesi della Resistenza. “Giù verso la Fossetta, verso il gruppo di case dove abitava Maria Margotti, i tedeschi non venivano – prosegue la scrittrice partigiana –. Avevano paura dei partigiani. Non parliamo dei fascisti che erano spariti, fuggiti, dopo quell’ultima impresa di aver dato ai tedeschi i dieci nomi per la rappresaglia. In ogni casa dalla Fossetta in poi, fin nella bonifica allagata, c’erano partigiani, staffette, infermiere, quelle che facevano il pane, quelle che facevano le calze e le maglie. Praticamente la zona era controllata dai partigiani. E anche la Maria Margotti era fra quelle donne, lavorava per i partigiani, faceva qualche cosa per la Resistenza. Ebbene mi piacerebbe sapere dove era in quei giorni il carabiniere che le ha sparato e l’ha ammazzata puntando verso di lei, verso tutto il popolo inerme la canna del mitra bucato come un flauto”.</span></div>
<div style="border: 0px; box-sizing: border-box; caret-color: rgb(51, 51, 51); font-stretch: inherit; line-height: 25px; padding: 0px 0px 20px; text-align: justify; vertical-align: baseline; word-wrap: break-word;">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif;"><span style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-stretch: inherit; font-style: inherit; font-variant-caps: inherit; font-weight: 700; line-height: inherit; margin: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Può darsi che fosse a Salò</span>, ipotizza ancora Renata Viganò, “o se non a Salò in una succursale della repubblichetta, pronto agli ordini di quel branco di pazzi criminali che erano i suoi padroni, e se non c’era lui, c’era qualcuno di quelli che adesso lo comandano; e c’era poi un altro branco di padroni, allora nascosto in cantina, che sono poi saltati fuori quando non c’era più pericolo a governare in nome di Cristo. Questi ultimi, un tempo, hanno fatto la voce grossa all’estero, si sono vestiti coi colori della Resistenza, si sono fatti proprio grandi di quello che avevano compiuto tutte le piccole Maria Margotti d’Italia, e i fratelli, i figli, i mariti di tutte le Marie Margotti. E adesso dicono a quelli che allora erano o nella repubblica di Salò o nascosti con loro in cantina: <span style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-stretch: inherit; font-style: italic; font-variant-caps: inherit; line-height: inherit; margin: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">sparate, sparate, questa gente ormai non ci serve più. Anzi, ci annoia, ed è pericolosa con quel suo domandare lavoro e pane</span>” (<span style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-stretch: inherit; font-style: inherit; font-variant-caps: inherit; font-weight: 700; line-height: inherit; margin: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><u style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-stretch: inherit; font-style: inherit; font-variant-caps: inherit; font-weight: inherit; line-height: inherit; margin: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><a href="http://lacgilnelnovecento.blogspot.it/2017/05/nelle-valli-di-filo-nessuno-la-dimentica.html" style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-stretch: inherit; font-style: inherit; font-variant-caps: inherit; font-weight: inherit; line-height: inherit; margin: 0px; outline: none; padding: 0px; vertical-align: baseline;">LEGGI TUTTO</a></u></span>).</span></div>
<div style="border: 0px; box-sizing: border-box; caret-color: rgb(51, 51, 51); font-stretch: inherit; line-height: 25px; padding: 0px 0px 20px; text-align: justify; vertical-align: baseline; word-wrap: break-word;">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif;">Dalla cronaca degli eventi riferita dalla Camera del lavoro di Bologna alla Cgil nazionale all’ordine del giorno di protesta delle maestranze delle Fonderie Riunite di Modena, triste presagio di ciò che sarebbe a breve anche lì accaduto; dalla proposta Anpi di ospitare a suo carico nel convitto-scuola per orfani di partigiani i figli di Maria Margotti alle indicazioni operative di Giuseppe Di Vittorio per la partecipazione ai funerali, rievochiamo di seguito gli avvenimenti di quella triste giornata attraverso i documenti dell’Archivio storico Cgil nazionale.</span></div>
<div style="border: 0px; box-sizing: border-box; caret-color: rgb(51, 51, 51); font-stretch: inherit; line-height: 25px; padding: 0px 0px 20px; text-align: justify; vertical-align: baseline; word-wrap: break-word;">
<span style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-stretch: inherit; font-style: inherit; font-variant-caps: inherit; font-weight: 700; line-height: inherit; margin: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><span style="font-family: Times, Times New Roman, serif;">I DOCUMENTI:</span></span></div>
<div style="border: 0px; box-sizing: border-box; caret-color: rgb(51, 51, 51); font-stretch: inherit; line-height: 25px; padding: 0px 0px 20px; text-align: justify; vertical-align: baseline; word-wrap: break-word;">
<span style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-stretch: inherit; font-style: inherit; font-variant-caps: inherit; font-weight: 700; line-height: inherit; margin: 0px; outline: none; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><span style="color: black; font-family: Times, Times New Roman, serif;"><a href="http://files.rassegna.it/userdata/sites/rassegnait/images/foto/_ori/2017/05/il-resoconto-della-cgil-bologna_6055.jpg" style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-stretch: inherit; font-style: inherit; font-variant-caps: inherit; line-height: inherit; margin: 0px; outline: none; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Il resoconto della Cgil di Bologna</a></span></span></div>
<div style="border: 0px; box-sizing: border-box; caret-color: rgb(51, 51, 51); font-stretch: inherit; line-height: 25px; padding: 0px 0px 20px; text-align: justify; vertical-align: baseline; word-wrap: break-word;">
<span style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-stretch: inherit; font-style: inherit; font-variant-caps: inherit; font-weight: 700; line-height: inherit; margin: 0px; outline: none; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><span style="color: black; font-family: Times, Times New Roman, serif;"><a href="http://files.rassegna.it/userdata/sites/rassegnait/images/foto/_ori/2017/05/la-proposta-anpi_6056.jpg" style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-stretch: inherit; font-style: inherit; font-variant-caps: inherit; line-height: inherit; margin: 0px; outline: none; padding: 0px; vertical-align: baseline;">La proposta dell’Anpi nazionale</a></span></span></div>
<div style="border: 0px; box-sizing: border-box; caret-color: rgb(51, 51, 51); font-stretch: inherit; line-height: 25px; padding: 0px 0px 20px; text-align: justify; vertical-align: baseline; word-wrap: break-word;">
<span style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-stretch: inherit; font-style: inherit; font-variant-caps: inherit; font-weight: 700; line-height: inherit; margin: 0px; outline: none; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><span style="color: black; font-family: Times, Times New Roman, serif;"><a href="http://files.rassegna.it/userdata/sites/rassegnait/images/foto/_ori/2017/05/la-protesta-delle-fonderie_6057.jpg" style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-stretch: inherit; font-style: inherit; font-variant-caps: inherit; line-height: inherit; margin: 0px; outline: none; padding: 0px; vertical-align: baseline;">La protesta delle Fonderie Riunite</a></span></span></div>
<div style="border: 0px; box-sizing: border-box; caret-color: rgb(51, 51, 51); font-stretch: inherit; line-height: 25px; padding: 0px 0px 20px; text-align: justify; vertical-align: baseline; word-wrap: break-word;">
<span style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-stretch: inherit; font-style: inherit; font-variant-caps: inherit; font-weight: 700; line-height: inherit; margin: 0px; outline: none; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><span style="color: black; font-family: Times, Times New Roman, serif;"><a href="http://files.rassegna.it/userdata/sites/rassegnait/images/foto/_ori/2017/05/le-indicazioni-di-di-vittorio_6058.jpg" style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-stretch: inherit; font-style: inherit; font-variant-caps: inherit; line-height: inherit; margin: 0px; outline: none; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Le indicazioni di Di Vittorio</a></span></span></div>
<div style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-stretch: inherit; line-height: 25px; padding: 0px 0px 20px; text-align: justify; vertical-align: baseline; word-wrap: break-word;">
<span style="caret-color: rgb(51, 51, 51);"><span style="font-family: Times, Times New Roman, serif;">Pubblicato anche su <i>Rassegna Sindacale </i>del 17 maggio 2017</span></span></div>
<div style="border: 0px; box-sizing: border-box; caret-color: rgb(51, 51, 51); font-stretch: inherit; line-height: 25px; padding: 0px 0px 20px; text-align: justify; vertical-align: baseline; word-wrap: break-word;">
<span style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-stretch: inherit; font-style: inherit; font-variant-caps: inherit; font-weight: 700; line-height: inherit; margin: 0px; outline: none; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><br /></span></div>
<div style="border: 0px; box-sizing: border-box; caret-color: rgb(51, 51, 51); font-stretch: inherit; line-height: 25px; padding: 0px 0px 20px; text-align: justify; vertical-align: baseline; word-wrap: break-word;">
<span style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-stretch: inherit; font-style: inherit; font-variant-caps: inherit; font-weight: 700; line-height: inherit; margin: 0px; outline: none; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><br /></span></div>
La CGIL nel novecentohttp://www.blogger.com/profile/15900637309511679009noreply@blogger.com0