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Luciano Lama. Il sindacalista che parlava al Paese

Il 31 maggio 1996 muore a Roma Luciano Lama, giovane partigiano protagonista della stagione fondativa della democrazia italiana, dirigente sindacale e uomo di sinistra, costruttore del sindacato e della Repubblica.

Ricordarlo a venti anni dalla scomparsa per la CGIL non è soltanto un atto dovuto verso un dirigente che ha guidato l’organizzazione per sedici anni dal 1970 al 1986, ma un’occasione di riflessione sul nostro passato e sul nostro futuro.

Lama infatti rappresenta la generazione della Resistenza, e il periodo della sua Segreteria - dall’Autunno caldo al referendum sulla scala mobile con la fine dell’unità sindacale e la crisi del PCI - vede il punto massimo del potere del sindacato e nello stesso tempo il suo ripiegamento di fronte all’avanzare delle ideologie neoliberiste.

Fra i principali artefici dell’intesa unitaria, strenuo sostenitore dell’unità sindacale e ideatore del Patto federativo dopo che le speranze dell’unità organica erano state momentaneamente accantonate in seguito alla vittoria del centro-destra nelle elezioni politiche anticipate del maggio 1972, la sua Segreteria è la più lunga nella storia ultracentenaria della CGIL.

Arrivato al vertice della Confederazione poche settimane dopo la strage di Piazza Fontana del 12 dicembre 1969, Lama vive con la massima fermezza possibile - dalla bomba di Piazza della Loggia a Brescia a quella alla stazione di Bologna, dall’omicidio di Moro a quello di Guido Rossa - la stagione dello stragismo prima e del brigatismo dopo.

Al centro della scena pubblica per più di cinquanta anni, Lama sa come coniugare le forme più classiche della mobilitazione sindacale con i linguaggi della politica nella società di massa, attraverso una presenza efficace tanto nelle lotte operaie quanto nella comunicazione politica.

La mostra Luciano Lama, il sindacalista che parlava al Paese, curata da Giancarlo Pelucchi e Ilaria Romeo, fortemente voluta dalla CGIL nazionale e realizzata da quest’ultima assieme al suo Archivio storico, alla Fondazione Giuseppe Di Vittorio e alla Associazione Luciano Lama, con la preziosa collaborazione dell’Archivio audiovisivo del movimento operaio e democratico (AAMOD), rappresenta di fatto una biografia per documenti ed immagini dal forte impatto visivo, capaci di far rivivere i principali snodi della storia di Luciano Lama e della CGIL nell’Italia repubblicana e nell’Europa del secondo dopoguerra.

Cinque sono i focus principali, declinati attraverso 20 pannelli 200*84 cm ed un volume 24*28 cm in carta patinata opaca: Gli anni della formazione e la Resistenza; Da Forlì a Roma; La Segreteria generale; L’impegno istituzionale; Le passioni.

Dai documenti spesso inediti riprodotti, emerge quello spirito di ricerca che permarrà in Lama tutta la vita, spirito di ricerca e volontà di conoscenza che a volte lo faranno parzialmente discostare dalla ortodossia del Partito e dalla dottrina tradizionale comunista.

I documenti ci restituiscono un Lama sotto certi aspetti inedito, raccontandoci di un uomo riservato e a volte schivo, dalla immensa personalità e carica umana: un uomo circondato di vero affetto, amato da compagni e lavoratori, stimato dagli avversari come avversario duro ma leale.

La mostra, inaugurata il 27 maggio a Lecce nel corso delle giornate del lavoro della CGIL, sarà allestita nel corso del 2016 nelle città protagoniste della biografia di Lama: Forlì, Cesena, Roma, saranno solo alcune delle tappe del suo percorso.

Fra le ‘chicche’ selezionate segnaliamo la copia originale dell’atto di nascita di Luciano Luigi Giuseppe, la foto di Lama a 5 mesi e quella da bambino con il fratellino Lelio, i compagni di classe e le maestre a Forlimpopoli, il foglio matricolare dell’esercito, le lettere dalla base negli anni della Segreteria (tra cui un ‘Inno a Lama’ musicato sulle note dell’Inno di Mameli ed una richiesta: “Non dimetterti! Anche perché sei bellissimo!”), le caricature, i ritratti, le foto con Di Vittorio e, entrambi giovanissimi, Berlinguer, l’immagine della festa dell’Unità di Forlì del 1986 che ritrae Lama e Renzo Arbore mentre cantano insieme la canzone popolare romagnola Bèla Burdèla fresca e campagnola.

E ancora si è scelto di riprodurre i testi dei discorsi di Lama durante la stagione, terribile, dello stragismo prima e del brigatismo poi, il suo impegno unitario ed il commovente addio alla CGIL nel 1986, le testimonianze relative alle sue passioni per le carte, la pipa, la musica lirica, il calcio. 

Quella che si è cercato di offrire allo spettatore è un’immagine di Lama a tutto tondo dalla giovinezza all’età adulta, dal pubblico al privato, presentando tutte le sfaccettature di una persona (e di una personalità) complessa, cui il sindacato e l’Italia devono molto.

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