IL
DELEGATO AL CONGRESSO
di Ettore Baraldi
La somma è un po’ alta - disse l’uomo
piccolo, dai grossi baffi - e di questi giorni non si lavora, sai com’è! -
Insomma, ce lo vogliamo mandare sì o no, questo delegato - disse l’altro,
piccolo anche lui. - Dicevo così perché la cassa suona! - ribatté il primo, ma
in fondo si vedeva che lui ci teneva più di tutti a mandare un delegato al
Congresso. - Già, perché io non lo so? - rispose il secondo -. Sono
amministratore per niente? - Però, amministri un bel niente! - e risero tutti e
due.
Matteo e Gino ripresero a camminare: erano rispettivamente il capolega e l’amministratore
della lega. Dietro di loro veniva un gruppetto di braccianti che discutevano animatamente: a un certo punto della strada però il gruppetto era rimasto
indietro; solo un bracciante continuò a seguire i due, ne ascoltava la
discussione. Dapprima non ci aveva fatto caso, poi si era interessato, così
quando i due, che si erano fermati un attimo, ripresero a camminare, li
raggiunse e disse: - Dobbiamo mandare un delegato al Congresso! - Già, come se
non lo pensassimo anche noi! - rispose Gino. - Vi preoccupate per le spese,
vero? - Matteo voleva interrompere, ma poi tacque. Marco, così si chiamava il
bracciante, continuò: - In cassa non c’è un soldo, tutti lo sanno; non siamo
mica finanziati dai Pirelli. Però se tutti i cittadini del villaggio, che sono
tremila, dessero quindici lire a testa, credo che si arriverebbe a mettere
insieme la somma necessaria. Che ne dite? - Matteo e Gino si guardarono
sorpresi, poi Matteo chiese: - Come? Ripeti... - Dicevo - riprese Marco - poiché
non abbiamo un soldo, potremmo rivolgerci ai cittadini, spiegando: sono sicuro
che si approderebbe a qualche cosa, anche perché il Sindacato non difende solo
gli interessi degli organizzati, io penso che tutti contribuirebbero... - L’idea
non è male: tutti per uno; uno per tutti! Il gruppetto, al quale s’erano
raggiunti altri braccianti, raggiunse i tre: erano davanti all’Ufficio della
lega.
Nella riunione l’iniziativa suscitò
interesse; quando il capolega disse che la proposta l’aveva fatta Marco,
scoppiò un battimani fragoroso, mentre Marco si accovacciava nella sua sedia a
braccioli, rosso in viso. La decisione venne presa. Al termine della riunione,
molti s’iscrissero come raccoglitori. Anche molte donne dettero il loro nome.
- I compiti, Mario, i compiti! Dove
corri, brigante? - gridava la signora Maria dalla finestra. Ma Mario, suo
figlio, svoltava già l’angolo. La signora Maria si ritirò e chiuse la finestra
rassegnata. Mario s’accodò agli altri ragazzi. Ogni tanto uno gridava: -
Stracci per il Congresso! Il bottegaio seduto sulla soglia della bottega aveva
un risolino di scherno sulle labbra, ma finì per dare le quindici lire ai
raccoglitori e un bel salamino ai ragazzi. Lungo la contrada dove abitava Mario
gli inquilini erano usciti con mucchi di stracci (avevano dato anche le 15
lire), ma quando si era verso l’ultima casa, sbucò la signora Maria. Mario -
gridò -. Che cosa fai? Vieni subito in casa, poi vedrai . - La voce era
affannata. - Dobbiamo finire il, giro, poi vengo! - rispose Mario. - Dobbiamo
finire il giro, è per il Congresso. - E le voci dei ragazzi si levarono in
coro:- E’ per il Congresso della CGIL! - La Signora Maria rimase lì, con le
donne attorno che cominciarono a dirle del Congresso, del Sindacato e di tante
altre cose. Viene sera presto in novembre e davanti all’Ufficio della lega si
deve accendere la lampadina; molte persone erano ferme li davanti e
chiacchieravano; i giovani facevano chiasso, i ragazzi si rincorrevano. La
raccolta era terminata. La gente continuava a venire verso l’Ufficio. Due
giovani portarono fuori un tavolo, il capolega vi salì, si guardò intorno, e
comunicò la cifra raccolta: un’ondata di commozione percorse la folla, un
sorriso gioioso e un uragano di applausi. Si era raggiunta la somma necessaria:
si sarebbe inviato un delegato al Congresso. Poi il capolega disse ancora molte
cose: perché si faceva il Congresso, parchè oggi si fanno armi e non bonifiche,
non macchine, e altro ancora. Quando stava per scendere dal tavolo, si fece
avanti tra la folla il parroco del villaggio: era vecchio, con la barbetta lunga,
male in arnese: - Ecco; - disse - ecco le mie quindici lire... Voleva dire
qualche altra cosa, ma scoppiò un lungo applauso e i suoi occhi si riempirono
di lacrime.
Il capostazione proprio non ci si
raccapezzava: -Che faceva li tutta quella gente, se il biglietto per il treno
non l’aveva preso quasi nessuno? -Attorno all’unico binario della piccola
stazione erano raggruppate oltre mille persone e molte altre entravano dal
cancello, discutendo ad alta voce; in un gruppetto si notavano il capolega, il
maestro, la signora Maria che teneva per mano il figlio, i consiglieri della
lega e il delegato. Si era lavorato un po’ per sceglierlo, ma infine ci si era
riusciti: era un bracciante attivista nel Sindacato. Fischiò una sirena. Arrivò
il treno. I passeggeri si sporsero dai finestrini. Il delegato montò sul predellino,
mise dentro la valigetta, si voltò indietro, salutò a lungo con la mano.
Migliaia di mani, di voci, risposero al saluto. Il macchinista guardava
stupito. - Salutano il delegato che va al Congresso - gli disse un compagno di
lavoro. Il treno si mise in moto e le grida si confusero in un unico canto. Il
delegato guardava commosso salutava dal finestrino, ma presto i compagni
divennero una massa indistinta. Cercò un posto e si sedette. I passeggeri lo
guardavano incuriositi, ed egli udì dietro di lui una voce che bisbigliava: - E’
un delegato che va al Congresso, della CGIL. Allora una donna gli venne vicino
e gli strinse la mano: - Mio figlio era un partigiano; è stato ucciso perché
gli trovarono addosso dei volantini sullo sciopero del ‘43. - E presero a
parlare come vecchi amici.
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