“Alle salme dei sei cittadini di Modena,
caduti nelle vie di questa città il giorno 9 gennaio, ai familiari affranti dal
lutto, alla città intera, che abbiamo visto stamane ancora impietrita dallo
stupore e dal dolore, ai lavoratori di Modena e di tutta l'Emilia qui convenuti
e qui presenti, porto l'espressione della solidarietà e del cordoglio profondo
del Partito comunista italiano, del partito di Antonio Gramsci, del partito che
lavora nello spirito di Lenin e di Stalin.
Credo però che nessuno, in questo
momento ed in questa circostanza, vorrà contestarmi il diritto di recarvi
l'espressione della solidarietà e del cordoglio di tutti gli italiani i quali
hanno senso di umanità e di fraternità civile.
Vero è che in questo momento, dì fronte
alla maestà infinita della morte, di fronte allo schianto dei familiari e al
dolore di tutto il popolo, di fronte agli occhi vostri pieni di lagrime, io
sento soprattutto la vanità dì tutte le parole umane.
Ma parlare bisogna, perché voi, compagni
e fratelli nostri, non siete caduti vittima di un tragico equivoco. Prima di
voi, nelle stesse condizioni. per le stesse cause, altri lavoratori sono caduti
e continuano a cadere. La fine vostra è indice di una tragedia che investe
tutto il popolo, che tocca la vita stessa della nazione italiana.
Ed allora parlare bisogna, e chiaramente
bisogna parlare; e debbono parlare chiaramente, prima di tutto, i partiti e gli
uomini che si sentono legati al popolo da inscindibili legami, e che sentono
rivolgersi verso di loro la fiducia e l'attesa dei lavoratori.
Bene hai fatto, o città di Modena, città
eroica e gloriosa, medaglia d'oro della guerra per la libertà d'Italia, madre
di lavoratori coraggiosi e disciplinati; bene hai fatto ad avvolgere le bare di
questi tuoi figliuoli caduti, nel drappo dei colori nazionali. Questo drappo e
questi colori sono il simbolo della nostra unità, dell'unità della patria e dì
tutti i cittadini italiani nella difesa dei valori essenziali della nostra
esistenza. Tutta la nostra vita, tutta la vita e tutta la lotta del nostro
partito, ci fanno fede che io non vorrei pronunciare, in questo momento, altre
parole che non fossero un appello severo ad unirsi tutti, davanti a queste
bare, per deprecare ciò che è accaduto, per respingere questa macchia dalla
realtà della vita del nostro paese.
Ma voi, voi siete stati uccisi!
In uno Stato che ha soppresso la pena di
morte anche per i più efferati tra i delitti, voi siete stati condannati a
morte, e la sentenza è stata su due piedi eseguita nelle vie della città,
davanti al popolo inorridito.
Chi vi ha condannati a morte? Chi vi ha
ucciso? Un prefetto, un questore irresponsabili e scellerati? Un cinico
ministro degli interni. Un presidente del consiglio cui spetta solo il
tristissimo vanto di aver deliberatamente voluto spezzare quella unità della
nazione che si era temprata nella lotta gloriosa contro l'invasore straniero;
di aver scritto sulle sue bandiere quelle parole di odio contro i lavoratori e
di scissione della vita nazionale che ieri furono del fascismo e oggi sono le
sue?
Voi chiedevate una cosa sola, il lavoro,
che è la sostanza della vita di tutti gli uomini degni di questo nome. Una
società che non sa dare lavoro a tutti coloro che la compongono è una società
maledetta. Maledetti sono gli uomini che, fieri di avere nella mani il potere,
si assidono al vertice di questa società maledetta, e con la violenza delle
armi, con l'assassinio e l'eccidio respingono la richiesta più umile che l'uomo
possa avanzare; la richiesta di lavorare.
E' stato detto che questo stato di cose
deve finire. E' stato detto: basta!
Ripetiamo questo basta, tutti assieme,
dando ad esso la solennità e la forza che promanano da questa stessa nostra
riunione. Ma dire basta, non è sufficiente, perché gli assassinii e gli eccidi
si succedono come le note di una tragedia, in modo tale che non ha nessun
precedente nel nostro paese, e che tutti riempie di orrore. Non è sufficiente
dire basta, dobbiamo impegnarci a qualche cosa di più. Noi vogliamo la pace
sociale e la pace tra i popoli. Anche a questo governo ed agli uomini che lo
dirigono abbiamo offerto e chiesto una politica di distensione e dì pace. A
milioni di lavoratori che appoggiavano questa nostra offerta e richiesta, si è
risposto con le armi da fuoco, con l'assassinio, con l'eccidio. Non possiamo
non tener conto di questa risposta. E' di fronte ad essa che dobbiamo assumerci
un nuovo impegno.
Come partito dì avanguardia della classe
operaia e del popolo italiano, coscienti della nostra forza che ci ha consentito
di conchiudere vittoriosamente cento battaglie, ci impegnarono ad una nuova,
più vasta lotta, in difesa della esistenza, della sicurezza, degli elementari
diritti civili dei lavoratori.
Ci impegniamo a svolgere un'azione tale,
di propaganda, di agitazione, di organizzazione, che raccolga ed unisca in
questa lotta nuovi milioni e milioni di lavoratori, tutte le forze sane del
popolo italiano. Ci impegniamo a preparare e suscitare un movimento tale, un
sussulto proveniente dal più profondo stato di cose che grida vendetta al
cospetto di Dio.
E voi, compagni e fratelli caduti,
Appiani Angelo di anni 30; Rovati Alberto di anni 36; Malagoli Arturo di anni
21; Garagnani Ennio di anni 21; Bersani Renzo di anni 21; Chiappelli Arturo di
anni 43, riposate!
Non oso, non son capace di dirvi:
riposate in pace! Troppo breve, troppo tempestosa, tragicamente troncata è
stata la vostra esistenza. Troppo grave è l'appello che esce dalle vostre bare.
Ma voi, madri, sorelle, spose, non
piangete! Non piangiamo, lavoratori di Modena. Sia l'acre sapore delle lagrime,
per non piangere, inghiottito, stimolo aspro al lavoro nuovo, alla lotta.
Dobbiamo far uscire l'Italia da questa
situazione dolorosa. Vogliamo che l'Italia diventi un paese civile, dove sia
sacra la vita dei lavoratori, dove sacro sia il diritto dei cittadini al
lavoro, alla libertà, alla pace!
Andiamo avanti, grazie allo sforzo unito
di tutti i lavoratori, di tutto il popolo italiano; nostra deve essere, nostra
sarà la vittoria.
Allora anche voi, compagni e fratelli
caduti, riposerete in pace!”
Palmiro Togliatti
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