IL DELEGATO AL CONGRESSO di Ettore Baraldi 1952 La somma è un po’ alta - disse l’uomo piccolo, dai grossi baffi - e di questi giorni non si lavora, sai com’è! - Insomma, ce lo vogliamo mandare sì o no, questo delegato - disse l’altro, piccolo anche lui. - Dicevo così perché la cassa suona! - ribatté il primo, ma in fondo si vedeva che lui ci teneva più di tutti a mandare un delegato al Congresso. - Già, perché io non lo so? - rispose il secondo -. Sono amministratore per niente? - Però, amministri un bel niente! - e risero tutti e due. Matteo e Gino ripresero a camminare: erano rispettivamente il capolega e l’amministratore della lega. Dietro di loro veniva un gruppetto di braccianti che discutevano animatamente: a un certo punto della strada però il gruppetto era rimasto indietro; solo un bracciante continuò a seguire i due, ne ascoltava la discussione. Dapprima non ci aveva fatto caso, poi si era interessato, così quando i due, che si erano fermati un attimo, ripresero a
Vajont è il nome di un torrente che scorre nella valle di Erto e Casso per confluire nel Piave in provincia di Belluno.
La sera del 9 ottobre 1963 una sua ondata seminerà morte e desolazione. La stima più attendibile è, a tutt’oggi, di 1910 vittime. 1910 vittime causate da tre, fondamentali ed evitabili (il processo celebrato nelle sue tre fasi dal 25 novembre 1968 al 25 marzo 1971 si concluderà con il riconoscimento di responsabilità penale per la previdibilità di inondazione e di frana e per gli omicidi colposi plurimi), errori umani: l’aver costruito la diga in una valle non idonea sotto il profilo geologico; l’aver innalzato la quota del lago artificiale oltre i margini di sicurezza; il non aver dato l’allarme la sera del 9 ottobre per attivare l’evacuazione in massa delle popolazioni residenti nelle zone a rischio di inondazione. “Quella sera maledetta - racconta Renzo, un sopravvissuto - io, otto anni, dormivo in camera con mia sorella di dieci anni al terzo piano della mia cas