“L’ebraismo mondiale è stato, durante sedici anni, malgrado la nostra politica, un nemico irreconciliabile del Fascismo”. Così Benito Mussolini preannunciava a Trieste, in piazza Unità d’Italia, il 18 settembre 1938, l’imminente promulgazione delle norme razziali sul territorio italiano.
“Nei riguardi della politica interna, il problema di scottante attualità è quello razziale - affermava nel tristemente noto discorso il duce - Anche in questo campo noi adotteremo le soluzioni necessarie. Coloro i quali fanno credere che noi abbiamo obbedito ad imitazioni, o peggio, a suggestioni, sono dei poveri deficienti, ai quali non sappiamo se dirigere il nostro disprezzo o la nostra pietà. Il perché sono abituati ai lunghi sonni poltroni. E’ in relazione con la conquista dell’Impero, poiché la storia ci insegna che gli imperi si conquistano con le armi ma si tengono con il prestigio, occorre una chiara, severa coscienza razziale che stabilisca non soltanto delle differenze ma delle superiorità nettissime (...) Il problema ebraico è dunque un aspetto di questo fenomeno. La nostra posizione è stata determinata da questa incontestabilità dei fatti. L’ebraismo mondiale è stato, durante i sedici anni, malgrado la nostra politica, un nemico irreconciliabile del Fascismo. In Italia la nostra politica ha determinato, negli elementi semiti, quella che si può oggi chiamare, si poteva chiamare, una corsa vera e propria all’arrembaggio. Tuttavia, gli ebrei di cittadinanza italiana, i quali abbiano indiscutibilmente meriti militari e civili nei confronti dell’Italia e del Regime, troveranno comprensione e giustizia. In quanto agli altri, seguirà una politica di separazione. Alla fine, il mondo dovrà forse stupirsi, più della nostra generosità che del nostro rigore, a meno che, i nemici di altre frontiere e quelli dell’interno e sopratutto i loro improvvisati e inattesi amici, che da troppe cattedre li difendono, non ci costringano a mutare radicalmente cammino”.
Concludeva Mussolini: “Dopo quanto vi ho detto io vi domando: c’è uno solo fra voi di sangue e di anima italiana che possa per un solo istante dubitare dell’avvenire della vostra città unita sotto il simbolo del Littorio, che vuol dire audacia, tenacia, espansione e potenza? Non abbiate qualche volta l’impressione che Roma, perché distante, sia lontana. No, Roma è qui. È qui sul vostro Colle e sul vostro Mare; è qui nei secoli che furono e in quelli che saranno; qui, con le sue leggi, con le sue armi, e col suo Re”.
In piazza dell’Unità il 18 settembre ci sono 150-200 mila persone. E’ «il primo atto antisemita mediatico del regime», spiega lo storico Marcello Pezzetti, il segno che le cose precipitano.
“Trieste è con Te. La sua anima è temprata alla Storia. Crede nel Tuo pensiero che diventa azione, nella Tua parola”. Così commentava l’avvenimento su «Il Piccolo», in prima pagina, Chino Alessi.
Scriveva in occasione del 75° anniversario dell’annuncio Anna Foa su «Avvenire»: “L’annuncio di Mussolini a Trieste non coglieva di sorpresa gli ebrei, che avevano visto scatenarsi la tempesta già da alcune settimane e che erano bombardati da almeno un anno da una crescente propaganda antisemita. Nel luglio era apparso il “Manifesto della razza”, firmato da un gruppo di scienziati e ispirato direttamente da Mussolini, in cui si teorizzava, con non poca confusione, l’appartenenza degli italiani a una pura razza italiana a cui gli ebrei non appartenevano. I giornali, le istituzioni, il mondo culturale non mostrarono nessuna opposizione alla svolta razzista e antisemita di Mussolini che non mancava del resto di avere dietro di sé una lunga preparazione”.
Una lunga preparazione che nella Venezia Giulia aveva già da anni colpito, prima ancora che gli ebrei, gli uomini e le donne di origine slava.
Proprio a Trieste, il 13 luglio del 1920, dopo un comizio, un gruppo di estremisti fascisti e nazionalisti attaccava e dava fuoco a venti edifici tra i quali il Narodni dom, nel corso di quello che Renzo De Felice ha definito ‘il vero battesimo dello squadrismo organizzato’.
Prima ancora della emanazione in Italia delle Leggi fascistissime, gli sloveni e i croati rimasti nel loro territori vedranno chiudere, uno dopo l’altro, con disposizioni amministrative e atti di violenza, i loro centri culturali, i giornali, le società sportive e ricreative, le Casse rurali, le cooperative e ogni altra organizzazione.
Il RDL n. 1796 del 15 ottobre 1925 proibirà tassativamente l’uso di lingue diverse dall’italiano in tutte le sedi giudiziarie. Tutti gli atti redatti in lingua diversa da quella italiana sono da considerarsi come non presentati. Se la trasgressione viene commessa da un giudice, ufficiale giudiziario o da altro impiegato giudiziario, esso viene sospeso dal servizio. In caso di recidiva viene esonerato.
Analoghi provvedimenti saranno presi per tutti gli uffici pubblici ed anche nei negozi e nei locali pubblici sarà proibito l’uso delle lingue locali.
Il Regio Decreto n. 800 del 29 marzo 1923 aveva già imposto l’italianizzazione della toponomastica, arrivando con il RD n. 17 del 10 gennaio 1926 all’italianizzazione forzata dei cognomi (il Regio decreto 7 aprile 1927, n. 494 estenderà a tutti i territori delle nuove Provincie le disposizioni contenute nel decreto-legge 10 gennaio 1926, n. 17, circa la restituzione in forma italiana dei cognomi delle famiglie della Venezia Tridentina).
Anche le leggi sulla scuola (la riforma Gentile sancirà formalmente l’obbligo dell’uso dell’italiano come unica lingua di istruzione nelle scuole del Regno, con la possibilità in aree mistilingui di studio della lingua locale in ore aggiuntive, previa richiesta delle famiglie all’inizio dell’anno scolastico. Con il R.D.L. 22 novembre 1925, verrà definitivamente abolito l’insegnamento delle lingue minoritarie, togliendo anche la possibilità delle ore aggiuntive nelle scuole elementari) e la religione asseconderanno la volontà del regime, costringendo alle dimissioni maestri e prelati dissidenti (a cento anni dall’incendio del Narodni dom, a 82 anni dalla promulgazione delle leggi razziali, il presidente della Repubblica italiana Sergio Mattarella e il presidente sloveno Borut Pahor si sono incontrati nel luglio scorso a Trieste rendendo omaggio anche alle vittime delle foibe).
E’ probabilmente anche per questo che nel settembre 1938 Mussolini proclamerà proprio a Trieste la promulgazione delle famigerate leggi razziali (al Regio decreto legge del 5 settembre 1938 che fissava Provvedimenti per la difesa della razza nella scuola fascista e a quello del 7 settembre che fissava Provvedimenti nei confronti degli ebrei stranieri fa seguito, il 6 ottobre una Dichiarazione sulla razza emessa dal Gran consiglio del fascismo. Tale dichiarazione viene successivamente adottata dallo Stato sempre con un Regio decreto legge che porta la data del 17 novembre dello stesso anno).
Una scelta tutt’altro che casuale in una data che ancora oggi pesa - che come tante purtroppo! - sulla coscienza della nostra storia.
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