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Ore 10,12. Carneficina in Piazza della Loggia


di Ilaria Romeo

Responsabile Archivio storico CGIL nazionale

Il 28 maggio 1974 a Brescia, durante una manifestazione unitaria del sindacato, scoppia una bomba a Piazza della Loggia.

È una strage fascista; i morti sono otto, di cui cinque attivisti della CGIL: Giulietta Banzi Bazoli di anni 34, Livia Bottardi Milani di anni 32, Clementina Calzari Trebeschi di anni 31, Euplo Natali di anni 69, Luigi Pinto di anni 25, Bartolomeo Talenti di anni 56, Alberto Trebeschi di anni 37, Vittorio Zambarda di anni 60.

Raccontiamo gli avvenimenti di quella giornata attraverso i quotidiani del giorno stesso e dei giorni a seguire, le foto, il discorso di Luciano Lama ai funerali delle vittime che riproponiamo nella sua interezza:

“Signor Presidente della Repubblica, Signor Presidente del Consiglio, dirigenti di partiti democratici, amici, compagni di Brescia, l’Italia dei lavoratori, l’Italia democratica è presente oggi qui a Brescia per dare il saluto estremo a suoi lavoratori e dirigenti sindacali, tre donne e tre uomini uccisi martedì in questa stessa piazza, dalla furia omicida di criminali fascisti. Questa strage di innocenti, di cittadini onesti, esemplari, costituisce l’ultimo anello di una catena che ha avuto inizio a Piazza Fontana nel ‘69 e che in altre regioni d’Italia e in questa stessa provincia si è via via snodata in attentati, in fatti di sangue, in insulti allo spirito democratico e alla serenità del nostro popolo. Questi nostri fratelli sono stati uccisi perché protestavano contro il fascismo, perché volevano che a trent’anni dalla liberazione la vita democratica potesse svolgersi in Italia sulla base di principi costituzionali: difendevano la nostra libertà, la libertà degli italiani. Il loro sacrificio dimostra che i valori fondamentali della Resistenza non sono pienamente operanti in Italia. Il loro sacrificio denuncia una carenza drammatica della nostra democrazia: longanimità, incertezze, complicità, anche, che permettono al risorgente fascismo di rialzare la testa e di seminare lutti e stragi nel nostro Paese. Eppure le forze che vogliono difendere la Repubblica e le istituzioni sono grandi e vigilanti. Lo abbiamo visto l’altro ieri, nel corso delle imponenti manifestazioni svoltesi in ogni città d’Italia durante lo sciopero proclamato dalla Federazione CGIL-CISL-UIL. I fascisti, i criminali sono isolati, raccolgono disprezzo e indignazione fra le masse lavoratrici, non riescono a seminare paura e confusione. Ma il consenso della popolazione italiana, la determinazione ferma delle masse lavoratrici a difendere nella pratica i valori della democrazia, devono trovare corrispettivo adeguato nella fermezza con la quale il governo e l’autorità dello Stato applica la legge, nella sua versione severa e dura nei riguardi dei criminali omicidi. Non è sufficiente, oggi, la condanna dei crimini. Di fronte a questi poveri morti, di fronte a questi nostri morti noi diciamo basta! Diciamo che gli attentati devono essere prevenuti, che i fascisti devono essere perseguiti, che le centrali della provocazione e del terrorismo devono essere snidate e distrutte. I lavoratori sono un presidio della democrazia e non si fanno giustizia da se, ma chiedono, ma vogliono che giustizia sia fatta: e in un Paese democratico la difesa della libertà spetta alle Istituzioni. In questa opera di restaurazione della democrazia esse avranno la collaborazione delle masse lavoratrici e dei cittadini per individuare e colpire i sovvertitori dell’ordine democratico. La Federazione CGIL-CISL-UIL sente profondamente il rapporto che esiste tra la difesa delle libertà e le condizioni economico-sociali delle masse popolari. Per questo anche il nostro impegno di questi giorni per una politica di riforme e di sviluppo economico che muti progressivamente i modelli a cui l’economia italiana si è conformata negli ultimi decenni, ha per noi un profondo significato di carattere generale. Le minacce di un serio, ulteriore deterioramento della situazione economica e di conseguente caduta dell’occupazione, rappresentano a nostro giudizio un pericolo incombente per gli spazi che in tal modo si offrirebbero alle manovre eversive dei nemici della Repubblica. Il fascismo non solo in Italia ha sempre utilizzato le inquietudini e l’insicurezza sociale delle masse più diseredate per costruire sulla disperazione dei poveri, col finanziamento di gruppi le proprie fortune politiche. Per queste ragioni, per una difesa valida dei principi di libertà, per combattere con efficacia l’eversione fascista è dunque essenziale agire sull’economia per l’aumento dell’occupazione e per lo sviluppo del Paese. Anche in questo campo, come in quello più specifico dell’azione antifascista e della difesa della democrazia, un compito essenziale, ribadito solennemente in questi giorni, spetta alle forze politiche democratiche che hanno fatto la Resistenza, la Repubblica, la Costituzione. Nel momento triste del saluto estremo ai nostri compagni e fratelli, vogliamo esprimere come Federazione sindacale la nostra commozione, la nostra partecipazione al dolore delle madri, dei padri, dei figli, dei fratelli, dei congiunti dei sei caduti. Noi abbiamo conosciuto anche di persona alcune di queste vittime della barbara aggressione fascista. Erano donne e uomini semplici, impegnati nel lavoro del sindacato come in una missione di emancipazione sociale e di liberazione morale ed umana. Credevano profondamente nel valore di uno strumento che unisce i lavoratori fra di loro non solo per difendere e migliorare la condizione materiale ma per dare alle classi lavoratrici una ragione di lotta, di impegno civile, di sviluppo culturale e umano. Chi di noi ha avuto durante il periodo antifascista, nella guerra partigiana fratelli, compagni caduti sulle montagne, sa che il dolore della perdita di oggi e inconsolabile e sa, nel contempo, che anche per onorare questi morti c’è un mezzo solo: continuare l’opera loro, impegnarsi nell’azione, battersi per le idee che hanno riempito la loro esistenza di militanti. I lavoratori non si piegheranno sotto il terrorismo dei fascisti, mandanti o sicari. La determinazione delle masse lavoratrici, del mondo sindacale, di tutte le forze democratiche non permetterà che il passato ritorni. Brescia, 31 maggio 1974”.

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