Intervento del ministro del lavoro Donat Cattin nella discussione alla Camera dei deputati, 14 maggio 1970
Su
questa legge si fondano non da oggi, ma da parecchi anni, speranze e timori.
[…] Il provvedimento in questione riconosce il sindacato in fabbrica; riconosce
il diritto a tenere l’assemblea nei luoghi di lavoro e ad avere propri
delegati; stabilisce una determinata procedura nell’esercizio dei diritti
sindacali; afferma tutta una serie di diritti e divieti a garanzia delle
libertà dei lavoratori, tra i quali è importante, sopra tutti gli altri, il
divieto della monetizzazione del licenziamento che la legge n. 604 ammetteva
sempre, con la sola eccezione costituita dal licenziamento intimato con
violazione dell’articolo 4 di tale legge. Stabilisce infine, in materia di
collocamento, un diritto e non un ordinamento, cioè il diritto che il
collocamento nella misura esecutiva, non soltanto quindi come consultazione ma
in termini esecutivi e di disposizione, sia esercitato nell’ambito della
funzione pubblica e statuale, ma da rappresentanze che sono in maggioranza dei
lavoratori, cioè di coloro i quali sono soggetto e oggetto dell’attività di
collocamento. […] Questa esperienza [di difesa effettiva degli interessi dei
lavoratori] ci ha portati, attraverso una fase di discussione e di
elaborazione, a concepire la teoria della legislazione di sostegno: cioè non di
una legislazione ordinativa del sindacato, la quale desse al potere politico la
facoltà di ingerirsi nell’ordinamento del sindacato, ma di una legislazione che
attribuisse al sindacato dei lavoratori determinate libertà, determinati
poteri, determinate facoltà. […] Questo disegno di legge si inquadra in una
legislazione di sostegno del sindacato, ma include anche altre norme che, oltre
che al sindacato come tale, tendono a garantire diritti e libertà ai singoli
lavoratori. Questo è il disegno finale che esce dalla elaborazione governativa
e parlamentare. […] A tutti quelli che hanno pagato, in qualche maniera, per i
diritti del lavoro, e all’amico Brodolini, noi dedichiamo questo atto di
Governo, questo atto della vita parlamentare italiana. […] Ritengo che, nel
dedicare all’onorevole Brodolini e a tutti coloro che hanno pagato un prezzo
più o meno alto per l’affermazione dei diritti di libertà e di democrazia che
il movimento operaio ha portato avanti, noi non ci soffermeremo tanto sulle
manchevolezze e sulle deficienze di questo disegno di legge, quanto sulla
volontà di compiere questa svolta effettiva, non sul piano delle ricerche di collaborazione
e di comprensione, ma piuttosto sul piano di una affermazione dura e precisa
dei diritti dei lavoratori che, come cittadini, partecipano alla costruzione di
una repubblica fondata sul lavoro e vogliono che sia riconosciuta la
possibilità di organizzazione e di manifestazione dei loro interessi, che essi
sanno, autonomamente, inquadrare nel contesto degli interessi nazionali e che,
attraverso questo strumento legislativo, vengono sostenuti senza alcuna briglia
per l’affermazione di queste esigenze e di questi ideali.
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