Il 5 di marzo, domenica, un grande convegno popolare,
presieduto da Danilo Dolci, Lorenzo Barbera, Corrado Corghi (consigliere
nazionale della Dc), Salvo Riela, Bruno Zevi, Angelo Ganazzoli (presidente
dell’Esa) e Leonardo Di Salvo, nella sala del cinema “Nuovo” di Partanna,
analizza con attenzione tutti i più gravi problemi che affliggono
incessantemente le genti delle valli del Belice, del Carboj e dello Jato e
mette dettagliatamente a fuoco gli obiettivi della manifestazione popolare che
deve avere il suo inizio nella mattinata del giorno seguente. La relazione di
base, nella prima parte della giornata, viene svolta da Lorenzo Barbera,
dirigente del centro di pianificazione delle valli. Egli ribadisce innanzi tutto
la necessità che vengano costruite o definite le dighe: Arancio sul Carboj, per
ora funzionante al 50%, Poma sullo Jato, Garcia sul Belice destro, Cicio sul
Modione, Malvello sulla sorgente Malvello. Definendo o costruendo queste dighe
si verrebbero a creare infatti 36.100 posti nuovi in agricoltura.
Il suo secondo appunto è rivolto alla riforma agraria: in
seguito alla vecchia riforma sono stati assegnati circa 1.400 lotti. La
superficie investita dalla riforma è di circa il 2,8% dell’intera superficie della
valle del Belice. Ogni lotto misura circa 4 ettari ed ha un reddito lordo
scarsissimo che va dalle 200 alle 350 mila lire annue. Tutto questo
naturalmente perché sono stati assegnati i terreni peggiori, senza possibilità
alcuna di trasformazione.
Di questi 1.400 lotti circa 670 sono stati fomiti di case
coloniche che sono a loro volta rimaste per molti anni prive di ogni servizio
come l’acqua, la scuola etc. Tra il 1952 e il 1958 sono stati spesi circa 2
miliardi e 700 milioni di lire per munire di attrezzature queste abitazioni, ma
attualmente delle 670 case soltanto 260 sono abitate con una certa stabilità.
Soltanto uno di tutti i villaggi è effettivamente abitato e funzionante: Piano
Cavaliere, che la Dc utilizza come propaganda del suo regime con frequenti
fotografie su certe riviste.
Terzo punto messo in evidenza da Barbera è quello delle
scuole per tutti: nei 35 Comuni che aderiscono alla manifestazione gli abitanti
sono complessivamente 342.000. Gli analfabeti sono circa 103.000.
Nei prossimi cinque anni è quindi auspicabile un piano atto
ad istruire almeno 54.000 persone, per cui sono necessarie 2200 classi di
scuole popolari. Nella zona a sua volta il corpo insegnanti è presente nel
numero di circa 5000 di cui quasi 4000 sono disoccupati. Il piano per
l’istruzione popolare verrebbe quindi ad occupare gli insegnanti disoccupati.
Dopo il Barbera sono intervenuti più o meno brevemente Michele Mandillo, Salvo
Riela ed Angelo Ganazzoli; a quest’ultimo si deve un duro e frontale attacco
alla mafia: “Non è arrestando Liggio e Panzeca che si combatte la mafia - ha
detto - bisogna colpire i colletti duri, cioè le persone che stanno dietro gli
esecutori. Solo così possono venir fuori i nomi di uomini politici, di
professionisti, di notabili”.
Nel pomeriggio di poi, sotto la presidenza di Bruno Zevi, è
intervenuto per primo Simone Gatto ribadendo con fermezza la necessità di
ristrutturare la Sicilia in Comuni e in comprensori di Comuni, eliminando così
le ormai superate province. Sono intervenuti tra gli altri Michele Pantaleone e
V. Giacalone.
Il 6 di marzo, lunedì, alle 10 circa da Partanna, parte il
lungo corteo della marcia della protesta e della speranza per la pace e per lo
sviluppo socio-economico della Sicilia occidentale. Guidano la colonna Danilo
Dolci, Bruno Zevi, Ernesto Treccani, Antonio Uccello, Lorenzo Barbera ed il
piccolo e timido vietnamita Vo Van Ai, eroe della resistenza del suo popolo
contro i francesi, delicato poeta e sociologo di indiscussa preparazione. Lungo
il percorso che da Partanna porta a Castelvetrano, punto di arrivo della prima
tappa, alla vistosissima schiera di marciatori si aggiungono gruppi di gente,
contadini, operai della valle del Belice. Hanno portato “pane e tumazzu” per
fare colazione durante le soste della estenuante marcia. Dai loro volti segnati
dalle fatiche dei lavoro e dalle lunghe sofferenze traspaiono fermezza e
soddisfazione: uno stato d’animo veramente sorprendente per la gente di questa
zona che conosce molto da vicino la prepotenza di certi personaggi, il “bavagghiu”
alla bocca e la lupara.
Attraverso Castelvetrano la colonna conclude la prima tappa
alla diga Delia alle 16.
Il giorno successivo, 7 di marzo, martedì, la suggestiva marcia da Castelvetrano raggiunge Menfi, dove i pubblici discorsi di Dolci e di Lucio Lombardo Radice tracciano i programmi e le caratteristiche della manifestazione, auspicando un maggiore benessere per i lavoratori e per i contadini siciliani che lottano per una Sicilia nuova.
Il giorno successivo, 7 di marzo, martedì, la suggestiva marcia da Castelvetrano raggiunge Menfi, dove i pubblici discorsi di Dolci e di Lucio Lombardo Radice tracciano i programmi e le caratteristiche della manifestazione, auspicando un maggiore benessere per i lavoratori e per i contadini siciliani che lottano per una Sicilia nuova.
Il mercoledì 8 marzo, la colonna arriva a conclusione della
terza tappa della marcia, a Santa Margherita Belice. L’incontro tra la
popolazione della cittadina ed i marciatori avviene in uno stanzone fresco di
intonaco posto sul corso principale.
Dopo il solito discorso chiarificatore di Dolci, prende la
parola Ernesto Treccani dichiarando con commossa semplicità e con grande
chiarezza il suo scopo preciso, che è quello di contribuire con i suoi mezzi
alla rinascita ed al risveglio della povera gente di Sicilia e spiegando quale
è il senso del lavoro di un pittore, come esso può contribuire attraverso il
segno grafico a dare una spinta di vita sociale. E’ intervenuto quindi Carlo
Levi parlando delle sue esperienze compiute nel 1935 nei paesini della Lucania
dove egli fu costretto ad abitare per lunghi anni come esiliato politico. Il
mondo già espresso nei suoi libri Cristo
si è fermato ad Eboli e Le parole
sono pietre. È venuto così fuori in un discorso di estrema semplicità.
E’ intervenuto infine lo scultore palermitano Giacomo
Baragli che ha accomunato la sua esperienza di ‘emigrato’ a quella ancor più
grave dei contadini presenti in sala che sono stati costretti in questi anni ad
espatriare all’estero.
Il giovedì 9 marzo si giunge, nel tardo pomeriggio, a
Roccamena.
L’incontro con il pubblico del paese viene interamente
dedicato alla pace. Si proietta un documentario sulle atrocità che gli
americani compiono nel Vietnam e vengono letti alcuni stralci di reportage e di
testimonianze di questa guerra balorda: “Prendono un Viet e gli fanno mettere
le mani sulle guance, poi prendono un filo di ferro e glielo fanno passare
attraverso la guancia, fin dentro la bocca, poi fanno passare il filo
attraverso l’altra guancia e l’altro mano, poi tirano il filo”.
La voce è di Vito Cipolla.
Si conclude a Partinico in piazza Garibaldi la quinta e
penultima tappa, senza dubbio una delle più dure (30 Km), nella serata del
venerdì 10 marzo con un pubblico incontro tra gli organizzatori ed il popolo
della cittadina e con la lettura di un messaggio d’adesione e di solidarietà
inviato da Roma ai manifestanti dai pittori Renato Guttuso e Corrado Cagli.
Altrettanto lunga ed estenuante è l’ultima tappa che da Partinico, attraverso
Borgetto, Pioppo e Monreale, conduce i marciatori a Palermo. La colonna, che
durante il percorso si era vistosamente infoltita diventa nutritissima alle
porte della città. Gruppi di giovani, con cartelli inneggianti alla pace ed
allo sviluppo sociale ed economico della nostra terra, confluiscono con
incredibile continuità nella fiumana immensa dei manifestanti che per il corso
Calatafimi scende rumorosamente, e per le grida di protesta e per le richieste,
fatte ad alta voce, del diritto alla vita ed alla libertà, verso il centro
della città.
In piazza Kalsa alle 17.30 avviene il festosissimo incontro
tra i marciatori e la Palermo operaia.
E’ una grande manifestazione popolare il cui significato si individua in due punti essenziali: condanna aperta della attuale classe dirigente per l’inefficienza ormai lungamente dimostrata nel risolvere i problemi più urgenti e vitali dell’isola; ferma volontà di rompere con un mondo, con una maniera di condurre la cosa pubblica, tutte cose che puzzano di marcio.
E’ una grande manifestazione popolare il cui significato si individua in due punti essenziali: condanna aperta della attuale classe dirigente per l’inefficienza ormai lungamente dimostrata nel risolvere i problemi più urgenti e vitali dell’isola; ferma volontà di rompere con un mondo, con una maniera di condurre la cosa pubblica, tutte cose che puzzano di marcio.
Per primo dalla tribuna interviene Danilo Dolci leggendo
alla cittadinanza la risoluzione del convegno di Partanna e ribadendo in secondo
luogo la necessità che la commissione parlamentare antimafia renda pubblici gli
atti in suo possesso.
Altri interventi fanno registrare Nino D’Angelo, Sergio
Rapisardi, Lorenzo Barbera e Carlo Levi che definisce la manifestazione “un
Parlamento democratico, che è sorto come presa di coscienza che rappresenta una
realtà unitaria”.
Conclude la serie di interventi molto drammaticamente Vo
Van Ai: “Tutta la mia infanzia e quella della mia generazione non ha conosciuto
che la guerra. A tredici anni ho conosciuto la prigione. La prima notte che mi
hanno arrestato, nella camera degli interrogatori ho visto coi miei occhi
cinque miei compatrioti torturati fino alla morte. Ho visto donne violentate,
villaggi incendiati, bambini gettati nel fuoco. Ma tutte queste immagini
esprimono soltanto la milionesima parte di quanto avviene attualmente nel Sud
Vietnam, giorno dopo giorno, notte dopo notte. Avete mai visto dei bambini
napalmizzati? Avete mai visto madri divenire folli davanti ad atrocità
incommensurabili? Immaginate il cielo della Sicilia tutta ad un tratto
stracciato da migliaia di aerei della morte, il cui solo rumore dei motori ci
rende folli? Immaginate le vostre case e le vostre spiagge divenire d’un tratto
basi militari? Ora nel Sud Vietnam una prostituta può nutrire quattro persone
(la ruffiana che l’alberga, il protettore, l’uomo che col triciclo le porta il
cliente e lei stessa), mentre un operaio specializzato non ha il lavoro per
guadagnarsi il suo pane. Ci sono ragazze che scambiano il loro corpo per un
pezzo di pane o per una bottiglia di latte. E chi deve ricevere aiuti
governativi vede che le sue somme attraversando tante mani burocratiche
divengono un niente. Né la libertà, né democrazia ora esistono nel Sud Vietnam.
Chi parla di pace e di neutralismo viene tacciato come comunista, imprigionato
ed ucciso. Affinché una soluzione sia realizzabile, è necessario che tutti i
popoli del mondo facciano pressione sui loro governi perché questi
all’unanimità domandino: 1) La cessazione immediata di tutti i bombardamenti
americani nel Vietnam. 2) La cessazione del sostegno americano al governo Ky
nel Sud Vietnam. 3) La costituzione al Sud di un governo civile eletto dal
popolo, indipendente da tutte le ingerenze straniere, che possa lavorare
effettivamente per la pace, negoziando per la cessazione delle ostilità e
tendendo alla riunificazione. Voi avete sentito che i nostri problemi sono anche vostri; come io sento che i
vostri problemi sono anche i miei. La soluzione dei problemi fondamentali nel
Vietnam, nella Sicilia, in ogni paese del mondo è necessaria non solo al
singolo paese ma a ciascuno al mondo. Viva il Vietnam e la Sicilia”. Jerry Cooper, cantante negro ha cantato infine uno spiritual”.
Da «L’idea
socialista» 1967, in Salvo Vitale, Nel
cuore dei coralli. Peppino Impastato: una vita contro la mafia, Rubbettino
1995.
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