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Madri costituenti - di Ilaria Romeo

Il 2 giugno 1946 in Italia si vota per il referendum istituzionale tra Monarchia o Repubblica e per eleggere l’Assemblea costituente. Le donne elette sono 21 su un totale di 556 deputati: 9 del Partito comunista, 9 della Democrazia cristiana, due del Partito socialista, una dell’Uomo Qualunque.
Provenienti da tutta la penisola, in maggioranza sposate (14 su 21) e con figli, giovani e dotate di titoli di studio (14 laureate), molte hanno preso parte alla Resistenza, pagando spesso personalmente e a caro prezzo le loro scelte, come Adele Bei, condannata nel 1934 dal Tribunale speciale a 18 anni di carcere per attività antifascista, Teresa Noce, messa in carcere e poi deportata, Rita Montagnana.
Delle 21 elette, la prima per numero di preferenze è Bianca Bianchi, socialista, professoressa di Filosofia, che a Firenze ha avuto 15 mila voti. Dirà di lei il Risorgimento liberale del 26 giugno 1946: “Vestiva un abito colore vinaccia e i capelli lucenti che la onorevole porta fluenti e sciolti sulle spalle le conferivano un aspetto d’angelo. Vista sull’alto banco della presidenza dove salì con i più giovani colleghi a costituire l’ufficio provvisorio, ingentiliva l’austerità di quegli scanni. Era con lei (oltre all’Andreotti, al Matteotti e al Cicerone) Teresa Mattei, di 25 anni e mesi due, la più giovane di tutti nella Camera, vestita in blu a pallini bianchi e con un bianco collarino. Più vistose altre colleghe: le comuniste in genere erano in vesti chiare (una in colore tuorlo d’uovo) […]”.
Pur tenendo conto delle istanze dei rispettivi partiti, le costituenti fecero spesso fronte comune sui temi dell’emancipazione femminile, per superare i tanti ostacoli che rendevano difficile la partecipazione delle donne alla vita politica e non solo. L’esempio forse più pregnante di questo lavoro è la formulazione dell’articolo 3 della Costituzione. Si deve a Lina Merlin l’introduzione della locuzione “di sesso” nell’elenco delle discriminazioni da superare ed è stata Teresa Mattei a volere la fondamentale aggiunta “di fatto” alla frase “limitando la libertà e l’uguaglianza dei cittadini”, nel comma sugli ostacoli di ordine economico e sociale da rimuovere per consentire lo “sviluppo della persona umana” e la partecipazione dei lavoratori alla vita del Paese (tra gli articoli della Costituzione nei quali ha inciso il lavoro delle parlamentari segnaliamo anche il 29, il 30, il 31, il 37, il 48 e il 51).
Delle 21 costituenti, 5 entrano nella famosa “Commissione dei 75”: Maria Federici (Pci), Angela Gotelli (Dc), Nilde Iotti (Pci), Lina Merlin (Psi) e Teresa Noce (Pci). Una particolare attenzione viene da loro rivolta al tema della famiglia, a partire dall’uguaglianza dei coniugi: ci saranno nel corso dei lavori non pochi scontri con buona parte dei colleghi maschi, i quali sostenevano la necessità di un sistema gerarchico all’interno della famiglia e l’ovvietà che al vertice si trovasse il marito.
Un altro tema fondamentale sarà il lavoro: tutela della maternità, parità dei salari, pari opportunità nell’accesso a tutte le professioni saranno gli argomenti maggiormente dibattuti. “Le consultrici, il 25 luglio 1946, chiesero e ottennero d’estendere il premio della Repubblica, di lire 3.000, alle vedove di guerra e alle mogli dei prigionieri: [...] come manifestazione di solidarietà per le durissime condizioni di vita in cui versavano quelle donne con le loro famiglie e che le ponevano fra le più colpite e misere categorie della nazione. Tutte s’impegnarono per la parità, compresa quella salariale, denunciando alla “Commissione dei 75” qualsiasi tentativo discriminatorio volto a escludere le donne dal lavoro extradomestico, come quello che introduceva le parole essenziale funzione familiarenell’articolo riguardante la tutela della maternità o quello che limitava l’accesso delle donne alle carriere pubbliche”.
Particolarmente accesa fu la discussione relativa all’accesso in magistratura, per la quale le donne erano ritenute troppo emotive e sensibili. La scelta delle costituenti di mettere ai voti un doppio emendamento riuscì a garantire il risultato che le donne volevano raggiungere: bocciato l’emendamento Rossi-Mattei (120 voti su 153) che dichiarava esplicitamente il diritto femminile di accesso a tutti i gradi della magistratura, passò quello della Federici, che sopprimeva la parte limitante dell’articolo in discussione.
Maria Federici, Nilde Iotti, Lina Merlin e Teresa Noce sono sempre presenti alle sedute della Costituente e sono spesso relatrici e correlatrici dei temi all’ordine del giorno. Afferma Fernanda Contri: “Degne di nota sono le parole pronunciate da Lina Merlin nella seduta del 10 maggio 1947, in relazione alla speciale protezione che la Repubblica deve concedere alla maternità e all’infanzia, recepite poi dall’articolo 31. Così come sono da rileggere tutte le osservazioni formulate dalla stessa Merlin e poi da Teresa Noce nel corso della discussione sulle garanzie economico-sociali per l’assistenza alla famiglia del 18 settembre 1946. Diceva la Noce che riteneva giusto non formulare articoli con eccessive specificazioni, ma che occorreva comunque dare precise direttive per la legislazione che dovrà conformarsi alla Carta costituzionale”.
Le costituenti sono unite nel voto favorevole all’articolo 11, relativo al ripudio della guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali, e anche singolarmente si fanno promotrici di importanti diritti civili (Nadia Gallico Spano fu la prima ad affermare la necessità di stabilire l’uguaglianza fra figli nati all’interno e al di fuori del matrimonio e di cancellare la definizione “figli di N. N.” destinata a questi ultimi).
Sosterrà Marisa Cinciari Rodano, in occasione della presentazione del libro Le donne della Costituente per la celebrazione del 60° della Costituzione (Roma, 31 maggio 2007), che la presenza delle 21 donne elette costituì la vera novità dell’Assemblea costituente: “Donne già mature, nate nell’ultimo quindicennio dell’Ottocento e nei primissimi anni del Novecento, che avevano combattuto contro il regime prima della marcia su Roma o che avevano dovuto abbandonare l’impegno politico dopo l’avvento del fascismo, per sostituirlo con la militanza nelle associazioni cattoliche o di beneficenza; donne provenienti dalla Resistenza come Nilde Iotti, Teresa Mattei, Laura Bianchini, Bianca Bianchi, Maria Maddalena Rossi”.
Alcune erano giovanissime. Teresa Mattei, Nilde Iotti e Angiola Minella avevano poco più di 25 anni, Filomena Delli Castelli e Nadia Spano ne avevano 30. “La novità non era soltanto che per la prima volta, in Italia, vi erano donne elette in un consesso parlamentare – a giudizio della Cinciari Rodano –, ma che quelle donne hanno impresso un segno significativo nella Carta fondamentale che sta alla base dell’ordinamento della Repubblica. Di certo, che vi fossero donne in quell’assemblea era, di per sé, un fatto straordinario; coronava decenni e decenni di lotta dei movimenti femminili e femministi e di iniziative nel Parlamento prima del fascismo”.
Un diritto che venne riconosciuto in extremis, nell’ultimo giorno utile per la composizione delle liste elettorali, alla fine del gennaio 1945, ma che non fu una benevola concessione, bensì “il doveroso riconoscimento del contributo determinante che le donne, con le armi in pugno e soprattutto con una diffusa azione di massa, di sostegno alla Resistenza, avevano dato alla liberazione del Paese”.
Pubblicato anche su Rassegna Sindacale dell'8 marzo 2018

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