Passa ai contenuti principali

Dieci cose che non sai - o forse sì - sul Grande Torino, di Ilaria Romeo

Il 4 maggio 1949 pochi minuti dopo le 17.00, il trimotore Fiat G.212 della compagnia aerea ALI, siglato I-ELCE, con a bordo l’intera squadra del Toro si schianta contro la basilica di Superga.
Finisce così, in modo assurdo e imprevedibile, l’epopea del Grande Torino, pluricampione d’Italia, una delle formazioni più forti della storia del calcio.
“Quello che ho capito poi - dirà Sandro Mazzola - è che per gli italiani quel Torino rappresentava la rinascita dopo la guerra e dopo la miseria, e che ricominciava finalmente la vita. Il Toro era l’esempio di come si poteva far rivivere il Paese vincendo, non le partite, ma la vita”.
“Forse era troppo meravigliosa questa squadra perché invecchiasse; forse il destino voleva arrestarla nel culmine della sua bellezza”, dirà di loro Carlo Bergoglio, ‘pioniere del calcio italiano’.

A seguire dieci cose che non sai - o forse sì - sulla fine di una squadra diventata leggenda.

1. Tutto iniziò con un Italia-Portogallo in cui Valentino Mazzola promise al capitano del Benfica Francisco Ferreira una partita in trasferta in occasione del suo addio al calcio per aiutare l’amico in difficoltà economiche.

2. Nello schianto moriranno tutte le 31 persone a bordo: la rosa del Torino (18 giocatori), 3 dirigenti, 2 allenatori, il massaggiatore, tre giornalisti (Renato Casalbore, fondatore di Tuttosport, Renato Tosatti della Gazzetta del Popolo e Luigi Cavallero de La Stampa, che la società granata aveva preferito a Vittorio Pozzo per via, si dice, dei cattivi rapporti tra l’ex Commissario Unico e Ferruccio Novo) e quattro membri dell’equipaggio.

3. Un parroco e un contadino. Saranno i primi ad accorgersi dell’incidente.

4. Il compito di identificare le salme sarà affidato all’ex commissario tecnico della nazionale Vittorio Pozzo. La squadra del Torino rappresentava i 10/11 della nazionale e lo shock per l’accaduto fu tale che l’anno seguente la Nazionale italiana si recò ai mondiali in Brasile in nave.

5. Il Torino fu proclamato vincitore del campionato a tavolino. Tutte le squadre in gara, compreso lo stesso Toro, schiereranno le formazioni giovanili nelle restanti quattro partite.

6. Si salvò solo chi non era partito perché infortunato (Sauro Tomà), non convocato (Renato Gandolfi) o ammalato come il presidente Ferruccio Novo e come Luigi Giuliano (Tommaso Maestrelli, invitato pur giocando nella Roma, non prese il volo poiché non riuscì a rinnovare in tempo il passaporto).

7. Uno dei portieri della squadra, Dino Ballarin, era un ex partigiano. A Liberazione avvenuta il volto e il nome di otto calciatori e allenatori del Grande Torino compaiono su un manifesto elettorale della Federazione torinese del Partito comunista a favore della Repubblica, nel referendum del 2 giugno 1946.

8. I funerali si terranno il 6 maggio del 1949. All’esterno di Palazzo Madama si radunerà circa mezzo milione di persone. In rappresentanza del Governo parteciperà alle esequie un giovane Giulio Andreotti. “La città era tutta per strada quel giorno - racconterà Giorgio Tosatti - nessuno era voluto restare in casa mentre passava il Torino. Fabbriche, uffici, negozi serrati. Gente e bandiere da tutta Italia in un pellegrinaggio d’affetto. Lunghissime ore di strazio: una via crucis di strada in strada, dietro quell’interminabile colonna di fiori e di morti. La città era muta e spenta e respirava dolore. Non vedrò più una folla così immensa e quieta, non vedrò più una città soffrire come soffrì quel giorno Torino”.

9. Il 10 aprile del 2018 è morto all’età di 92 anni Sauro Tomà, l’ultimo superstite.

10. Questo 71esimo anniversario della tragedia di Superga è stato diverso dal solito a causa del Coronavirus. Ma i tifosi e le vecchie glorie del club si sono organizzati attraverso flash mob dai balconi e social (guarda il video) ed anche la Mole si è vestita di granata, unendoci, come ogni anno, nel rispetto e nel ricordo degli ‘invincibili’. Una squadra patrimonio di tutti, anche della Juventus che così ha omaggiato gli avversari: “Il 4 maggio 1949 scompariva il #GrandeTorino. La Juventus si unisce al ricordo e celebra i grandi campioni coinvolti nella tragedia di Superga”.

Pubblicato anche su Strisciarossa il 6 maggio 2020.

Commenti

Post popolari in questo blog

Perché l’umanità ha sempre avuto paura delle donne che volano, siano esse streghe o siano esse libere

Ve le ricordate “le due Simone”? Simona Pari e Simona Torretta, rapite nel 2004 a Baghdad nella sede della Ong per cui lavoravano e rientrate a Fiumicino dopo cinque mesi e mezzo di prigionia. “Oche gulive” le definì un giornale (volutamente con l’articolo indeterminativo e la g minuscola!) commentando il desiderio delle due ragazze di ritornare alla loro vita normale precedente il rapimento. E Greta Ramelli e Vanessa Marzullo, le due ragazze italiane rapite in Siria più o meno dieci anni dopo, ve le ricordate? Ve le ricordate ancora Carola Rackete, Greta Thunberg, Laura Boldrini, da ultima Giovanna Botteri? Cosa hanno in comune queste donne? Probabilmente tante cose, probabilmente nulla, ma una è talmente evidente da non poter non essere notata: sono state tutte, senza pietà e senza rispetto, lapidate sul web. Perché verrebbe da chiedersi? E la risposta che sono riuscita a darmi è solamente una: perché sono donne indipendenti, nel senso più vero ed intimo della parola. An...

Il giuramento di Mauthausen

Si aprono le porte di uno dei campi peggiori e più insanguinati: quello di Mauthausen. Stiamo per ritornare nei nostri paesi liberati dal fascismo, sparsi in tutte le direzioni. I detenuti liberi, ancora ieri minacciati di morte dalle mani dei boia della bestia nazista, ringraziano dal più profondo del loro cuore per l’avvenuta liberazione le vittoriose nazioni alleate, e saluta no tutti i popoli con il grido della libertà riconquistata. La pluriennale permanenza nel campo ha rafforzato in noi la consapevolezza del valore della fratellanza tra i popoli. Fedeli a questi ideali giuriamo di continuare a combattere, solidali e uniti, contro l’imperialismo e contro l’istigazione tra i popoli. Così come con gli sforzi comuni di tutti i popoli il mondo ha saputo liberarsi dalla minaccia della prepotenza hitleriana, dobbiamo considerare la libertà conseguita con la lotta come un bene comune di tutti i popoli. La pace e la libertà sono garanti della felicità dei popoli, e la ricostruzion...

Nel suo volto la storia dei cafoni

Pepite d’Archivio: ancora Gianni Rodari su Giuseppe Di Vittorio in un NUOVO, bellissimo testo da leggere tutto d’un fiato. Il brano, recuperato da Ilaria Romeo (responsabile dell’Archivio storico CGIL nazionale che lo conserva)  è tratto da «Paese Sera» del 3 novembre 1977 “Il 3 novembre del 1957 moriva a Lecco, dove si era recato per inaugurare la sede della Camera del lavoro, Giuseppe Di Vittorio. Ricordo la commozione di quelle ore, mentre la salma veniva trasportata a Roma per i funerali. Ricordo quei funerali. Roma ne ha conosciuti di più grandiosi. Quello di Togliatti, anni dopo, ebbe le proporzioni di una gigantesca manifestazione di forza. Ma non si è mai vista tanta gente piangere come ai funerali di Di Vittorio. Anche molti carabinieri del servizio d’ordine avevano le lacrime agli occhi. La cosa non stupiva. Di Vittorio non era stato solo il capo della Cgil e per lunghi anni un dirigente tra i più popolari del Pci: era diventato un uomo di tutti, stava nel cuor...