Se la celebrazione del Primo maggio
diviene, ogni anno, più grandiosa nel mondo gli è perché il suo significato
esprime le aspirazioni più profonde e più vive dell’uomo. Il Primo maggio,
infatti, esalta la potenza del lavoro e le priorità e la nobiltà della sua
funzione nella vita d’ogni società umana. In pari tempo, questa giusta
esaltazione pone in maggior luce l’ingiustizia rivoltante del fatto che, in
tanta parte del mondo, il lavoro non è
libero, essendo sottoposto al giogo del capitale e subordinato alla
legge barbarica del profitto di pochi, a detrimento di tutti. Non essendo
libero, il lavoro non può espandersi, secondo i crescenti bisogni dell’uomo;
non può utilizzare tutta la sua potenza creatrice, per soddisfare le incessanti
esigenze di vita e di progresso dell’umanità. Ogni possibilità di lavoro e di
produzione è condizionata e limitata dalla convenienza o meno dei detentori del
capitale, dei loro trust, dei loro monopoli.
Di qui, le mostruosità inumane del sistema
capitalistico: immense estensioni di terre incolte o malcoltivate e masse
enormi di braccianti disoccupati; fabbriche che si chiudono e milioni di
famiglie prive dei prodotti più necessari; tonnellate di grano buttate a mare -
per mantenere elevati i prezzi - e milioni di uomini e di donne e di bambini
che scarseggiano o mancano del pane. Da questo sistema di predominio del
capitale, da questo sistema di sfruttamento dell’uomo sull’uomo, sorgono le
crisi, la disoccupazione, la miseria, di cui soffrono le popolazioni. Da questo
sistema d’ingiustizia e di sopraffazione, sorgono le cupidigie e le brame di
rapina dei grandi monopoli su altri Paesi, su altri mercati, su altre fonti di
materie prime. Di qui, sorgono le guerre imperialistiche, coi loro inseparabili
e terribili cortei di massacri, di distruzioni, di lutto, di carestia. Il Primo
maggio, pertanto, i lavoratori del mondo intero, celebrando la potenza
invincibile del lavoro, rivendicando il loro diritto alla conquista di migliori
condizioni di vita riaffermano la loro volontà collettiva di accelerare la
marcia verso l’emancipazione del lavoro, che libererà tutta l’umanità dal
timore delle crisi, dalla paura della fame, dall’incubo della guerra, ed aprirà
ad essa la via radiosa del benessere crescente e d’un più alto livello di
civiltà.
Il lavoro è creatore di beni; il lavoro
eleva gli uomini, li rende migliori e li affratella; il lavoro è pace. Il Primo
maggio, i lavoratori d’Italia e del mondo, esaltando il lavoro, ribadiscono la
loro volontà di pace e riconfermano solennemente il Patto della loro
solidarietà internazionale al disopra d’ogni frontiera di nazioni, di sistemi
politici e sociali di razze e di religioni. Tutti fratelli gli uomini e le
donne del lavoro!
All’alba di Maggio sorridono, quest’anno, fondate speranze di distensione internazionale e di costruzione d’una pace stabile. Ma i grandi monopoli, profittatori di guerra, non disarmano. Essi confessano d’aver paura della pace, avendo fondato le loro fortune sulla guerra.
Di fronte a questi vampiri, che vogliono
dividere ad ogni costo il mondo in blocchi nemici, per fomentare l’odio e la
guerra, i lavoratori d’Italia manifestano il Primo maggio la loro volontà di
difendere ad ogni costo la pace e di rinsaldare la loro fraternità coi
lavoratori dell’Unione Sovietica e di tutti i Paesi del mondo.
Il Primo maggio è anche una giornata di
rassegna delle forze organizzate del lavoro, di bilancio dei risultati
conseguiti dalle loro lotte, di precisazione delle prospettive della loro
marcia in avanti.
Due fatti positivi sono da registrare: le
forze della grande CGIL sono intatte e in pieno sviluppo; nuovi miglioramenti,
anche se lievi, sono stati strappati, in favore dei lavoratori.
Ma è troppo poco. Le condizioni di vita
dei lavoratori italiani sono tuttora misere, intollerabili. Bassi salari,
insufficienti prestazioni previdenziali e il flagello della disoccupazione,
sono tuttora i principali fattori delle privazioni e della miseria di cui
soffrono i lavoratori, e che continuano a restringere il mercato interno, a
ripercuotersi negativamente sulla produzione, ad intristire l’economia
nazionale.
I ceti privilegiati e il Governo, lungi
dall’accogliere le proposte concrete avanzate dal Congresso confederale di
Napoli, dirette a promuovere un grande sviluppo della produzione e la piena
occupazione, si sono posti sulla via del loro predominio assolutista sulla vita
del Paese, sulla via della reazione e della guerra.
L’attacco sferrato dal grande padronato e
dal Governo contro il diritto di sciopero e contro tutte le libertà
democratiche del popolo; la disciplina terrorista imposta ai lavoratori in
numerose fabbriche, hanno lo scopo di curvare i lavoratori e di sottoporli ad
uno sfruttamento sempre più intenso, per addossare loro le crescenti spese
improduttive del riarmo e della crisi economica.
Ma su questa via, il Governo e le classi
dirigenti non potranno che aggravare la situazione economica e politica, e
acutizzare i contrasti, esporsi ad amare delusioni. I lavoratori italiani non
si piegano.
Mentre tutte le bandiere dei nostri
sindacati unitari sventolano al sole di maggio, i lavoratori dei settori
decisivi del lavoro italiano - dell’industria, dell’agricoltura, del pubblico
impiego, ecc. - sono in agitazione, per una serie di rivendicazioni economiche,
urgenti e improrogabili. A queste, sono intimamente legate la difesa del
diritto di sciopero e di tutte le libertà democratiche garantite dalla
Costituzione.
Il Primo maggio, ribadendo le proprie
rivendicazioni più urgenti, una parola d’ordine si leverà da tutte le piazze: Avanti, sempre più avanti, sulla via
della conquista di migliori condizioni di vita e della difesa vigorosa e
inflessibile del diritto di sciopero, del lavoro, della libertà, della pace,
verso la conquista d’un avvenire migliore, per il popolo e per l’Italia!
Un’occasione non frequente si presenta
prossimamente ai lavoratori italiani per sconfiggere la reazione e la guerra:
le elezioni politiche del 7 giugno. Il Comitato direttivo della CGIL ha fissato
la sua posizione, sulle prossime elezioni. Fate che una copia della nostra
risoluzione giunga in ogni casa. La posta in giuoco è grossa.
Nella misura in cui i lavoratori d’ogni
opinione politica e fede religiosa comprenderanno il significato di queste elezioni,
voteranno con noi, contro i partiti della coalizione governativa e contro i
partiti neo fascisti e monarchici che rappresentano la coalizione del grande
padronato, schierata contro le rivendicazioni più sentite e le aspirazioni più
profonde del popolo. Tutti i lavoratori voteranno con noi, coi partiti del
lavoro, della libertà e della pace.
La festa del lavoro sia la festa
dell’unità, dell’amicizia, della fiducia. L’avvenire è del lavoro e dei
lavoratori.
L’umanità vuoi vivere e progredire nella
pace, nella libertà, nella fraternità. Solamente il trionfo delle forze del
lavoro potrà soddisfare appieno queste esigenze imperiose dell’umanità.
Da tutte le piazze d’Italia parta, il
Primo maggio, il saluto fraterno dell’Italia che lavora ai lavoratori del mondo
intero, quale pegno di solidarietà e di pace!
Giuseppe Di Vittorio, «Lavoro», n.
17, 26 aprile 1953
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