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14 luglio 1948: attentato a Togliatti. Di Vittorio: "La CGIL non si tocca!" di Ilaria Romeo



Nel giugno 1948 Giuseppe Di Vittorio in rappresentanza dei lavoratori italiani fa parte della delegazione che partecipa alla XXXI Conferenza del Bureau International du Travail che ha luogo a San Francisco in California.

Rientrerà a Roma il 14 luglio.

Ricorda Anita: “Ciampino era animato più del solito, e Peppino si guardava attorno interrogativo quando un ufficiale, seguito da altra gente, lo raggiunse di corsa gridandogli: «Onorevole! Hanno ucciso Togliatti!» E un altro di rincalzo: «No, non è morto… E’ grave ma è vivo ancora…». Il colpo fu terribile. Vidi il volto di Peppino impallidire e poi immediatamente irrigidirsi in uno sforzo di volontà”. «Chiama subito la Confederazione», mi ordinò. Il comandante ci avvertì: «Sarà difficile telefonare. C’è lo sciopero generale». «Com’è possibile? - Chiese Peppino - Bitossi avrebbe potuto avvertirmi!». Lo informarono allora che l’attentato aveva avuto luogo appena due ore prima [il racconto degli avvenimenti attraverso i comunicati ANSA] e che lo sciopero era esploso immediatamente, senza alcuna direttiva della Confederazione. In realtà la Segreteria confederale si riunì soltanto nel pomeriggio, con la presenza di Di Vittorio [ndr verbale mancante]. Con la presenza di Di Vittorio la Segreteria della Cgil sanzionava lo sciopero già in atto senza fissarne, per il momento il termine. Fu deciso però di riunirsi nuovamente il giorno successivo [ndr verbale mancante], per deliberare sugli sviluppi da dare all’azione. I dirigenti democristiani sottoscrissero la decisione comune, ma il giorno dopo non intervennero alla nuova riunione [ndr verbale mancante] con la quale si decise di limitare la prosecuzione della protesta al mezzogiorno del 16 […] Ma la indignazione dei lavoratori era tale che le disposizioni della Confederazione non vennero applicate dovunque: in alcune città lo sciopero si protrasse ancora per il 16 e il 17 luglio. Cominciavano intanto, da parte governativa, le repressioni, le denunce, gli arresti contro coloro che in quelle giornate avevano diretto il movimento di protesta o vi avevano partecipato.  Ma il colpo più duro inferto al movimento dei lavoratori dopo il 14 luglio non fu nemmeno questa ondata di arresti, ma la rottura dell’unità sindacale”.

Scriverà Di Vittorio il 21 luglio su «Lavoro»: “dal punto di vista degli interessi dei lavoratori, non esiste nessun motivo che possa obiettivamente giustificare la scissione. La CGIL è un’organizzazione unitaria, libera, indipendente, con strut-tura nettamente democratica. Tutti hanno la possibilità in essa di esprimere liberamente le proprie opinioni, e tutti i dirigenti sono liberamente eletti col sistema proporzionale, in modo che ogni cor-rente è rappresentata negli organi dirigenti di tutte le organizza-zioni sindacali. In linea di fatto, attualmente le correnti minoritarie hanno negli organismi dirigenti della Confederazione e di numero-se Federazioni e Camere del Lavoro, una rappresentanza più larga di quella che loro spetterebbe sulla base del sistema proporzionale. E’ per questo che io sono fermamente convinto che la grande maggioranza dei lavoratori democristiani - i quali hanno partecipa-to compatti allo sciopero generale insieme ai loro fratelli delle altre correnti e di nessuna corrente - non si lasceranno abbindolare dalle manovre scissioniste” [LEGGI TUTTO].

Il 26 luglio si riunisce a Roma il Comitato direttivo confederale [leggi il verbale].

“Alcuni giornali - dirà due giorni dopo Di Vittorio su «l’Unità» - hanno parlato di «espulsione» della corrente de-mocristiana dalla CGIL. Non vi è nulla di più inesatto: il Comitato esecutivo della CGIL non ha espulso nessuno. Esso si è limitato a constatare che gli esponenti democristiani, dichiarando rotta irri-mediabilmente l’unità ed iniziando un’attività diretta a creare una nuova organizzazione contro la CGIL, si sono posti naturalmente fuori della Confederazione unitaria, e sono quindi decaduti da tutte le cariche e funzioni sindacali” [LEGGI TUTTO].

Sempre sulle colonne de «l’Unità» dirà  Di Vittorio il 5 agosto [leggi il verbale del CD confederale del 5-7 agosto 1948]: “Gli scissionisti democristiani sono stati degnamente ripagati del loro tradimento contro l’unità dei lavoratori. Essi sono stati ripagati dal coro di plausi che si sono meritati da tutta la stampa gialla, da tutti i giornali finanziati dai grandi industriali, dagli agrari e dai banchie-ri. Gli scissionisti sono stati ripagati, altrettanto degnamente, ma in modo per essi inatteso, dagli autentici lavoratori democristiani, i quali hanno compreso l’inganno e si schierano compatti per l’unità e per la CGIL, isolando i fautori di scissione, i prediletti della stam-pa gialla. Fin quando si trattava di iscriversi alle ACLI, di andare a messa, di ricevere qualche buono di zucchero e di pasta - senza compiere nessuna azione di tradimento verso se stessi e verso i pro-pri compagni di lavoro - non pochi lavoratori ci stavano. Oggi, pe-rò, il gioco è scoperto. Gli esponenti della corrente sindacale demo-cristiana hanno bruciato le tappe, hanno reso chiara la loro volontà di pugnalare alle spalle la CGIL, di spezzare la grande famiglia uni-taria e perciò i lavoratori democristiani li abbandonano, tenendo fede al giuramento di tutti i lavoratori italiani, di non lasciarsi mai più dividere da nessuna manovra, di restare fedeli alla propria uni-tà, alla loro grande CGIL!  […] A tanto sono giunti i fautori di scissione nella loro pervicace volontà di paralizzare, pu-gnalare, annientare la CGIL. Ma a quella pervicacia si oppongono sette milioni di lavoratori. Da questi milioni di lavoratori erompe un solo grido possente, am-monitore: la CGIL non si tocca!” [LEGGI TUTTO].



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