Un dialogo interrotto...
di Ilaria Romeo
responsabile Archivio
storico CGIL nazionale
Il 27 settembre 2015 muore a Roma Pietro Ingrao, storico
dirigente del Pci e presidente della Camera, a lungo direttore de l'Unità.
Lo ricordiamo attraverso la pubblicazione della
corrispondenza intercorsa tra lui e Bruno Trentin, segretario generale della
CGIL, nelle calde giornate del luglio 1993.
La lettura delle missive ci restituisce un’immagine dei due
protagonisti sotto certi aspetti inedita, raccontandoci di due uomini riservati,
a volte anche schivi ma affettuosi, dall’immensa personalità e carica
umana.
Due intellettuali che onestamente ed apertamente si interrogano
sulle proprie scelte e anche sui propri errori per continuare a rinnovarsi, ad aprirsi
a tutte le esperienze vitali e a tutti i fenomeni di democrazia che covano nel
mondo dei lavoratori e che essi, prima di altri, intuiscono anche se ancora in via
definizione.
Scrive Trentin sul diario pubblicato a cura di Iginio
Ariemma (Ediesse 2017): “La consultazione ha dato i risultati che si potevano
prevedere […] Avevo scritto su questo poche parole a Pietro Ingrao.
Mi ha risposto con una lunga lettera che manifesta comunque una volontà di dialogo, e di questo, ora, mi sento debitore” (San Candido, 7 agosto 1993).
Mi ha risposto con una lunga lettera che manifesta comunque una volontà di dialogo, e di questo, ora, mi sento debitore” (San Candido, 7 agosto 1993).
Il debito è ampiamente saldato nei primi giorni di settembre.
“Caro Pietro - scrive Bruno - ho voluto prendere tempo per
poterti rispondere con un minimo di serenità. Parlo di quella che ho perso dal
31 luglio 1992, che ha rappresentato - alla distanza lo posso ben dire - la prova più terribile della mia vita.
Ti dico subito che quando cogli il carattere in parte formalistico del mio
rilievo alle tue dichiarazioni sull’accordo ‘firmato’, fai un’osservazione
fondata. Più che la volontà contano i fatti. E il fatto è che per ‘abitudine’,
per disattenzione, per indifferenza anche, non solo i mass media, ma molti
lavoratori hanno dato per fatto l’accordo, dopo la conclusione delle trattative
il 3 luglio del 1993. E sulla consultazione molti si sono comportati come si
sono comportati in passato di fronte a contratti firmati e poi sottoposti a
referendum […] Eppure rivendico l’importanza di una battaglia fatta per non
identificare la fase conclusiva di un negoziato […] con un accordo definitivo,
da ratificare eventualmente con un referendum. Non è stato facile respingere il
ricatto di una conclusione dell’accordo prima del referendum del 18 aprile e
delle dimissioni del governo Amato. Non è stato facile non solo rispettare
l’impegno della CGIL ma imporre alle altre organizzazioni sindacali - per la
prima volta in questo dopoguerra se non sbaglio - di non siglare il verbale della trattativa come era consuetudine, per
lasciare interamente liberi attivisti e lavoratori nella scelta che dovevano
compiere […] Ritengo un errore liquidare in modo caricaturale una
consultazione che è stata certamente piena di limiti organizzativi e
soprattutto politici, ma che esprime, malgrado tutto, un impegno di
partecipazione democratica, fondata sul volontariato, che nessun altro soggetto
politico o sociale avrebbe potuto realizzare, non solo in Italia ma anche in
Europa. Allora è una esperienza sulla quale riflettere per trarre tutti gli
insegnamenti, ivi compresa la profonda
crisi di sfiducia nei confronti dei partiti e dei sindacati, e per correggere i
limiti e gli errori […] Detto questo, vorrei proprio ricominciare a
discutere con te dei contenuti e dei valori di una strategia della solidarietà
capace di fronteggiare la disgregazione corporativa, cavalcata fino a ieri
dall’estremismo di sinistra […] ed egemonizzata oggi, con straordinaria
efficacia, dalla Lega […] Penso ancora
di aver compiuto delle scelte anche molto difficili - come quelle del 31
luglio - che però si sono rivelate, quanto meno, le più favorevoli ad una
ripresa del conflitto sociale, con una unità d’azione che ne costituisce - oggi
più che mai - una condizione essenziale.
Ma ogni critica e ogni accusa (non sono mancate le più infami, se le giudico
‘razionalmente’) hanno lasciato in me - puoi stare sicuro - delle tracce
indelebili. Anche perché non mi sento di continuare in un impegno per quanto
‘ragionevole’ lo ritengo, pagando ogni giorno il peggio di una rottura con
persone, amici in carne ed ossa, che hanno fatto parte degli anni migliori
della mia vita. E ti assicuro che la mia convinzione sulle scelte da me
compiute non mi ripaga di questo. Lascerò
questo lavoro. Ma vorrei almeno che con un amico come te riprendesse il
dialogo, persino uno scambio di informazioni, una verifica comune sui fatti e
non solo sulle apparenze e le intuizioni […] Penso più di prima che l’intervento del ‘soggetto’, di nuove
soggettività collegate a nuovi bisogni e nuovi valori, ma anche ad un
irriducibile bisogno di autonomia e di libertà contro le vecchie e nuove forme
di autoritarismo, sia il vero elemento motore del conflitto sociale - di classe
e non solo - e la garanzia insostituibile di un progresso della democrazia
verso una progressiva (anche se mai praticamente raggiungibile) ‘liberazione del lavoro’ […] Questa mi pare la prova più ardua ma
ineludibile con la quale dobbiamo tutti misurarci, se non vogliamo che
l’insorgere dei nuovi soggetti non degeneri nella frantumazione e nella
degenerazione corporativa o ‘autistica’ di questi nuovi protagonismi e se non
vogliamo che essi finiscano per introdurre non una necessaria dinamica della
democrazia, ma un’involuzione autoritaria fondata su un consenso di massa.
Ecco, è da qui che vorrei verificare con te, dove in questa ricerca […] siamo
andati avanti e dove siamo rimasti fermi o addirittura siamo regrediti […] Sono
sicuro che ci troveremo in dissenso. Ma questo non ci può spaventare. Il nostro
rapporto è così forte da reggere questo e altro […] Ma l’ho fatta troppo lunga.
Questa lettera confusa ti dice soltanto quanto sarei felice di rivederti e di
riprendere con te un dialogo interrotto. Con grande affetto Bruno”.
Attraverso
le immagini della mostra Bruno Trentin, dieci anni dopo, inaugurata nel suo formato cartaceo a Lecce nella prima de
‘Le Giornate del lavoro’ della CGIL, il 15 settembre 2017, per ricordare Bruno
Trentin a dieci anni dalla morte, l’Archivio storico CGIL
nazionale entra a far parte di Google Arts & Culture, piattaforma
tecnologica sviluppata da Google - disponibile sul web da laptop e dispositivi
mobili, o tramite l’app per iOS e Android - per permettere agli utenti di
esplorare opere d’arte, documenti, video e molto altro di oltre 1.000 musei,
archivi e organizzazioni che hanno lavorato con il Google Cultural Institute
per trasferire in rete le loro collezioni e le loro storie
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