Passa ai contenuti principali

Agosto, il mese delle stragi. Un articolo di Ilaria Romeo


Negli anni ’70, agosto è il mese delle ferie e del tutto chiuso. E’ il mese del ritorno dei migranti italiani verso le loro radici, ma è anche il mese delle stragi: quella del treno Italicus del 4 agosto 1974, della stazione di Bologna del 2 agosto 1980 (sempre ad agosto - si dice - doveva scattare il golpe di Edgardo Sogno).

Attorno all’una del mattino del 4 agosto 1974, all’uscita dalla galleria degli Appennini, nei pressi della stazione di San Benedetto Val di Sambro (Bologna), un ordigno ad alto potenziale esplode nella quinta vettura del treno Espresso 1486 Italicus diretto a Monaco di Baviera, determinando la morte di 12 viaggiatori e il ferimento di moltissimi altri.

Il 9 agosto si svolgono - a Bologna - i funerali di Stato. Piazza Maggiore è affollata. I carri funebri arrivano alla Basilica di San Petronio. Tra le autorità presenti, Enrico Berlinguer e Amintore Fanfani. In aereo giunge anche il Presidente della Repubblica Giovanni Leone (GUARDA IL VIDEO).

Tre delle vittime sono cittadini stranieri, nove le vittime italiane. L’ordigno pone fine anche alla vita di tre membri della famiglia Russo di Merano, che si stava recando a Ferrara per le cure di cui aveva bisogno il figlio quattordicenne Marco. Ultima vittima accertata, Silver Sirotti, ferroviere conduttore delle Ferrovie dello Stato, insignito di medaglia d’oro al valor civile alla memoria per aver tentato di soccorrere i viaggiatori coinvolti nella strage.

Secondo le testimonianze di due agenti di polizia presenti sul posto: “Improvvisamente il tunnel da cui doveva sbucare il treno si è illuminato a giorno, la montagna ha tremato, poi è arrivato un boato assordante. Il convoglio, per forza di inerzia, è arrivato fin davanti a noi. Le fiamme erano altissime e abbaglianti. Nella vettura incendiata c’era gente che si muoveva. Vedevamo le loro sagome e le loro espressioni terrorizzate, ma non potevamo fare niente poiché le lamiere esterne erano incandescenti”.

“Avrebbe potuto essere una strage spaventosa, uno dei più apocalittici massacri che una mente criminale abbia mai ordito - scriverà il 14 agosto Mario Doplicher su Giorni. Vie Nuove - La bomba era disposta su un treno che correva in una notte afosa d’agosto trasportando quasi mille persone; come camera di scoppio era stata scelta la galleria dell’Appennino, che con i suoi diciotto chilometri e mezzo avrebbe moltiplicato e ingigantito gli effetti dell’esplosione; […] invece, per fortuna, il treno, come spesso accade d’estate, è in ritardo, e all’1.23, quando avviene lo scoppio, la quinta vettura - una carrozza delle ferrovie tedesche su cui era stato sistemato l’ordigno - si trova a soli cinquanta metri dall’uscita della galleria. Così, grazie alla forza d’inerzia il treno riesce a raggiungere la stazioncina di San Benedetto Val di Sambro con una sola carrozza in fiamme”.

La strage, purtroppo, si consuma pochi anni dopo.

Il 2 agosto 1980 alle 10 e 25, nella sala d’aspetto di seconda classe della stazione di Bologna, affollata di turisti e di persone in partenza o di ritorno dalle vacanze, un ordigno a tempo, contenuto in una valigia abbandonata, viene fatto esplodere causando il crollo dell’ala ovest dell’edificio.

E’ il più grave atto terroristico avvenuto in Italia nel secondo dopoguerra: nell’attentato rimangono uccise 85 persone, oltre 200 i feriti. La più piccola tra le vittime è Angela Fresu, aveva tre anni e veniva da Montespertoli, sulle colline attorno a Firenze; il più anziano è Antonio Montanari, aveva 86 anni e aspettava l’autobus sul marciapiedi davanti alla stazione. Una strage spaventosa, per usare le parole de l’Unità del giorno successivo.

“Bologna capace d’amore, capace di morte” reagisce con prontezza ed orgoglio trasformandosi in una gigantesca macchina di assistenza per le vittime e per i familiari.

Simbolo della commossa partecipazione l’Autobus n. 37, pronto soccorso improvvisato poi diventato carro funebre usato per trasportare i morti dalla stazione all’obitorio.

Diversamente dagli altri rotabili storici, in segno di riguardo e di grande considerazione affettiva, l’autobus non è mai stato formalmente dismesso e tutt’oggi - seppur non circolante - resta immatricolato e targato come a quel tempo. Sempre più protagonista delle commemorazioni, lo scorso anno era stato riportato in Piazza Medaglie d’Oro, quest’anno sarà in corteo.

Il 6 agosto, giorno dei funerali, la città onora le sue vittime con una grande manifestazione in Piazza Maggiore cui partecipano circa 100 mila persone. Ancora prima dei funerali si svolgono numerose manifestazioni a testimonianza della immediata reazione della città: la sera del 2 agosto è indetta una manifestazione in Piazza Maggiore; il 4 agosto 30-40 mila persone si ritrovano nella stessa piazza (GUARDA IL VIDEO).

Ai funerali (non tutti i parenti delle vittime vollero il funerale di Stato: solo sette saranno le bare presenti nella chiesa di San Petronio) partecipano il presidente della Repubblica Sandro Pertini e il sindaco di Bologna Renato Zangheri, gli unici a ricevere gli applausi della folla. “Signori, non ho parole -  dirà Pertini parlando con i giornalisti -, siamo di fronte all’impresa più criminale che sia avvenuta in Italia”. 

Il 17 agosto l’Espresso uscirà con un dossier sulla strage per il quale Renato Guttuso realizzerà un quadro a cui darà lo stesso titolo che Francisco Goya aveva scelto per uno dei suoi Caprichos : “Il sonno della ragione genera mostri”.  Una frase da non dimenticare e sulla quale riflettere, oggi più che mai!

Commenti

Post popolari in questo blog

Perché l’umanità ha sempre avuto paura delle donne che volano, siano esse streghe o siano esse libere

Ve le ricordate “le due Simone”? Simona Pari e Simona Torretta, rapite nel 2004 a Baghdad nella sede della Ong per cui lavoravano e rientrate a Fiumicino dopo cinque mesi e mezzo di prigionia. “Oche gulive” le definì un giornale (volutamente con l’articolo indeterminativo e la g minuscola!) commentando il desiderio delle due ragazze di ritornare alla loro vita normale precedente il rapimento. E Greta Ramelli e Vanessa Marzullo, le due ragazze italiane rapite in Siria più o meno dieci anni dopo, ve le ricordate? Ve le ricordate ancora Carola Rackete, Greta Thunberg, Laura Boldrini, da ultima Giovanna Botteri? Cosa hanno in comune queste donne? Probabilmente tante cose, probabilmente nulla, ma una è talmente evidente da non poter non essere notata: sono state tutte, senza pietà e senza rispetto, lapidate sul web. Perché verrebbe da chiedersi? E la risposta che sono riuscita a darmi è solamente una: perché sono donne indipendenti, nel senso più vero ed intimo della parola. An

Il giuramento di Mauthausen

Si aprono le porte di uno dei campi peggiori e più insanguinati: quello di Mauthausen. Stiamo per ritornare nei nostri paesi liberati dal fascismo, sparsi in tutte le direzioni. I detenuti liberi, ancora ieri minacciati di morte dalle mani dei boia della bestia nazista, ringraziano dal più profondo del loro cuore per l’avvenuta liberazione le vittoriose nazioni alleate, e saluta no tutti i popoli con il grido della libertà riconquistata. La pluriennale permanenza nel campo ha rafforzato in noi la consapevolezza del valore della fratellanza tra i popoli. Fedeli a questi ideali giuriamo di continuare a combattere, solidali e uniti, contro l’imperialismo e contro l’istigazione tra i popoli. Così come con gli sforzi comuni di tutti i popoli il mondo ha saputo liberarsi dalla minaccia della prepotenza hitleriana, dobbiamo considerare la libertà conseguita con la lotta come un bene comune di tutti i popoli. La pace e la libertà sono garanti della felicità dei popoli, e la ricostruzion

Nel suo volto la storia dei cafoni

Pepite d’Archivio: ancora Gianni Rodari su Giuseppe Di Vittorio in un NUOVO, bellissimo testo da leggere tutto d’un fiato. Il brano, recuperato da Ilaria Romeo (responsabile dell’Archivio storico CGIL nazionale che lo conserva)  è tratto da «Paese Sera» del 3 novembre 1977 “Il 3 novembre del 1957 moriva a Lecco, dove si era recato per inaugurare la sede della Camera del lavoro, Giuseppe Di Vittorio. Ricordo la commozione di quelle ore, mentre la salma veniva trasportata a Roma per i funerali. Ricordo quei funerali. Roma ne ha conosciuti di più grandiosi. Quello di Togliatti, anni dopo, ebbe le proporzioni di una gigantesca manifestazione di forza. Ma non si è mai vista tanta gente piangere come ai funerali di Di Vittorio. Anche molti carabinieri del servizio d’ordine avevano le lacrime agli occhi. La cosa non stupiva. Di Vittorio non era stato solo il capo della Cgil e per lunghi anni un dirigente tra i più popolari del Pci: era diventato un uomo di tutti, stava nel cuore de