di Ilaria Romeo
responsabile Archivio storico CGIL
nazionale
Il 22 ottobre del 1972 cinquantamila lavoratori arrivano a
Reggio Calabria, per la rinascita della città e del Sud e contro i boia chi
molla di Ciccio Franco.
La manifestazione - fortemente voluta da Bruno
Trentin, con Pierre Carniti e Giorgio Benvenuto (a organizzare la
manifestazione sono Fim, Fiom e Uilm, i sindacati degli edili e la
Federbraccianti Cgil ) - preceduta da una Conferenza sul Mezzogiorno e da
assemblee nei quartieri di Sbarre e Santa Caterina si svolge in un clima a dir
poco faticoso.
Scriverà esattamente una settimana più tardi Rinaldo Scheda
su «Rassegna Sindacale»: “Il trascorrere delle giornate dopo gli avvenimenti di
Reggio Calabria - i due giorni di dibattito alla Conferenza e la grande
manifestazione di massa - può attenuare o riassorbire le emozioni date dalla
prova di maturità e di capacità politica unitaria fornita dalle organizzazioni
di categoria promotrici, o dal grande contributo dei quadri e delle strutture
della Cgil per assicurare il successo più pieno a quelle iniziative; e,
soprattutto, dalla dimostrazione di consapevolezza, di fermezza e di ardente
partecipazione recata da decine di migliaia di lavoratori convenuti in Calabria
da tutte le località del Sud e dalle regioni dell’Italia centrale e
settentrionale. Ma il trascorrere dei giorni vede anche un accrescersi del
rilievo politico di quegli avvenimenti, mentre diventa più chiara la convinzione
in tutti che essi sono destinati ad avere in avvenire, per un periodo non
breve, una incidenza notevole sulla condotta delle forze fondamentali del
movimento sindacale italiano e sul comportamento della classe lavoratrice
italiana verso il Mezzogiorno. La grande riuscita dello sciopero nazionale di
protesta del 24 ottobre contro le provocazioni fasciste e per il Mezzogiorno da
un’idea di ciò che gli avvenimenti di Reggio hanno messo in moto. La scelta di
Reggio Calabria ha creato indubbia mente qualche problema per garantire la
difesa dei contenuti veri e degli scopi che le organizzazioni promotrici
avevano indicato. A Reggio vivono molti cittadini delusi, esasperati per la
grave condizione sociale ed economica della loro città. L’ambigua vicenda del
capoluogo della Regione li aveva trascinati, in parte, ad essere una sorta di
massa di manovra della demagogia e del teppismo di alcuni esponenti fascisti.
Reggio come sede della Conferenza, se rappresentava da un lato una scelta
generosa per tentare di recuperare quell’area di popolazione all’idea di
portare avanti una lotta unitaria e nazionale per il Mezzogiorno, per l’occupazione
e per le riforme, esponeva pur sempre i promotori a subire il tentativo dei
fascisti di deviare il corso della iniziativa stessa per trasformarla in uno
scontro tra i «fortunati» lavoratori settentrionali e la povera gente di Reggio
Calabria, tra «rossi» e «patrioti». Il rischio c’era, ed è stato giusto
valutarlo in tutta la sua dimensione. Oggi, ad iniziativa realizzata, siamo in
grado di fare un primo bilancio. Si tratta di un bilancio assolutamente
positivo, perché, se è vero che il tentativo di spostare l’asse e le finalità
delle due iniziative è stato messo in atto dalla teppaglia e dalle
organizzazioni fasciste, è risultato però nel contempo, in modo assolutamente
incontestabile, l’isolamento di queste non solo nel Paese, ma nella stessa
città che pochi mesi fa, il 7 maggio scorso, aveva dato al Msi il 38 per cento
dei voti! La rabbiosa reazione fascista, i criminali tentativi di bloccare i
treni dei lavoratori con il tritolo e le sporadiche provocazioni teppiste a
Reggio Calabria e a Messina, sono stati i gesti disperati di una forza battuta
politicamente non solo nel Paese, ma proprio nella città che aveva elevato al ruolo
di sua roccaforte. Ma, a questo punto, il discorso diventa estremamente serio.
Fallita clamorosamente, a Reggio e in tutto il Mezzogiorno, la politica dei
governi che si sono succeduti alla direzione del Paese; e ora, la crisi, lo
smascheramento della demagogia dei fascisti e l’emergere del loro vero volto
teppistico e provocatorio agli occhi di quella stessa popolazione che aveva
espresso la propria legittima protesta in una direzione sbagliata; di fronte a
questi processi, gli impegni di lotta per il Mezzogiorno assunti dai sindacati
a Reggio Calabria si trasformano non soltanto in una assunzione di
responsabilità di grande portata, ma diventano impegni la cui consistenza e la
loro capacità di incidenza deve essere verificata subito, e non proiettata,
viceversa, in un futuro indefinito; perché si deve sapere che la concretezza o
meno degli impegni assunti dalle forze sindacali convenute a Reggio è messa
alla prova subito. Sarebbero grossi guai per tutti - per i sindacati, per la
democrazia italiana - se da quella verifica risultasse (e saranno in molti a
farla nel Mezzogiorno e in Italia) che la Conferenza del Mezzogiorno e la
generosa e poderosa manifestazione di Reggio Calabria non modificheranno la
situazione. Se cioè si dimostrasse di non sapere dare un seguito coerente alle
decisioni di Reggio. Il movimento sindacale non ha poteri infiniti per cambiare
le cose, ma ciò che è necessario intanto è quello di mettercela tutta per
cambiare qualcosa. Le organizzazioni di categoria promotrici, hanno definito la
Conferenza un momento di riflessione critica sui limiti che il movimento
sindacale ha messo in luce nel passato, per andare verso l’obiettivo centrale e
prioritario di una politica dell’occupazione e di una trasformazione della
realtà meridionale. La conferenza è stata definita una occasione per trarre
nuove indicazioni di lavoro e di lotta comune. L’esame autocritico è un fatto
ed è stata una cosa vera, recepita da tutti i presenti nel suo significato
profondo, cioè nel senso che tocca la condotta passata dell’intero movimento
sindacale. Ci sono stati infatti dei momenti di caduta, negli ultimi tempi, di
quel rapporto unitario nazionale tra lavoratori del Nord e Sud, rispetto ad
altri momenti come ad esempio durante la lotta per la liquidazione delle zone
salariali, con le lotte dell’autunno del 1969 e poi con la grande
manifestazione unitaria del maggio ‘71 a Piazza del Popolo, momenti nei quali l’unità
dei lavoratori ha toccato punti molto alti. A Reggio Calabria si sono gettate
le basi per la ricostruzione di una unitarietà che, pur prendendo le mosse
dalle grandi linee della Conferenza del Mezzogiorno promossa dalle
Confederazioni un anno e mezzo or sono, guarda più lontano perché si sono
volute gettare le basi di una fase di impegno senza precedenti e per un lungo
periodo sul piano politico e organizzativo da parte di tutte le strutture
fondamentali delle organizzazioni sindacali presenti a Reggio. Sono stati
individuati gli obiettivi concreti e le forme di un movimento che realizzi l’unità
dei lavoratori occupati e disoccupati, che realizzi un rapporto reale con tutti
quegli strati medi colpiti dallo stato di arretratezza e di crisi del
Mezzogiorno, e, soprattutto, che sappia porre con forza, proprio mentre si
porta avanti l’azione per i rinnovi contrattuali, la priorità politica della
lotta dei lavoratori e delle masse popolari per l’occupazione, per il
Mezzogiorno, per le riforme, per un diverso sviluppo economico. Un movimento
articolato nelle forme dell’azione, ma unito nei contenuti di fondo. Un movimento
capace di definire una selezione degli obiettivi su una linea di coerenza con
le rivendicazioni di carattere generale, ma un movimento capace di utilizzare
tutte le possibilità esistenti per ottenere, e subito, dei risultati
qualificanti nei confronti di un governo abile nella manovra tattica, come
dimostra di essere la formazione capeggiata da Andreotti, ma che non sfugge ad
uno stato di gravi contraddizioni anche rispetto al mantenimento di impegni
solennemente assunti verso le regioni del Mezzogiorno a partire dalla Calabria
ma che non è in grado di rispettare. A Reggio è stata quindi respinta la
provocazione fascista e si è andati oltre, verso la costruzione di un poderoso
movimento unitario per una nuova politica nel Mezzogiorno. Avevamo detto che
gli assenti si sarebbero pentiti di non esserci. Siamo convinti che così è
stato. Di positivo c’è la partecipazione unitaria delle tre Confederazioni e di
tutte le categorie allo sciopero generale del 24 ottobre e osiamo sperare che
ciò rappresenti il segno di una ripresa dell’azione unitaria dopo le incertezze
e le difficoltà che si sono manifestate nelle ultime settimane nella Cisl.
Comunque la Cgil opererà perché sul terreno della iniziativa e dell’azione
delle masse lavoratrici nel Mezzogiorno e nel Paese si rinsaldino e si
sviluppino i rapporti unitali a tutti i livelli. Anche questo fa parte degli
impegni assunti da tutti i presenti a Reggio Calabria”.
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