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Otto cose che forse non sai sul 25 aprile – Ilaria Romeo

Abbiamo raccolto otto curiosità sul 25 aprile. Piccoli e grandi notizie che ci aiutano a capire meglio la Festa della Liberazione. Eccole.

1

Il 25 aprile è il giorno in cui ogni anno in Italia si celebra la festa della Liberazione dal nazifascismo, ma l’occupazione tedesca e fascista in Italia non terminò in un solo giorno ed alla data del 25 aprile ancora non tutta la penisola italiana poteva considerarsi libera (Venezia, ad esempio, sarà liberata solo tra il 28 e il 29).
Il 25 aprile 1945 inizia la ritirata da parte dei soldati della Germania nazista e di quelli fascisti della repubblica di Salò dalle città di Torino e di Milano, ma la resa di Caserta– l’atto formale e conclusivo che sancisce la fine della campagna d’Italia e la definitiva sconfitta delle forze nazifasciste nella penisola durante la seconda guerra mondiale – sarà firmata il 29 aprile (alla presenza di ufficiali delegati del Regno Unito, degli Stati Uniti d’America, tedeschi e di un osservatore sovietico) divenendo operativa solo a partire dal 2 maggio.
Nel documento le forze armate tedesche erano associate a quelle della Repubblica sociale italiana non riconosciuta dalle forze alleate e pertanto non in grado di stipulare accordi diretti con queste ultime (per tale ragione il rappresentante tedesco era dotato di una delega scritta rilasciata dal ministro della difesa della Rsi, Rodolfo Graziani).

2

La decisione di scegliere il 25 aprile come festa della Liberazione fu presa “fino  a  quando  non venga diversamente stabilito” il 22 aprile del 1946, quando il governo italiano provvisorio stabilì con un decreto che il 25 aprile dovesse essere festa nazionale.
La data fu fissata in modo definitivo con la legge n. 269 del maggio 1949.
Ma il 25 aprile era già una festa in Italia. Con la legge n. 276 del 28 marzo 1938, Vittorio Emanuele III di Savoia, allora Re d’Italia, decretava infatti che il 25 aprile, anniversario della nascita di Guglielmo Marconi, doveva essere a tutti gli effetti giorno di solennità civile (in occasione del 25 aprile 1955, Erminio Martini, ministro della pubblica istruzione, invita ancora gli insegnanti a ricordare il genetliaco di Marconi).
Il Decreto legislativo luogotenenziale 22 aprile 1946 n. 185 così recitava: “A celebrazione della totale liberazione del territorio italiano, il 25 aprile 1946 è dichiarato Festa Nazionale”.
La disposizione festiva veniva ratificata dal Capo provvisorio dello Stato Enrico De Nicola con il Decreto legislativo del 12 aprile 1947, n. 208 che nell’art. 1 prevedeva:  “A celebrazione del secondo anniversario della totale liberazione del territorio italiano, il 25 aprile 1947 è dichiarato Festa Nazionale”.
Anche il Decreto Legge n. 322 del 20 aprile 1948 ribadiva che “A celebrazione del terzo anniversario della totale liberazione del territorio italiano il 25 aprile 1948 è dichiarato Festa Nazionale».
Ma nella seduta del Senato della Repubblica del 17 settembre 1948, su proposta del presidente del Consiglio dei ministri Alcide De Gasperi in concerto con i ministri del Tesoro e del Lavoro e della previdenza sociale, viene presentato in Senato il disegno di legge n. 75  relativo al ‘nuovo elenco delle ricorrenze festive’.
Il 25 aprile è inserito tra le solennità civili e non più, così com’era successo per gli anni precedenti, tra le festività nazionali. Da questo momento solo il 2 giugno avrà – per legge – l’appellativo di Festa Nazionale.

3

Non solo in Italia si festeggia la Liberazione dal Fascismo. Anche l’Etiopia, il 5 maggio, ricorda la fine dell’occupazione italiana avvenuta nel 1941.

4

Genova è l’unico caso in Europa in cui un corpo d’armata tedesco si sia arreso direttamente a formazioni partigiane.
L’Archivio storico della Cgil nazionale conserva un importante documento relativo all’accaduto: uno dei quattro esemplari originali dell’atto di resa del generale tedesco Gunther Meinhold e dei suoi soldati sottoscritto dall’operaio Remo Scappini, presidente del Comitato di liberazione nazionale della Liguria il 25 aprile 1945.
Un documento preziosissimo attualmente esposto nella sala riunioni della Segreteria presso la sede nazionale della Cgil in corso d’Italia 25 e donato alla Confederazione dal sindaco di Genova Gelasio Adamoli, in occasione del secondo Congresso confederale (4-9 ottobre 1949) con la seguente dedica: “Alla Cgil: Genova partigiana, orgogliosa di ospitare il secondo Congresso nazionale unitario. Gelasio Adamoli”.

5

Non è il Nuovo Corriere (della Sera), il primo giornale ad arrivare nelle mani dei milanesi. A batterlo sarà L’Italia Libera di Leo Valiani, giornale ufficiale del Partito d’Azione, stampato in piazza Cavour con carta e inchiostro del repubblichino Popolo d’Italia (è con l’edizione milanese all’indomani della Liberazione che il giornale diventa quotidiano, edito da Gianni Mazzocchi, il quale ne affiderà la direzione a Leo Valiani sino alla caduta del Governo Parri e in seguito a Carlo Levi).

6

Cittadini, lavoratori! Sciopero generale contro l’occupazione tedesca, contro la guerra fascista, per la salvezza delle nostre terre, delle nostre case, delle nostre officine. Come a Genova e Torino, ponete i tedeschi di fronte al dilemma: arrendersi o perire, annunciava 75 anni fa alla radio “Milano Libera” Sandro Pertini, partigiano, membro del Comitato di liberazione nazionale e futuro presidente della Repubblica. Lo stesso Sandro Pertini che raccontava ad Oriana Fallaci nel dicembre 1973: “In politica bisogna essere freddi, bisogna essere cinici. Io non sono né freddo né cinico e di conseguenza… Le racconto una cosa sola. Nel 1929 mi denunciò un fascista: Icardio Saroldi. Mi riconobbe per strada, mi fece seguire, arrestare, e fu in quell’occasione che rimasi dentro quindici anni. Tutta la mia giovinezza, cara Oriana. In carcere ci sono andato coi capelli neri e ne sono uscito coi capelli grigi. Ebbene, nel 1945, subito dopo la liberazione di Milano, giunge un corriere politico da Savona e mi dice: «Icardio Saroldi è stato preso e stanno per fucilarlo». «Per quale ragione stanno per fucilarlo?», chiedo. «Perché ti ha denunciato nel 1929», risponde. «Ah, no! Se è per questo, no. Mi oppongo. Sarebbe una vendetta personale e di vendette personali io non ne ho mai volute. Io la lotta l’ho sempre vista nel suo complesso, non come lotta al singolo.» Poi do ordine di liberarlo e, qualche tempo dopo, costui manda sua moglie a ringraziarmi. Esauriti i ringraziamenti, questa moglie mi dice: «Posso chiederle un altro favore?». «Prego, signora, si figuri.» «Ecco, le dispiacerebbe farmi una dichiarazione dove afferma che mio marito non la denunciò?» Mi arrabbiai. Gridai: «No, signora, no, io sono buono ma due volte buono significa imbecille». La mandai via e… poi Saroldi entrò nel Movimento sociale. Mi spiego? Un altro non se la sarebbe presa come me, non si sarebbe meravigliato. Io invece ne soffro e mi irrigidisco… Un po’ la storia del questore Guida. Lei sa che al presidente della Repubblica, della Camera, del Senato, spetta viaggiare col saloncino, che poi è una vettura speciale attaccata al treno. Sicché vado a Milano e, quando il saloncino è fermo su un binario morto perché sto facendo colazione, il mio segretario dice: «Il questore Guida ha chiesto di ossequiarla, signor presidente». E io rispondo: «Riferisca al questore Guida che il presidente della Camera Sandro Pertini non intende riceverlo». Mica perché era stato direttore della colonia di Ventotene, sa? Non fosse stato che per Ventotene, avrei pensato: ormai tu sei questore e voglio dimenticare che hai diretto quella colonia, che vieni dal fascismo, che eri un fascista. Perché su di lui gravava, grava, l’ombra della morte di Pinelli. E a me basta che Pinelli sia morto in quel modo misterioso quando Guida era questore di Milano perché mi rifiuti di accettare gli ossequi di Guida. Oriana, io non sono capace di far compromessi!”.

7

Tutti il 25 canteremo Bella ciao dai balconi, ma in realtà Bella ciao è diventata l’inno ufficiale della Resistenza solo anni dopo la fine della guerra. La canzone dei partigiani era Fischia il vento, troppo legata alle formazioni comuniste per essere assunta nell’Italia della guerra fredda a simbolo della Liberazione (“Fischia il vento –  scriveva Franco Fabbri – ha il “difetto” di essere basata su una melodia russa, di contenere espliciti riferimenti socialcomunisti, di essere stata cantata soprattutto dai garibaldini. Bella ciao è – ironia della sorte – più “corretta”, politicamente e perfino culturalmente”).
Le origini della canzone – sia del testo che della musica – sono molto incerte (qualcuno la farebbe risalire addirittura al Cinquecento francese o alle antiche melodie yiddish). Per molto tempo una delle ipotesi più diffuse è stata quella di un probabile legame con i canti delle mondine padane, ipotesi evocativa e romantica, sconfessata però dallo studioso Cesare Bermani.
La sua popolarità arriva negli anni Sessanta. Nel 1963 Yves Montand incide il brano che avrà un successo internazionale. La prima incisione italiana risale allo stesso anno, ad opera di Sandra Mantovani e Fausto Amodei. Gaber la inciderà nel 1967; De André la inserirà in Carlo Martello e ne La ballata dell’amore cieco; Milva la canterà nella versione delle mondine a Canzonissima nel 1971; persino il ‘reuccio’ Claudio Villa la inciderà 1975. L’anno successivo la canzone chiuderà il XIII Congresso della Democrazia cristiana, Congresso di conferma alla guida del Partito del partigiano Benigno Zaccagnini, l’onesto Zac.

8

Il 25 aprile 2015, in occasione del 70° anniversario della Liberazione, è stato emesso un  francobollo autoadesivo da 80 centesimi che ricordava le Fosse Ardeatine.L’immagine riproduce un dettaglio del cancello d’ingresso del Sacrario che simboleggia l’orrore per il massacro nazista delle forze di occupazione tedesche il 24 marzo 1944 nelle cave di via Ardeatina. La visita alle Fosse Ardeatine era stato il primo atto ufficiale da presidente della Repubblica di Sergio Mattarella, che in occasione del 25 aprile affermava lo scorso anno: “Il 25 aprile del 1945 nasceva, dalle rovine della guerra, una nuova e diversa Italia, che troverà i suoi compimenti il 2 giugno del 1946, con la scelta della Repubblica e il primo gennaio 1948 con la nostra Costituzione. Il 25 aprile vede la luce l’Italia che ripudia la guerra e s’impegna attivamente per la pace. L’Italia che, ricollegandosi agli alti ideali del Risorgimento, riprende il suo posto nelle nazioni democratiche e libere. L’Italia che pone i suoi fondamenti nella dignità umana, nel rispetto dei diritti politici e sociali, nell’eguaglianza tra le persone, nella collaborazione fra i popoli, nel ripudio del razzismo e delle discriminazioni […] ‘Lottiamo giorno per giorno perché sappiamo che la libertà non può essere elargita dagli altri. Non vi sono liberatori. Solo uomini che si liberano’. Buon 25 Aprile!!”.
Buon 25 aprile a tutte e a tutti noi, un 25 aprile resistente, oggi come non mai.
Ilaria Romeo, Archivio Storico Cgil (pubblicato su Fortebraccio il 23 aprile 2020)

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