Se il
mio primo impegno assunto quale ministro del lavoro è stato quello di venire ad
Avola, ciò non è avvenuto a caso. Era mio dovere rendermi conto di come
situazioni economiche e sociali, che appartengono ad un’altra società e ad un
altro secolo, ancora gravino sulla Sicilia e chiedano, soprattutto a chi ha la
responsabilità delle maggiori decisioni, la attuazione urgente di politiche in
grado di creare le condizioni per un definitivo superamento di ingiustizie antiche
che suonano scandalo per un Paese civile, progredito, che voglia essere
socialmente avanzato. I cosiddetti fatti di Avola non sono un evento
occasionale ma il frutto di una condizione di arretratezza secolare che non può
più attendere lente maturazioni. Non potremmo comprendere i motivi di quanto è
avvenuto il 2 dicembre del 1968 se non fossimo in grado di intendere i problemi
della Sicilia, così come storicamente si sono configurati, e non sapessimo estrarre
da essi un giudizio severamente critico sull’azione stessa dei pubblici poteri
dall’unità d’Italia a oggi. [...] Ma il governo della Repubblica fondata sul
lavoro può e deve fornire una diversa risposta. [...] Ecco quindi che i
problemi caratteristici del Mezzogiorno e delle aree depresse: insufficiente industrializzazione,
disoccupazione, sottooccupazione, sottosalario, insufficiente salvaguardia dei
diritti dei lavoratori sanciti dalla Costituzione e dalla legge e definiti nei contratti
collettivi richiedono soluzioni che non debbono rimanere scritte nei programmi
dei partiti e dei governi ma tradursi in concreti provvedimenti ed in politiche
reali. [...] Ma i drammatici avvenimenti che hanno scosso Avola e la nazione
tutta per la carica dirompente che essi hanno, sollevano anche altri problemi
che pur presentandosi con particolare gravità in queste ed altre zone del
Mezzogiorno, sono problemi di ordine generale che riguardano direttamente un
impegno del Ministro del Lavoro in quanto tale e a nome del governo di cui fa
parte ed è espressione. Nella realizzazione del programma di governo, io
desidero in primo luogo ribadire l’impegno di attuazione dello Statuto dei
lavoratori e cioè di una politica legislativa per i lavoratori che si deve
articolare in una serie di leggi. a) Si tratta in primo luogo di riconoscere
uno statuto al sindacato nell’impresa quale normale e necessario interlocutore
della parte imprenditoriale e saranno predisposte norme dirette a facilitare la
contrattazione collettiva e la soluzione delle vertenze perché non debba
ripetersi quanto è avvenuto ad Avola; saranno inoltre garantiti e tutelati i
diritti della personalità del lavoratore nei posti di lavoro; b) si intende
rendere effettiva la tutela dei diritti dei lavoratori promuovendo anche un
sistema di giustizia del lavoro rispondente alle esigenze di giustizia di un
Paese civile; c) sarà prevista una adeguata tutela delle categorie
sottoprotette specialmente necessaria nei settori nei quali la difesa sindacale
è più debole; d) si procederà ad adeguare il sistema di formazione
professionale oggi vigente alle esigenze di una politica attiva della mano
d’opera inserita nel più generale contesto di una politica di piano. [...] Se
vogliamo che il sangue di lavoratori come Giuseppe Scibilia e Angelo Sigona non
abbia più a scorrere come conseguenza di conflitti di lavoro, dobbiamo allora
garantire alla forza pubblica mezzi adeguati ma che non siano tali da provocare
nocumento all’integrità fisica e alla vita delle persone. Questo episodio si
iscrive nella storia tanto frequentemente punteggiata dalla tragedia e dal
martirio, dalla lotta per il progresso dei lavoratori e della società. Ma noi
dobbiamo fare in modo che tali sacrifici non debbano ripetersi. Assumo dinanzi
a tutti solennemente l’impegno di fare, con netta determinazione, quanto è possibile
fare per affermare in modo profondo i valori della giustizia e della libertà
nei rapporti di lavoro e nelle condizioni dei lavoratori.
Dal discorso pronunciato al palazzo comunale
di Avola il 4 gennaio 1969
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