"Un cielo limpido con un sole splendido. A Roma la vita di ogni giorno attivissima e tanta calma. Ché i manifesti nemici caduti in nottata non hanno impressionato nessuno. E’ l’ora in cui le massaie vanno in giro per botteghe e mercati per le provviste. E qualche bimbo resta solo e qualche altro più grandicello va a spendere perché mamma è malata o troppo occupata. E’ l’ora in cui gli abitanti di tutte le città pensano al desinare. E chi è in ufficio, al lavoro o nelle officine, guarda l’orologio per sapere se manca molto. Come messo dall’infinito sulla città si abbassa un aereo tutto bianco. Un falco d’alluminio che vertiginosamente piomba con la mitraglia a dilaniare carni e cose. Dalla Città universitaria dove mi trovo sul viale centrale lo vedo precipitare a bersagliare noi che corriamo. Intanto le 100 sirene ululano l’allarme […]
Si può descrivere lo spettacolo delle zone colpite? No, non basterebbe nemmeno fotografarle, ché quell’aria col calore degli incendi, i disperati richiami e singhiozzi di un popolo che tutto ha perduto, la visione dei feriti e delle vittime orribilmente dilaniate sono più che una visione, una sarabanda. Eppure è realtà tragica. Mio padre è salvo, ma miracolosamente ed ha vissuto tre ore terribili in un seminterrato. Dov’era lui tutto è contorto, bruciato, finito. Molti suoi compagni sono morti. Altri feriti, certi orribilmente mutilati. A casa prima di me, irriconoscibile del volto per la patina di porcherie, ho trovato mio padre. Trastevere non è stata attaccata. Quando dal tram (dopo altri quattro chilometri di marcia) ho visto casa mia in piedi ho respirato. Credo anche sorriso. Quando ho rivisto i miei ho pianto, mio padre più degli altri in pena per me l’ho inteso tremare nell’abbraccio. Siamo salvi. Iddio sia lodato. Sia grazie al cielo. Pietà e misericordia per gli altri.
19 luglio ‘43 Lutto di Roma"
Dino Marconi (ASCGIL)
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