Passa ai contenuti principali

19 luglio 1943: bombe su Roma!

"Un cielo limpido con un sole splendido. A Roma la vita di ogni giorno attivissima e tanta calma. Ché i manifesti nemici caduti in nottata non hanno impressionato nessuno. E’ l’ora in cui le massaie vanno in giro per botteghe e mercati per le provviste. E qualche bimbo resta solo e qualche altro più grandicello va a spendere perché mamma è malata o troppo occupata. E’ l’ora in cui gli abitanti di tutte le città pensano al desinare. E chi è in ufficio, al lavoro o nelle officine, guarda l’orologio per sapere se manca molto. Come messo dall’infinito sulla città si abbassa un aereo tutto bianco. Un falco d’alluminio che vertiginosamente piomba con la mitraglia a dilaniare carni e cose. Dalla Città universitaria dove mi trovo sul viale centrale lo vedo precipitare a bersagliare noi che corriamo. Intanto le 100 sirene ululano l’allarme […]
Si può descrivere lo spettacolo delle zone colpite? No, non basterebbe nemmeno fotografarle, ché quell’aria col calore degli incendi, i disperati richiami e singhiozzi di un popolo che tutto ha perduto, la visione dei feriti e delle vittime orribilmente dilaniate sono più che una visione, una sarabanda. Eppure è realtà tragica. Mio padre è salvo, ma miracolosamente ed ha vissuto tre ore terribili in un seminterrato. Dov’era lui tutto è contorto, bruciato, finito. Molti suoi compagni sono morti. Altri feriti, certi orribilmente mutilati. A casa prima di me, irriconoscibile del volto per la patina di porcherie, ho trovato mio padre. Trastevere non è stata attaccata. Quando dal tram (dopo altri quattro chilometri di marcia) ho visto casa mia in piedi ho respirato. Credo anche sorriso. Quando ho rivisto i miei ho pianto, mio padre più degli altri in pena per me l’ho inteso tremare nell’abbraccio. Siamo salvi. Iddio sia lodato. Sia grazie al cielo. Pietà e misericordia per gli altri.
19 luglio ‘43 Lutto di Roma"
Dino Marconi (ASCGIL)


Commenti

Post popolari in questo blog

Perché l’umanità ha sempre avuto paura delle donne che volano, siano esse streghe o siano esse libere

Ve le ricordate “le due Simone”? Simona Pari e Simona Torretta, rapite nel 2004 a Baghdad nella sede della Ong per cui lavoravano e rientrate a Fiumicino dopo cinque mesi e mezzo di prigionia. “Oche gulive” le definì un giornale (volutamente con l’articolo indeterminativo e la g minuscola!) commentando il desiderio delle due ragazze di ritornare alla loro vita normale precedente il rapimento. E Greta Ramelli e Vanessa Marzullo, le due ragazze italiane rapite in Siria più o meno dieci anni dopo, ve le ricordate? Ve le ricordate ancora Carola Rackete, Greta Thunberg, Laura Boldrini, da ultima Giovanna Botteri? Cosa hanno in comune queste donne? Probabilmente tante cose, probabilmente nulla, ma una è talmente evidente da non poter non essere notata: sono state tutte, senza pietà e senza rispetto, lapidate sul web. Perché verrebbe da chiedersi? E la risposta che sono riuscita a darmi è solamente una: perché sono donne indipendenti, nel senso più vero ed intimo della parola. An...

Alle salme dei sei cittadini di Modena

“Alle salme dei sei cittadini di Modena, caduti nelle vie di questa città il giorno 9 gennaio, ai familiari affranti dal lutto, alla città intera, che abbiamo visto stamane ancora impietrita dallo stupore e dal dolore, ai lavoratori di Modena e di tutta l'Emilia qui convenuti e qui presenti, porto l'espressione della solidarietà e del cordoglio profondo del Partito comunista italiano, del partito di Antonio Gramsci, del partito che lavora nello spirito di Lenin e di Stalin. Credo però che nessuno, in questo momento ed in questa circostanza, vorrà contestarmi il diritto di recarvi l'espressione della solidarietà e del cordoglio di tutti gli italiani i quali hanno senso di umanità e di fraternità civile. Vero è che in questo momento, dì fronte alla maestà infinita della morte, di fronte allo schianto dei familiari e al dolore di tutto il popolo, di fronte agli occhi vostri pieni di lagrime, io sento soprattutto la vanità dì tutte le parole umane. Ma parl...

IL DELEGATO AL CONGRESSO

  IL DELEGATO AL CONGRESSO di Ettore Baraldi   1952 La somma è un po’ alta - disse l’uomo piccolo, dai grossi baffi - e di questi giorni non si lavora, sai com’è! - Insomma, ce lo vogliamo mandare sì o no, questo delegato - disse l’altro, piccolo anche lui. - Dicevo così perché la cassa suona! - ribatté il primo, ma in fondo si vedeva che lui ci teneva più di tutti a mandare un delegato al Congresso. - Già, perché io non lo so? - rispose il secondo -. Sono amministratore per niente? - Però, amministri un bel niente! - e risero tutti e due.  Matteo e Gino ripresero a camminare: erano rispettivamente il capolega e l’amministratore della lega. Dietro di loro veniva un gruppetto di braccianti che discutevano animatamente: a un certo punto della strada però il gruppetto era rimasto indietro; solo un bracciante continuò a seguire i due, ne ascoltava la discussione. Dapprima non ci aveva fatto caso, poi si era interessato, così quando i due, che si erano fermati un attim...