“Oltre venti anni di fascismo ci hanno lasciato il vuoto, non si è formato nessun organizzatore perché quella che il fascismo chiamava un’organizzazione sindacale era un carcere; quelli che in tale regime erano gli organizzatori, non erano per lo più che dei burocrati corrotti. Senza capaci organizzatori non possiamo progredire. Noi siamo già 1.300.000, saremo tra poco 4 milioni: non abbiamo dirigenti sufficienti per i nostri Sindacati, per le nostre Federazioni, per le nostre Camere del lavoro. Bisogna rimediare col solo mezzo possibile: formando nuovi quadri e avendo coraggio, avendo audacia. I nuovi dirigenti, i nuovi organizzatori sindacali si possono formare attraverso l’attività, attraverso le lotte, sviluppando la vita democratica dei sindacati. Altro difetto dei nostri sindacati: quello di un certo burocratismo per cui si crede che tutte le questioni possano essere regolate con lo scambio di lettere. Il sindacato deve promuovere discussioni, assemblee, far partecipare i lavoratori alla vita sindacale, deve essere la espressione libera della massa. E’ attraverso una vita sindacale così concepita, non attraverso il burocratismo che si debbono formare e si formeranno i nuovi dirigenti. Abbiate fiducia nei giovani, spingeteli avanti! Abbiamo bisogno di nuovi dirigenti, e questi non ci possono essere forniti che dalla gioventù! La gioventù è generalmente scettica per le delusioni gravissime che essa ha sofferto nel fascismo. Dimostriamo tutta la fiducia che noi riponiamo nei nostri giovani! Un altro difetto essenziale dei nostri sindacati è l’assenza delle donne dal lavoro sindacale. Noi abbiamo una percentuale elevata di donne nei servizi, negli uffici, ma non vediamo le donne nei comitati direttivi dei sindacati, non vediamo le donne nelle commissioni esecutive delle Camere del lavoro, delle Federazioni nazionali, non le vediamo a questo congresso, che non è degli uomini lavoratori, ma è il congresso di tutti i lavoratori italiani, e le donne sono una parte importante dei lavoratori italiani che debbono partecipare integralmente alla vita ed alla nostra attività sindacale. Noi dobbiamo fare sempre nostre tutte le rivendicazioni dei giovani e delle donne; noi dobbiamo affermare il principio che «a uguale lavoro, uguale salario» in tutti i settori della produzione, senza differenza alcuna” .
Così parlava Giuseppe Di Vittorio al I Congresso delle organizzazioni sindacali dell’Italia liberata tenutosi a Napoli all’inizio del 1945 quando ancora il Nord era sotto l’occupazione nazista.
Dirà 4 anni più tardi Luciano Lama: “Un altro argomento che mi sono riservato di trattare e a cui ho già accennato è quello della necessità di sviluppare una buona politica di quadri nell’organizzazione. Non vorrei che i giornalisti presenti si adontassero per questa parola: politica di quadri. Cosa vuol dire secondo noi fare una buona politica di quadri? Significa facilitare l’ascesa dei quadri migliori, dei dirigenti migliori. Significa selezionare quei lavoratori che nelle lotte si dimostrano i più combattivi, i più fedeli alla causa della classe operaia e si dimostrano disposti ad affrontare maggiori sacrifici perché, si può essere certi che il quadro sindacale che esce dalla lotta, che s’improvvisa dirigente - perché questo è il fenomeno naturale che avviene - il dirigente che viene fuori dall’agitazione e dallo sciopero in un momento particolare di difficoltà, è disposto a fare dei sacrifici ed è fedele alla causa dei lavoratori. Questo dirigente è un dirigente che non tradirà. Il primo requisito dei dirigenti sindacali deve essere proprio questo: la fedeltà alla causa dei lavoratori, la certezza per i lavoratori che questo uomo potrà sbagliare, potrà commettere errori, ma non potrà tradire. Questo è l’obiettivo primo da raggiungere con una buona politica di quadri. Ma non basta. Non basta perché i dirigenti sindacali emergono nella lotta, ma non si completano nella lotta. Per completare la preparazione dei dirigenti sindacali occorre che essi svolgano attività concreta nei Sindacati. Il dirigente sindacale non lo si fa al tavolino ma nella lotta e nell’attività sindacale. E’ necessario quindi che gli uomini che vengono fuori, come dicevo, dalla lotta, siano aiutati in modo che, svolgendo attività sindacale possano essere messi nelle condizioni di diventare veramente dei buoni dirigenti. Perché un quadro sindacale sia completo è necessario anche che esso acquisisca quelle conoscenze che l’attività di ogni giorno difficilmente gli può dare. Ecco perché sarebbe opportuno che la Confederazione del Lavoro, che le maggiori Camere del Lavoro e le maggiori Federazioni di categoria istituissero delle scuole sindacali. Non dovrebbero essere soltanto scuole nelle quali si impara la tecnica del contratto di lavoro, ecc. Queste scuole dovrebbero insegnare ai quadri sindacali la storia del movimento sindacale, le tradizioni gloriose del movimento sindacale italiano ed internazionale e dovrebbero insegnare anche una cosa che sta scritta nel primo articolo dello Statuto della Confederazione del Lavoro: l’obiettivo finale, lo scopo finale della CGIL è quello di realizzare una nuova società. Noi dobbiamo fare sì che i dirigenti sindacali sappiano queste cose, le debbono sapere in modo che non si immergano completamente nel praticismo di ogni giorno, e perdano di vista questi che sono gli obiettivi finali” .
Le prime scuole sindacali cominciano ad essere istituite, a livello locale, tra il 1949 e il 1950. Le prime notizie concrete sul funzionamento di una scuola sindacale locale provengono da Novara dove il 10 novembre 1949 viene inaugurata per iniziativa della locale Camera del Lavoro una scuola sindacale per venti allievi, ubicata nei locali di proprietà del Comune di Palazzo Fossati.
Nei primi mesi del 1950 viene inaugurata a Gallo Bolognese, alla presenza del nuovo responsabile dell’organizzazione Agostino Novella, la seconda scuola locale, per sindacalisti e cooperatori. Qualche giorno dopo una cerimonia analoga inaugurava la scuola sindacale della Camera del Lavoro di Modena, ubicata a Riccione.
Sempre a Riccione, nello stesso Albergo Boemia che ospita la scuola della Camera del lavoro di Modena nasce la prima Scuola centrale sindacale della CGIL, inaugurata nel marzo 1951 da Agostino Novella alla presenza del direttore Giovanni Fornari e degli insegnanti Elio Capodaglio e Raffaele Paoletti.
Il 5 dicembre 1951 la Scuola Centrale viene trasferita da Riccione a Grottaferrata, vicino Roma.
Dall’estate del 1952 la Scuola Centrale di Grottaferrata cambia nome; l’11 agosto, infatti, in occasione del 60° compleanno del segretario generale Giuseppe Di Vittorio si decide di intitolare proprio al leader di Cerignola la Scuola di formazione sindacale della CGIL.
Recita la risoluzione organizzativa del Congresso di Napoli del 1952: “Nessuna seria azione di consolidamento e di sviluppo della organizzazione sindacale sarà resa possibile senza seguire un giusto lavoro di formazione e senza un più coraggioso avanzamento di quadri dirigenti vecchi e di quelli che si siano distinti nel lavoro e nella direzione della lotta. L’obiettivo di una buona politica dei quadri sta nel mirare a formare dirigenti di tutte le correnti e di nessuna corrente, che sappiano comprendere e tradurre nella realtà le decisioni degli organi dirigenti. La formazione del quadro dirigente deve essere attuata con un maggiore studio individuale, con riunioni, discussioni e con il controllo collettivo dell’azione e del lavoro, con una maggiore critica e autocritica, con un’azione più conseguente, contro i residui di opportunismo e di settarismo per ulteriormente rafforzare l’unità della CGIL, l’unità con tutti i lavoratori e l’unità d’azione con le altre organizzazioni sindacali.
Particolare attenzione deve essere data alla formazione di dirigenti provinciali di Lega, di fabbrica ed agli attivisti in genere, con il potenziamento della Scuola nazionale, con la costituzione delle scuole regionali o interregionali di carattere collegiale, con brevi corsi tenuti nelle zone più povere, particolarmente del Mezzogiorno e del Veneto, con brevi corsi serali per attivisti che acquistino carattere di massa” .
La risoluzione sui problemi organizzativi licenziata dal IV Congresso nazionale di Roma del 1956 ribadisce i concetti già presenti nelle conclusioni dell’assise di Napoli con un’importante integrazione sulla realizzazione di una autonoma e permanente politica dei quadri, lontana da qualsiasi influenza di partito.
La circolare confederale n. 1800 del 29 ottobre 1960 trasmette a tutte le Camere del lavoro e le Federazioni nazionali di categoria il documento su La formazione dei quadri sindacali, approvato dalla Segreteria confederale, che riportiamo nella sua interezza: “La Commissione confederale di organizzazione ha preso in esame nella riunione del 21-22-23 settembre u.s. i problemi della formazione e della qualificazione dei quadri sindacali. E’ compito permanente dell’organizzazione promuovere il costante arricchimento del numero e della qualità dei quadri dirigenti del sindacato. Ciò diviene necessità improrogabile nel momento in cui la coscienza sindacale delle masse è in pieno risveglio e pone con forza sempre crescente l’esigenza di un sindacato che assolva in pieno al proprio ruolo autonomo nelle aziende e nel paese. Lo stesso sviluppo della politica articolata, il rinnovato contenuto delle rivendicazioni, specie a livello aziendale e di settore, il conseguente adeguamento delle strutture organizzative postulano la necessità di nuove leve di quadri sindacali e l’impegno permanente per la ricerca, la conquista, la valorizzazione di coloro che si distinguono nelle lotte e nella milizia sindacali. La elaborazione delle rivendicazioni, le lotte, lo sviluppo della vita democratica interni sono momenti importanti per la formazione di nuovi quadri; anche il moltiplicarsi delle esperienze che derivano da un’attiva presenza nella vita e nella direzione delle istanze sindacali è di per sé un fatto altamente formativo. Lo sviluppo del processo formativo dei quadri va però promosso ed organizzato da parte del sindacato. Le esigenze attuali della contrattazione differenziata e i compiti sempre più onerosi ai quali il sindacato deve assolvere richiedono infatti anche un’alta qualificazione politico-sindacale, tecnica e culturale dei quadri dirigenti. E’ necessario, quindi, promuovere a questo scopo un sempre più intenso programma di lavoro di tutta l’organizzazione sindacale diretto a perfezionare la preparazione dei quadri. Tale programma deve offrire ai quadri che occupano posti di responsabilità a tutti i livelli dell’organizzazione la possibilità di approfondire gli aspetti più attuali della contrattazione (cottimi, premi di rendimento, qualifiche, organici, ecc.) e tutte le altre questioni poste dal ruolo che ricopre il sindacato nell’attuale ordinamento sociale (problemi della sicurezza sociale, dello sviluppo economico, del tempo libero ecc.). Per gli altri, i giovani attivisti in particolare, necessita una sempre più ampia informazione che, muovendo dai più lontani orientamenti, ricolleghi gli ideali del sindacato unitario al significato della sua attuale politica e alle prospettive di rinnovamento e di unità che esso dischiude ai lavoratori italiani. Il funzionamento della Scuola centrale della CGIL rappresenta indubbiamente un contributo decisivo per lo sviluppo di questa attività. Essa, però, non basta da sola a soddisfare le esigenze attuali di qualificazione dei quadri sindacali. E’ necessario pertanto dare vita ad una serie di iniziative differenziate al massimo, sebbene armonizzate negli scopi e nel contenuto, al fine di raggiungere con questa attività centinaia di quadri delle Camere del lavoro, dei sindacati provinciali, delle leghe, delle aziende. L’attuale programma della Scuola centrale della CGIL prevede lo svolgimento di corsi sui cottimi e sui salari (il primo corso su questi argomenti è già stato realizzato con successo), sulle forme di salario legate al rendimento, sulle questioni della sicurezza sociale, sulla contrattazione in agricoltura, ecc.; è pure prevista la realizzazione di un corso trimestrale per giovani attivisti. L’attività della Scuola centrale viene seguita dalla pubblicazione del materiale didattico elaborato con il contributo dei partecipanti ai corsi e di tali pubblicazioni possono, quindi, avvantaggiarsi le organizzazioni che promuoveranno nel loro ambito corsi formativi. Esistono già alcune esperienze positive realizzate dalle Federazioni nazionali (per esempio il corso per giovani attivisti della Federazione dell’Abbigliamento) e dalle Camere del lavoro (campeggi estivi di tre Camere del lavoro piemontesi, ecc.). Tali esperienze vanno generalizzate e vanno assunte come metodo permanente di lavoro. E’ necessario che le organizzazioni di base assumano nei loro programmi di lavoro la realizzazione di brevi corsi formativi serali o di breve durata, come i Tre giorni organizzati dalla Federbraccianti. Naturalmente, a seconda delle località e del grado di preparazione dei partecipanti, il corso dovrà centrarsi sulla materia che sembrerà più opportuna, caso per caso. La Segreteria della CGIL è convinta che la messa a punto e la realizzazione di una vasta attività formativa rappresenti un aspetto attuale e caratteristico della politica autonoma dei quadri e possa quindi contribuire a rafforzare la funzione insostituibile del sindacato, a consolidare i suoi legami con i lavoratori, a dotare tutte le istanze sindacali di quadri dirigenti che siano espressione diretta di una politica sindacale e anche delle leve sindacali a cui essa si rivolge” .
Sempre nel 1960, all’indomani del Congresso di Milano, la Segreteria confederale nomina un gruppo di lavoro composto da Antonio Tatò (direttore di «Rassegna sindacale»), Silvano Ridi (responsabile della Commissione nazionale giovanile) e Carlo Sazio (Ufficio Quadri e scuole), incaricato di compilare un programma specifico per la formazione sindacale.
La Scuola intanto aveva abbandonato la vecchia sede di Villa Cicerone a Grottaferrata per spostarsi nelle sedi provvisorie di Genzano e Ariccia (definitivamente chiuse nel 1964).
Recita la risoluzione organizzativa del Congresso di Bologna del 1965: “La necessità di assicurare alla CGIL e a tutte le sue organizzazioni la massima comprensione della realtà sempre più complessa e in mutamento nella quale operano, e di metterle in grado quindi di applicare efficacemente la loro politica complessiva, rende obbligatorio prendere delle misure radicali nel campo della nostra attività per la selezione, la formazione, l’impiego e la valorizzazione dei quadri. Abbiamo urgente bisogno di un maggior numero di attivisti e di dirigenti sindacali competenti, preparati, capaci di dominare, sul piano politico-sindacale e tecnico, il processo reale della condizione dei lavoratori delle città e delle campagne, con le implicazioni che tale dominio comporta sul piano delle conoscenze economiche, sociali, tecniche, giuridico - contrattuali. A questo fine, e per superare la fase di lavoro dispersivo e non sistematico nella quale tutte le nostre organizzazioni si sono finora attardate in questo campo, la CGIL dà un indirizzo e si assume un impegno del tutto nuovo compiendo lo sforzo di edificare una propria Scuola centrale quadri, la quale opererà anche come Centro di studi sociali e di formazione sindacale. Inoltre, per assicurare una direzione e un coordinamento continuo ed efficiente a questa branca di attività, verrà costituita presso il Centro confederale una apposita sezione di lavoro. Queste misure devono essere intese e comprese da tutte le organizzazioni verticali e orizzontali in tutto il significato e il valore di svolta nei campi dell’attività formativa che hanno, anche per loro e per le iniziative che esse hanno in corso a tutti i livelli. L’obiettivo che questa volta ci proponiamo di raggiungere è di far prendere al Sindacato direttamente nelle mani quell’opera di selezione e di formazione di nuove leve di quadri dirigenti sindacali qualificati, competenti, tecnicamente agguerriti, quali sono necessari a una moderna organizzazione come la CGIL per colmare i vuoti e le carenze oggi esistenti nelle sue file, per garantirsi un ricambio, un rinnovamento e una promozione continua delle migliaia di suoi dirigenti, quadri e attivisti che operano a tutti i livelli” .
Il 21 novembre 1966 inizia ufficialmente le proprie attività il Centro studi e formazione sindacale di Ariccia, diretto da Angelo Di Gioia, con la collaborazione di Isabella Milanese, Carlo Sazio e Claudio Pontacolone.
Cinque anni più tardi, nel luglio 1972, dei risultati e della natura della Scuola di Ariccia si occupa il Convegno di studi ‘Problemi ed esperienze di formazione sindacale’, svoltosi a Roma e promosso dalla Fondazione Brodolini (atti a stampa consultabili in Biblioteca). Durante i lavori Angelo Di Gioia e Claudio Pontacolone illustrarono uno studio complessivo sull’attività del Centro dal 1967 al 1974, successivamente pubblicato anche nei «Quaderni di Rassegna sindacale».
A partire dal 1975 il decentramento dell’attività formativa nei territori diventa la via privilegiata nella costruzione del sistema formativo della CGIL. Nel giro di un biennio rafforzano la loro attività formativa regioni come l’Abruzzo, la Campania, il Lazio, il Friuli, il Piemonte e il Veneto (accanto alle più quotate Lombardia ed Emilia), e province quali Taranto, Roma, Perugia, Forlì, Cagliari (accanto a Milano, Firenze, Torino). Ma la spinta principale proviene da quattro nuove scuole che nascono tra il 1975 e il 1977: la «Ca’ Vecchia» a Bologna (inaugurata nel settembre 1975), la «Santa Venerina» a Catania (inaugurata il 4 giugno 1976), il Centro dell’Impruneta, nei pressi di Firenze e quello di Imbersago, in provincia di Como, entrambi inaugurati nel corso del 1977.
L’anno successivo, il 9-10 novembre 1978, la CGIL organizza ad Ariccia un Convegno nazionale sulla ‘Politica dei quadri e formazione sindacale’, preceduto da un ampio dibattito ospitato su «Rassegna Sindacale», aperto da Salvatore Bonadonna e concluso da Rinaldo Scheda, cui partecipano nomi importanti del Sindacato.
Con il Congresso del 1981 per la prima volta la formazione sindacale entra nello Statuto:
Art. 4. La CGIL e le organizzazioni confederali nell’ambito delle rispettive competenze e sempre praticando e organizzando la partecipazione dei lavoratori si propongono di realizzare i propri scopi: [...] h) potenziando a tutti i livelli un’attività sistematica di formazione sindacale che renda effettiva e qualifichi la partecipazione dei lavoratori ai compiti e alle responsabilità del sindacato.
Art. 6. L’autonomia del sindacato si esprime fondamentalmente con il più ampio esercizio della democrazia e della partecipazione dei lavoratori alla vita sindacale, all’elaborazione della sua linea politica con l’assoluta aderenza delle sue scelte agli interessi particolari e generali dei lavoratori, con lo sviluppo di una qualificata formazione dei quadri sindacali e l’autofinanziamento da parte dei lavoratori.
L’anno successivo vengono resi noti i risultati de La formazione sindacale in Italia: ricerca ISFOL, in collaborazione con la Fondazione Seveso, sulla metodologia e i livelli d’intervento nelle strutture formative sindacali (consultabile in Biblioteca).
Da un punto di vista dei documenti ufficiali, il Congresso del 1986 è forse il momento di maggiore visibilità politica della formazione, elevata a “risorsa strategica dell’organizzazione”. Recita la mozione n. 47: “La formazione sindacale deve favorire la partecipazione di decine di migliaia di quadri sindacali, di delegati, di nuovi iscritti al grande sforzo che il sindacato deve compiere nel penetrare dentro ai sistemi organizzativi e produttivi per cogliere con i lavoratori la portata delle innovazioni e cercare di influire il più possibile sulla loro natura, aggiornando forme, contenuti e metodi dell’intervento del sindacato e allargandone la rappresentatività. [...] Il superamento dell’idea di formazione come intervento eccezionale, la rapida obsolescenza delle conoscenze scientifiche e tecniche, il crescente divario tra i livelli medi di cultura e il profondo mutare del contesto entro cui l’esperienza sindacale viene elaborata e modellata da generazioni diverse di quadri sindacali pongono il problema di una formazione ricorrente. E’ compito degli organi dirigenti a ogni livello valutare con attenzione l’apporto specifico che deve venire dall’azione educativa formalizzata e farla affermare come parte essenziale del lavoro di direzione politica e organizzativa”.
Nella primavera del 1989 la Conferenza di programma ridisegna il volto nuovo della CGIL (sindacato dei diritti e del programma) ed in autunno la Conferenza di organizzazione avvia il processo che porterà alla fine delle tre componenti storiche della CGIL (comunista, socialista e terza componente). Un tale processo politico avrà ripercussioni anche sul piano culturale e formativo, aprendo una nuova fase nella storia dell’organizzazione.
Nel 1990 il Centro Studi di Ariccia chiude per motivi non soltanto finanziari. Il Centro aveva nel tempo perduto il rapporto con le strutture periferiche, al punto che l’anno precedente la chiusura, nel 1989, la CGIL decide di riportare la funzione di formazione all’interno dell’organizzazione, creando un Ufficio formazione dipendente dal Dipartimento di organizzazione.
Nel capitolo dedicato alla politica organizzativa, parlando di politica dei quadri e formazione, recita la tesi n. 29 presentata al XII Congresso (Rimini 1991): “Va decisamente superata la logica prevalente che ha presieduto finora alla politica dei quadri in CGIL: quella delle componenti. E’ necessario prendere atto che l’attività della CGIL si esplica attraverso un’articolazione e una differenziazione di funzioni, le quali rispondono a logiche organizzative diverse. E’ urgente ridefinire regole sulla politica dei quadri che rispondano a queste diverse logiche organizzative. Il Congresso si propone di rafforzare il ruolo della formazione nella valorizzazione delle risorse umane e nel raggiungimento degli obiettivi culturali, politici, organizzativi della Cgil”.
Nello stesso documento si individua un progetto concreto che rimette in discussione lo stesso Ufficio formazione creato due anni prima, cioè la costituzione di un Istituto superiore di studi e formazione. Il progetto, già delineato nelle tesi congressuali, si realizzerà nel 1994 con la nascita dell’ISF - Istituto superiore di formazione.
Quasi un ventennio più tardi, il 3 giugno 2013, i tre istituti della CGIL afferenti in generale all’area della formazione e ricerca: Associazione Bruno Trentin (nata nel 2010), Isf e Ires (fondata nel 1979), si fondono per dar vita ad un unico centro di iniziativa sindacale, di ricerca e formazione.
Dal primo settembre 2015 si è completata la costituzione della Nuova Fondazione Giuseppe Di Vittorio come unico istituto nazionale della CGIL per la ricerca storica, economica, sociale e della formazione sindacale, frutto della progressiva unificazione di tutti i precedenti enti della Confederazione: Associazione Bruno Trentin, Ires, ISF e SMILE. L’iniziativa, che dà seguito alle deliberazioni della Conferenza d’organizzazione della CGIL (17-18 settembre 2015), punta al rilancio, alla razionalizzazione e al coordinamento dell’insieme degli istituti della Confederazione.
Il 1° ottobre 2015, dando seguito alle decisioni della stessa Conferenza d’Organizzazione, viene istituita, all’interno dell’Area delle politiche organizzative del Centro confederale, la carica di responsabile della Formazione sindacale, con lo scopo di censire, valorizzare e coordinare l’insieme delle attività formative delle strutture della CGIL (territori, categorie, servizi); definire il percorso verso il Piano Formativo Nazionale; ricostruire il ciclo della Formazione per rafforzare la dimensione di sistema delle diverse attività formative; promuovere l’idea e le pratiche del diritto/dovere della formazione per i delegati, i dirigenti, i dipendenti dell’Organizzazione.
Sempre nella Conferenza si è decisa l’istituzione di un Coordinamento della Formazione, che verrà eletto dal Direttivo (e successivamente dai singoli Congressi) e di un Fondo per la Formazione che verrà definito e costruito secondo le decisioni che verranno assunte dal Comitato Direttivo della CGIL.
Ilaria Romeo
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