Passa ai contenuti principali

Lama - Di Vittorio, un rapporto speciale, di Ilaria Romeo

Il rapporto tra Lama e Giuseppe Di Vittorio è un rapporto molto speciale, nato nel 1945 quando il giovanissimo Luciano partecipa - in qualità di segretario della Camera del lavoro di Forlì - al Congresso nazionale della Cgil a Napoli.

“Ricordo il freddo gelido della sala dove ci riunimmo - racconterà nel 1979 a «Panorama» - Venimmo in due: Nino Laghi e io. Altri due compagni vennero da Bologna e al ritorno, nel ripassare le linee, furono uccisi”.

Il successivo Congresso di Firenze, il primo della Cgil dopo la Liberazione, si svolge dal 1° al 7 giugno 1947.  “Di Vittorio gioca con sorprendente spregiudicatezza la sua carta - scriverà Giancarlo Feliziani in Razza di comunista. La vita di Luciano Lama (Editori Riuniti, 2009) - In queste giornate di lavoro avvicina a più riprese Luciano Lama, giovanissimo e ignoto segretario di Camera del lavoro, lo stimola, lo lascia parlare, lo ascolta, presta attenzione alle sue parole, ma in realtà ha già deciso:  gli proporrà di diventare vice segretario della Cgil. In sostanza, il suo  braccio destro. Punta tutto su quel giovane romagnolo dalla complessione fisica robusta, dal gusto per la polemica, dalla franchezza che spesso sfiora l’irriverenza”.

“Non l’ho mai saputo il perché… l’ho chiesto a Togliatti, a Luigi Longo… l’ho chiesto a Di Vittorio. E ognuno di questi mi ha risposto così: «Ma che ti interessa di saperlo… l’importante è che lo sei diventato!»” dirà Lama anni dopo in una intervista alla TV della Svizzera italiana.

“Tra Lama e Di Vittorio si instaura un rapporto particolarissimo - Scriverà sempre Giancarlo Feliziani - per Lama, Di Vittorio è un maestro di vita, per certi versi un secondo padre. Ha stima incondizionata e grande tenerezza per quel dirigente straordinario in grado di guidare scioperi, indirizzare congressi ma anche capace di addormentarsi improvvisamente nel bel mezzo di una riunione. Per Di Vittorio, uomo appassionato e dalla forte personalità, autonomo nel pensiero e non condizionato da vincoli di appartenenza politica, un uomo schietto che ha dedicato la vita alla causa del lavoro, mai disposto ad accettare ordini, neppure se arrivano dalle Botteghe Oscure o da Togliatti in persona, per Di Vittorio quel giovane con la faccia aperta ai dubbi rappresenta il futuro, la speranza, l’entusiasmo, l’intelligenza politica. Ma quel giovane disinvolto e laureato in Scienze sociali rappresenta anche ciò che lui, bracciante poverissimo, avrebbe voluto ma non è riuscito a essere. Quei due uomini diventano inseparabili: dove c’è Di Vittorio, un passo indietro, c’è sempre anche Luciano Lama che giorno dopo giorno va assumendo nel sindacato un ruolo di sempre maggior spicco. La sua ascesa irresistibile è nelle cose, nell’organizzazione quotidiana, nella progettualità della Cgil”.

Luciano è al fianco di Di Vittorio ai funerali delle vittime dell’eccidio di Modena del 1950 e compare sempre più spesso al suo fianco nei viaggi ufficiali tanto che, si racconta, a volte veniva scambiato per il figlio.

Quando Scelba gli ritira il passaporto nella primavera del 1952, impedendo a Di Vittorio di recarsi a New York al Consiglio economico e sociale dell’Onu come presidente della Federazione sindacale mondiale ed i parlamentari della Cgil protestano con il presidente della Camera, è il giovane Lama che tiene i contatti con Di Vittorio.

E’ Luciano Lama a pronunciare al Comitato direttivo del 3 dicembre 1957 l’orazione funebre di Di Vittorio ed è sempre Lama  -  non Novella, segretario generale - a commemorare Di Vittorio alla presenza di Baldina, Anita e Vindice ad Ariccia il 3 novembre 1967 a dieci anni dalla morte (è in quella occasione che il Centro studi e formazione sindacale della Cgil viene ufficialmente inaugurato).

“Cosa devo a Di Vittorio? - dirà Lama nel novembre 1981 in una intervista all’«Espresso» - Prima di tutto i ferri di un mestiere non facile. Il coraggio di affrontare la realtà, anche quella che non ti piace. Lo sforzo costante di non appagarsi della superficie, ma di vedere quello che c’è sotto le cose. Infine, l’abitudine a pensarci su, a non essere frettoloso nei giudizi, ma poi ad avere il coraggio di esprimerli anche controcorrente”.

Commenti

Post popolari in questo blog

Perché l’umanità ha sempre avuto paura delle donne che volano, siano esse streghe o siano esse libere

Ve le ricordate “le due Simone”? Simona Pari e Simona Torretta, rapite nel 2004 a Baghdad nella sede della Ong per cui lavoravano e rientrate a Fiumicino dopo cinque mesi e mezzo di prigionia. “Oche gulive” le definì un giornale (volutamente con l’articolo indeterminativo e la g minuscola!) commentando il desiderio delle due ragazze di ritornare alla loro vita normale precedente il rapimento. E Greta Ramelli e Vanessa Marzullo, le due ragazze italiane rapite in Siria più o meno dieci anni dopo, ve le ricordate? Ve le ricordate ancora Carola Rackete, Greta Thunberg, Laura Boldrini, da ultima Giovanna Botteri? Cosa hanno in comune queste donne? Probabilmente tante cose, probabilmente nulla, ma una è talmente evidente da non poter non essere notata: sono state tutte, senza pietà e senza rispetto, lapidate sul web. Perché verrebbe da chiedersi? E la risposta che sono riuscita a darmi è solamente una: perché sono donne indipendenti, nel senso più vero ed intimo della parola. An

Il giuramento di Mauthausen

Si aprono le porte di uno dei campi peggiori e più insanguinati: quello di Mauthausen. Stiamo per ritornare nei nostri paesi liberati dal fascismo, sparsi in tutte le direzioni. I detenuti liberi, ancora ieri minacciati di morte dalle mani dei boia della bestia nazista, ringraziano dal più profondo del loro cuore per l’avvenuta liberazione le vittoriose nazioni alleate, e saluta no tutti i popoli con il grido della libertà riconquistata. La pluriennale permanenza nel campo ha rafforzato in noi la consapevolezza del valore della fratellanza tra i popoli. Fedeli a questi ideali giuriamo di continuare a combattere, solidali e uniti, contro l’imperialismo e contro l’istigazione tra i popoli. Così come con gli sforzi comuni di tutti i popoli il mondo ha saputo liberarsi dalla minaccia della prepotenza hitleriana, dobbiamo considerare la libertà conseguita con la lotta come un bene comune di tutti i popoli. La pace e la libertà sono garanti della felicità dei popoli, e la ricostruzion

Nel suo volto la storia dei cafoni

Pepite d’Archivio: ancora Gianni Rodari su Giuseppe Di Vittorio in un NUOVO, bellissimo testo da leggere tutto d’un fiato. Il brano, recuperato da Ilaria Romeo (responsabile dell’Archivio storico CGIL nazionale che lo conserva)  è tratto da «Paese Sera» del 3 novembre 1977 “Il 3 novembre del 1957 moriva a Lecco, dove si era recato per inaugurare la sede della Camera del lavoro, Giuseppe Di Vittorio. Ricordo la commozione di quelle ore, mentre la salma veniva trasportata a Roma per i funerali. Ricordo quei funerali. Roma ne ha conosciuti di più grandiosi. Quello di Togliatti, anni dopo, ebbe le proporzioni di una gigantesca manifestazione di forza. Ma non si è mai vista tanta gente piangere come ai funerali di Di Vittorio. Anche molti carabinieri del servizio d’ordine avevano le lacrime agli occhi. La cosa non stupiva. Di Vittorio non era stato solo il capo della Cgil e per lunghi anni un dirigente tra i più popolari del Pci: era diventato un uomo di tutti, stava nel cuore de