di Ilaria Romeo
responsabile Archivio storico CGIL nazionale
Il 16 marzo 1978 (giorno della presentazione del nuovo governo, il quarto guidato da Giulio Andreotti) la Fiat 130 che trasporta Aldo Moro dalla sua abitazione alla Camera dei deputati, viene intercettata tra via Fani e via Stresa da un commando delle Brigate Rosse.
I cinque uomini della scorta (Domenico Ricci, Oreste Leonardi, Raffaele Iozzino, Giulio Rivera e Francesco Zizzi) vengono uccisi sul colpo, Aldo Moro è sequestrato.
Dopo una prigionia di 55 giorni il suo corpo sarà ritrovato il 9 maggio a Roma in via Caetani, emblematicamente vicina sia a Piazza del Gesù che a via delle Botteghe Oscure.
La Cgil vive con commossa partecipazione i 55 giorni del
rapimento, proclamando il 16 marzo stesso insieme a Cisl
e Uil lo sciopero generale.
Grandi manifestazioni hanno luogo a Bologna, Milano, Napoli, Firenze, Perugia e Roma dove 200.000 persone si raccolgono
in piazza San Giovanni.
Così Luciano Lama dal palco: “Io credo, campagne e compagni che nelle grandi prove, nei momenti decisivi come questo si misurano in effetti le qualità vere, migliori di una classe, di una popolazione, di una nazione. Sul mondo del lavoro unito incombe un compito importante nella difesa dei valori essenziali della libertà, della democrazia, della civiltà nostra; […] dobbiamo sentire che l’intesa, l’unità fra di noi è una delle garanzie vere, delle possibilità della democrazia, della libertà di trovare nel nostro popolo la sua difesa essenziale. Dimostriamo in questo momento difficile, in questo momento tragico della vita del Paese di essere all’altezza di questo grave compito” (GUARDA IL VIDEO).
Così Luciano Lama dal palco: “Io credo, campagne e compagni che nelle grandi prove, nei momenti decisivi come questo si misurano in effetti le qualità vere, migliori di una classe, di una popolazione, di una nazione. Sul mondo del lavoro unito incombe un compito importante nella difesa dei valori essenziali della libertà, della democrazia, della civiltà nostra; […] dobbiamo sentire che l’intesa, l’unità fra di noi è una delle garanzie vere, delle possibilità della democrazia, della libertà di trovare nel nostro popolo la sua difesa essenziale. Dimostriamo in questo momento difficile, in questo momento tragico della vita del Paese di essere all’altezza di questo grave compito” (GUARDA IL VIDEO).
Il 18 aprile, XXX anniversario della vittoria
democristiana nelle elezioni del 1948, trentaquattresimo giorno del rapimento
Moro arriva quello che poi sarà definito il falso comunicato numero sette delle
Brigate Rosse il cui contenuto dà per avvenuto l’assassinio di Moro e indica il
luogo dove ricercarne il corpo.
La Segreteria Cgil è riunita in Corso Italia. La
riunione convocata dalla Segreteria confederale con la Segreteria del
Sindacato scuola, della Fiom, della Federbraccianti, della Federazione enti
locali e ospedalieri e degli enti statali per avviare una riflessione in
preparazione del convegno unitario per il diritto allo studio che si terrà a
Montecatini il 3-4-5 maggio viene sospesa non appena si riceve la notizia.
Due giorni dopo, il 20 aprile, alla redazione
di «la Repubblica» arriva il vero comunicato n. 7: è il comunicato dell’ultimatum:
“Scambio di prigionieri o lo uccidiamo”.
Il 21
aprile “la Segreteria confederale si riunisce in via
straordinaria per valutare gli ultimi sviluppi della vicenda relativa al
rapimento dell’on. Moro. Nel comunicato delle ‘brigate rosse’ di ieri mentre si
denuncia come apocrifo il comunicato precedente che indicava l’avvenuta
uccisione dell’on. Moro, si fissa l’ultimatum dello scambio del rapito con 13 brigatisti
attualmente in carcere. Questi elementi di novità nella situazione e le prese
di posizione diverse emerse nei giorni scorsi all’interno del movimento sindacale,
sembrano escludere, secondo la Segreteria, la possibilità di una valutazione
unitaria della Federazione.
Si discute quindi sull’opportunità di una dichiarazione della
Segreteria della Cgil.
La Segreteria, dopo un dibattito cui partecipano tutti i
presenti escluso Verzelli [Lama, Marianetti, Giovannini, Didò, Garavini, Trentin,
Zuccherini, Giunti], pur ritenendo utile un intervento di orientamento per le
strutture periferiche, deve registrare l’impossibilità di una presa di
posizione perché si sono evidenziate notevoli differenze sia di principio che di ordine politico
nel merito della questione relativa alla possibilità o meno di una trattativa coi brigatisti da parte
dello Stato”.
L’epilogo della vicenda è tristemente noto a
tutti. Nel comunicato n. 9 la
Brigate rosse scrivono: “Concludiamo la battaglia cominciata il 16 marzo
eseguendo la sentenza a cui Aldo Moro è stato condannato”.
Così, sempre dal palco di Piazza San Giovanni a
Roma dirà il 10 maggio Luciano
Lama: “Anche oggi come il 16 marzo Roma è qui in
questa piazza per esprimere alla famiglia Moro e alla Democrazia cristiana la
solidarietà dei lavoratori e per ribadire con fermezza incrollabile la volontà
del nostro popolo di difendere lo Stato democratico, le nostre libertà […] Chi
era Aldo Moro? Egli era il capo di un Partito col quale il movimento sindacale
in questi decenni ha avuto anche momenti di contrasto e di lotta. Era uomo di
Partito e uomo di Stato, era, io credo, un moderato nella concezione politica e
nel carattere, ma un moderato illuminato da una viva intelligenza e sensibilità
sulle trasformazioni in atto nella società italiana, attento e lungimirante nel
prevedere gli sviluppi dei processi che si svolgevano anche nel profondo di
questa società. […] Noi sappiamo che le Brigate Rosse colpiranno ancora e
potranno colpire uomini politici, sindacalisti, cosa che hanno già cominciato a fare, e dirigenti di
impresa e poliziotti. La lotta contro il terrorismo non finisce oggi, anche se
il miglioramento dell’efficienza dell’apparato dello Stato dovrà rendere più
spedita l’azione contro le forze eversive. Ma se il Paese rinserrerà le sue
file, se il destino d’Italia sarà preso nelle proprie mani da ogni lavoratore,
l’esito finale di questa dura prova è sicuro: le Brigate Rosse potranno ancora
distruggere e uccidere, la loro barbarie inumana potrà farci ancora soffrire,
ma essi non prevarranno” (GUARDA IL VIDEO).
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