Il 16 giugno 1901, a Livorno, ha inizio il Congresso costitutivo della Fiom.
“Alle ore 9 e mezzo di stamani, dalla sede della Camera del lavoro, preceduti dalla bandiera sociale, si partirono i delegati delle varie sedi venuti a Livorno per prender parte al primo Congresso nazionale degli operai metallurgici” si legge su «Gazzetta livornese» del giorno.
Giunti da ogni parte d’Italia, i delegati presenti nella sede della Fratellanza artigiana della città toscana, rappresentano 40 sezioni (altre 18 avevano inviato la propria adesione) e più di 18mila iscritti.
A tenere la relazione morale e finanziaria del «Comitato centrale di Propaganda» è chiamato l’operaio Aristide Becucci, mentre il primo segretario eletto è Ernesto Verzi, 29 anni, nato a Firenze, ma residente a Roma dove svolge l’attività di incisore di metalli (dimissionario sarà sostituito nove anni dopo da Bruno Buozzi).
Recita il primo articolo dello Statuto: “Con deliberato del I Congresso nazionale tenutosi a Livorno il 16 giugno 1901 è dichiarata costituita la Federazione italiana fra gli operai metallurgici (Fiom) o facenti parte delle Sezioni annesse alla Federazione”.
Nel primo Congresso dopo la guerra la Fiom conta 47.192 iscritti e 102 sezioni.
Meno di un anno dopo, il 20 febbraio 1919, la Federazione firma con la Confederazione degli industriali un accordo per la riduzione di orario a 8 ore giornaliere e 48 settimanali (l’accordo prevede tra l’altro il riconoscimento delle Commissioni interne e la loro istituzione in ogni fabbrica; la nomina di una Commissione per il miglioramento della legislazione sociale e di un’altra per studiare la riforma delle paghe e del carovita).
Recita tra l’altro l’accordo: “Con l’approvazione avvenuta del Regolamento unico per tutte le Officine meccaniche, navali e affini, l’orario di lavoro viene ridotto rispettivamente da 55, 60 a 48 settimanali come indicato dall’art. 6 del Regolamento stesso. Per gli stabilimenti siderurgici tale orario viene ridotto da 72 a 48 ore, con l’adozione dei tre turni, come stabilito dall’art. 6 del Regolamento unico per gli stabilimenti stessi. Tali orari dovranno essere attuati non oltre il 1° maggio per le officine meccaniche, navali ed affini e non oltre il 1° luglio per gli stabilimenti siderurgici”.
Con il Regio Decreto 692 del 1923 (poi convertito nella legge 473 del 17 aprile 1925) l’orario di lavoro massimo di 8 ore giornaliere o 48 settimanali viene esteso a tutte le categorie (lo stesso provvedimento si preoccupava di fissare dei limiti anche al lavoro straordinario, rispettivamente in 2 ore giornaliere e 12 ore settimanali).
Con gli accordi di Palazzo Vidoni del 2 ottobre 1925, Confindustria e sindacato fascista si riconoscono reciprocamente quali unici rappresentanti di capitale e lavoro, abolendo le Commissioni interne. La sanzione ufficiale arriva con la legge n. 563 del 3 aprile 1926, che riconosce giuridicamente il solo sindacato fascista – l’unico a poter firmare i contratti collettivi nazionali di lavoro -, istituisce una speciale magistratura per la risoluzione delle controversie di lavoro, cancella il diritto di sciopero. Il 4 gennaio 1927, in seguito ai provvedimenti emessi dal fascismo, il vecchio gruppo dirigente della Cgdl decide l’autoscioglimento dell’organizzazione.
Sei mesi dopo la proclamazione della Repubblica, nel dicembre 1946, la Fiom tiene il suo IX Congresso e la Federazione italiana operai metallurgici diventa Federazione impiegati operai metallurgici raggiungendo 638.697 iscritti (il simbolo assume la sua configurazione attuale: l’incudine sparisce, alla ruota dentata – industria meccanica -, al martello – metallurgia – e al compasso – lavoro tecnico o di progettazione -, si aggiungono la penna – lavoro impiegatizio – e la sigla Fiom).
Le conclusioni del Congresso saranno affidate a Giuseppe Di Vittorio che all’inizio del suo intervento presenterà a nome della Cgil la candidatura a segretario generale di Giovanni Roveda, all’epoca sindaco di Torino, ratificata dal nuovo Comitato centrale.
A Roveda seguiranno nell’ordine Agostino Novella, Luciano Lama, Piero Boni, Bruno Trentin, Pio Galli, Sergio Garavini, Angelo Airoldi, Fausto Vigevani, Claudio Sabattini, Gianni Rinaldini, Maurizio Landini e Francesca Re David, prima donna alla guida delle tute blu in più di cento anni di storia.
Quattro di loro diventeranno segretario generale della Cgil nazionale (il numero sale a sei se di considerano Antonio Pizzinato e Susanna Camusso, segretario generale della Fiom milanese il primo, segreteria nazionale la seconda).
Ricordare oggi la nascita della Fiom non serve soltanto per una indispensabile operazione della memoria.
Vuole essere un modo per dire grazie ai tanti lavoratori ed alle tante lavoratrici che nei mesi passati hanno permesso all’Italia di andare avanti nella produzione e nei consumi.
Un modo per dire grazie a quegli operai troppo spesso dimenticati, che hanno continuato a lavorare nonostante le preoccupazioni e la paura. La paura non tanto di andare al lavoro ma di tornare a casa dai propri familiari ed esporli al rischio, remoto o meno che fosse, di contagio.
Non dimenticheremo abbiamo detto non più di un paio di mesi fa, bene, non dimentichiamo!
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