Adnan Siddique era arrivato in Italia dal Pakistan 5 anni fa con la speranza di costruirsi un futuro migliore. A Caltanissetta, dove si era stabilito, lavorava come muratore. E’ stato ucciso il 3 giugno, a coltellate. La sua colpa era stata quella di aver preso le difese di un gruppo di braccianti connazionali vittime del caporalato. Qualche mese fa aveva accompagnato un bracciante a sporgere denuncia per non essere stato pagato e da allora aveva continuato a ricevere minacce, tutte denunciate. Finché non è stato ucciso.
“L’uccisione, la sera del 3 giugno a Caltanissetta del pakistano Siddique Adnan è un fatto gravissimo, soprattutto se, come sembra, dietro l’omicidio ci sono i caporali cui lui si sarebbe opposto prendendo le difese di alcuni lavoratori. Si confermerebbe che nessuna provincia è immune dal caporalato. A questo punto la piena applicazione della legge 199/2016 diventa urgente, per garantire un corretto incrocio tra domanda e offerta di lavoro agricolo e avere finalmente strumenti fondamentali al reale contrasto al lavoro nero, allo sfruttamento e ai drammatici fenomeni di caporalato”. Lo scrivono in una nota congiunta i segretari della Flai Cgil Sicilia e i Caltanissetta, Tonino Russo e Giuseppe Randazzo. I due esponenti sindacali esprimono cordoglio per l’accaduto. “I lavoratori agricoli pakistani - scrivono - rappresentano il 10% del totale dei lavoratori stranieri, comunitari e non, nella provincia e nella sola città di Caltanissetta il 20% dei lavoratori agricoli, la comunità straniera più numerosa. Confidiamo nel lavoro degli organi inquirenti e delle forze dell’ordine e siamo fiduciosi che si possa arrivare alla verità - aggiungono - contribuendo a sradicare il fenomeno dello sfruttamento del lavoro agricolo diffuso nella provincia”. Russo e Randazzo ricordano che “la Flai porta avanti da tempo la battaglia contro il caporalato. “L’attuazione dei provvedimenti conquistati deve avere adesso un’accelerazione, a cominciare dalla istituzione delle sezioni Territoriali della rete del lavoro agricolo di qualità in tutte le province. Anche l’art. 103 del Decreto Rilancio, fortemente voluto dalla Flai, sulla regolarizzazione dei lavoratori stranieri impiegati in agricoltura - sottolineano- è uno strumento fondamentale per contrastare i ricatti dei datori di lavoro e dei caporali che si troveranno di fronte, finalmente, uomini e donne con pieni diritti e non braccia da sfruttare”.
Una storia, quella di Adnan Siddique, tristemente simile a quella di Jerry Essan Masslo, rifugiato sudafricano di 29 anni, ucciso nella notte tra il 24 e il 25 agosto 1989 a Villa Literno.
Quasi al termine della stagione di raccolta nei campi, la sera del 24 agosto un gruppo di persone con i volti coperti fa irruzione con armi e spranghe nel capannone dove Jerry dorme con altri 28 connazionali chiedendo di consegnare loro tutti i soldi che avevano. Alcuni consegnano immediatamente il denaro, altri si rifiutano di farlo.
Al diniego degli immigrati di consegnare i soldi, uno dei ladri colpisce alla testa con il calcio della pistola un sudanese di 29 anni, Bol Yansen. La situazione degenera e uno dei rapinatori spara tre colpi di pistola calibro 7.65 che colpiscono Jerry e un’altra persona.
Kirago Antony Yrugo, cittadino keniota, riesce a sopravvivere mentre per Jerry non ci sarà nulla da fare, morirà prima dell’intervento dei medici.
La Cgil chiede ed ottiene i funerali di Stato, che si terranno il 28 agosto.
Il Tg2 si collegherà in diretta, trasmettendo nella rubrica Nonsolonero, un’intervista rilasciata da Jerry Masslo qualche tempo prima: “[…] Pensavo di trovare in Italia uno spazio di vita, una ventata di civiltà, un’accoglienza che mi permettesse di vivere in pace e di coltivare il sogno di un domani senza barriere né pregiudizi – diceva Jerry – Invece sono deluso. Avere la pelle nera in questo paese è un limite alla convivenza civile. Il razzismo è anche qui: è fatto di prepotenze, di soprusi, di violenze quotidiane con chi non chiede altro che solidarietà e rispetto. Noi del terzo mondo stiamo contribuendo allo sviluppo del vostro paese, ma sembra che ciò non abbia alcun peso. Prima o poi qualcuno di noi verrà ammazzato ed allora ci si accorgerà che esistiamo”.
“Io c’ero ai funerali di Jerry Masslo - racconterà anni dopo un testimone - ero un militante della del Partito comunista e iscritto alla Cgil. I nostri dirigenti all’epoca non sembravano avere piena coscienza del fenomeno, anche se al contrario la Cgil aveva da tempo tentato di organizzare gli immigrati che si affollavano in estate nelle campagne. Sentii alla radio la notizia dell’uccisione di Jerry Masslo. La piazza antistante la chiesa era stracolma il giorno dei funerali. Non riuscii ad entrare in chiesa e rimasi ad ascoltare la messa fuori. A poca distanza da me c’era Michele Placido che proprio in quei giorni stava girando a Villa Literno il film Pummarò”.
Il 20 settembre successivo a Villa Literno si terrà il primo sciopero degli immigrati contro il caporalato al servizio della camorra, mentre il 7 ottobre a Roma si svolgerà la prima grande manifestazione nazionale contro il razzismo.
Scriverà il giorno dopo «l’Unità»: “Superata anche la più ottimistica previsione. A centinaia di migliaia sono venuti a Roma ed hanno sfilato per più di tre ore, fianco a fianco, bianchi e neri per dire “no” a tutti i razzismi e per chiedere al governo misure urgenti perché violenza e discriminazioni siano cancellate dalla nostra società civile e democratica”.
Chioserà «la Repubblica»: “Per annunciare la manifestazione contro il razzismo che oggi pomeriggio vedrà sfilare nella capitale decine e decine di migliaia di persone, forse centomila, si potrebbero ricordare quelle dolci parole di Martin Luther King: I have a dream…, Ho un sogno…i figli degli antichi schiavi e i figli degli antichi proprietari di schiavi riusciranno infine a sedersi assieme al tavolo della fratellanza. Non pare vero che il sogno di Luther King sia diventato nuovamente attuale per tutti quei neri, quella gente di colore, quegli immigrati che adesso vivono nel nostro paese e iniziano a sentire sulla propria pelle, anche qui, perfino qui, il peso e la violenza del razzismo”.
“ […] Ieri ho potuto risollevare il mio spirito - annoterà nel suo diario Bruno Trentin - nel corso di una straordinaria manifestazione di lavoratori immigrati e di giovani, molti della Cgil, che rivelava un bisogno immenso di ritrovare valori comuni e una ragione di solidarietà”.
Nel febbraio 2019 a Jerry Masslo è stata dedicata, a Napoli, la sede Flai e Nidil Campania e Napoli.
“Inaugurare una sede della Cgil e intitolarla a Jerry Masslo significa rilanciare la lotta al caporalato e dire che le nostre sedi sono aperte a chi fugge da questa ingiustizia. Significa rilanciare con forza una delle ragioni del sindacato, quella di unire e non dividere perché la divisione favorisce lo sfruttamento e l’economia illegale, e fa trattare le persone come merce”, diceva nell’occasione il segretario Maurizio Landini.
Una sfida non semplice che portiamo avanti - anche nel nome di Jerry, di Adnan, di George Floyd - ogni giorno con la consapevolezza di servire una causa grande, una causa giusta.
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